Rosa sangue, un’antologia fantastica per raccontare il femminicidio alla Starcon 2016
Sabato 21 maggio Rosa sangue,la nuova pubblicazione di Altrimedia edizioni, a cura di Donato Altomare e Loredana Pietrafesa, sarà presentata a Bellaria all’interno della XXX edizione della Starcon Italia (l’evento che riunisce le convention ufficiali dei club e dei gruppi di fantascienza più numerosi d’Italia).
“Rosa sangue è la prima antologia di racconti fantastici al femminile che parlano di femminicidio. Diciotto autrici – sottolinea la curatrice e autrice, Loredana Pietrafesa – che raccontano storie di femminicidi senza usare toni rancorosi o polemici, non mettendo alla gogna il genere maschile, non scegliendo di essere un manifesto femminista. Il pregio di questa raccolta sta nel particolare taglio che si è voluto conferire a essa: il fantastico come strumento femminile per parlare del femminicidio. L’idea è nata proprio dalla considerazione che la presenza femminile nelle antologie del genere fantastico è indiscutibilmente esigua. Le diciotto autrici hanno narrato tutte storie diverse per contesto, ambientazione ed epoca, alcune prendendo spunto da femminicidi realmente accaduti, altre attingendo esclusivamente dalla propria immaginazione. Ognuna di loro è stata lasciata libera di trattare il tema in modo personale, secondo la propria visione o la propria esperienza umana ed emozionale.”
Altrimedia edizioni, da sempre attenta alle questioni del nostro tempo e sensibile alla sperimentazione e alla contaminazione tra le diverse forme espressive e i differenti media, ha accettato una nuova sfida: trattare in una prospettiva nuova un tema difficile. Rosa sangue raccoglie i racconti di: Marina Alberghini, Anna Maria Bonavoglia, Sara Bosi, Denise Bresci, Mariangela Cerrino, Adriana Comaschi, Elena Di Fazio, Irene Drago, Francesca Garello, Claudia Graziani, Annalisa Guarnieri, Annarita Petrino, Loredana Pietrafesa, Monica Serra, Luigina Sgarro, Giusy Tolve, Nicoletta Vallorani e Ida Vinella.
“Una delle nostre autrici mi ha detto che mal sopporta l’uso del termine femminicidio. Non me ne ha spiegato la ragione, ma mi sento di essere d’accordo con lei. Coniare un termine – scrive il curatore Donato Altomare nella postfazione del volume – per un particolare delitto in qualche modo significa fare differenze, significa, esasperando il concetto, addirittura essere razzisti di fronte alla morte di un essere umano femmina. Insomma, dire che ho un caro amico è un fatto, dire che ho un caro amico nero è una forma indiretta di razzismo, a voler sottolineare che accetto la sua amicizia nonostante il colore della sua pelle. Quindi parlare di femminicidio, cioè differenziarlo dall’omicidio generalizzato, significa rammentare che è stata uccisa una donna e che il fatto suscita un interesse a volte purtroppo morboso. E questo è proprio una vergogna.”