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Tributo su bonifica cod 660, la nota di FdI di Senise

Quando si è a corto di risorse (in questo caso di soldi), si calpestano anche i diritti più elementari e di base di una popolazione, acquisiti nel tempo e promessi da enti pubblici.
Stiamo parlando del tributo sulla bonifica (cod 660) a favore del Consorzio Irriguo Alta Val d’ Agri.
Quando negli anni Settanta del secolo scorso fu costruita la diga di Monte Cotugno (l’invaso più grande d’Europa in terra battuta), per convincere i senisesi a concedere i propri fertilissimi fondi, che per secoli avevano permesso loro il sostentamento alimentare e reddituale, uno dei punti di forza fu proprio quello che i proprietari terrieri di questo agro non avrebbero mai pagato il vano tributo erariale, legato alla bonifica, così è come previsto dal R.D. 235/33 e successive leggi nazionali e regionali.
Proprio al fine di essere indennizzati con un minimo quanto modestissimo ristoro, a fronte di una grave e perenne perdita di reddito di una certa importanza.
Dunque, terreni e cittadini sacrificati per un superiore interesse di più vaste comunità, (che avrebbe consentito negli anni successivi di trasformare centinaia di migliaia di ettari di terreno a colture specializzate, con grande miglioramento dei redditi aziendali delle due regioni), anche se non hanno mai fatto, negli ultimi decenni, nessuna opera di costruzione, manutenzione e gestione di strade, canali, fossi e buche (situazione analoga per tutti i consorzi irrigui d’Italia). Insomma, niente di niente.
Per anni tale accordo non scritto, ma di fatto concretizzatosi con l’esonero del tributo stesso, è stato rispettato, oggi, al contrario, migliaia di piccoli e medi proprietari di terreni si sono visti, invece, recapitare nelle proprie abitazioni cartelle da fa perdere la tranquillità per moltissimi di loro. Ma anche creato grande rabbia per un atto che sa di imbroglio amministrativo. Come altrimenti definire quello che sta succedendo in queste settimane per la popolazione ?
Il Commissario consortile, in evidente difficoltà finanziaria, evidentemente dopo decenni di allegra gestione, percorre tutte le vie lecite, ma anche quelle che non dovrebbe percorrere, e sarebbe bene che i dirigenti dell’Ente Irrigazione ricordino al primo gli accordi a suo tempo presi solennemente da quest’ultimo, certamente di intesa tra Regione e Governo dell’epoca.
Sia pure non scritti, gli impegni pubblici hanno valore morale e giuridico, e dunque onorati per sempre. Tanto vero che, appunto, per anni, questi avvisi bonari (cosa significa avviso bonario : sono tasse e basta, che Equitalia, quale ente di riscossione, su ruoli prodotti dal Consorzio stesso, invia a casa dei cittadini interessati) non sono mai arrivati.
Perché dunque adesso sì? Non si è creato, con questo, una situazione di fatto se per trent’anni non è stato pagato questo ulteriore balzello, che sa più di patrimoniale che di servizi ricevuti?
Proprietari, di fondi, inoltre, che si sono visti requisire, al momento della costruzione della diga, canali in cemento, strade e terreni, con una procedura di esproprio urgente e temporanea, cosi recita la nota del Prefetto di Matera n. 1065 del 7/10/1977, (pagati a suo tempo dai contadini interessati, e sommersi dalla diga stessa), quantunque l’Ente Irrigazione in quegli anni fu destinatario di contributi europei (fondi Feoga), per indennizzare anche gli espropriati.
Occupazione, viceversa, che è diventata definitiva, e mai ristorata ai legittimi possessori di manufatti e terreni. Fa specie, anche, il silenzio di alcune organizzazioni di categorie presenti sul territorio, che vediamo silenti e non pronte a fare fronte comune con i cittadini.
Se proprio il Consorzio ha bisogno di risorse finanziarie, sia la Regione Basilicata a farsi carico dell’intero tributo 660 dei cittadini proprietari, prelevando tale importo dalla cifra che riceve dalla vicina Puglia per la vendita all’ingrosso dell’acqua (anche alla luce degli accordi di questi giorni tra Governo nazionale e le regioni di Lucania e Puglia).
Questo si che potremmo definire ristoro economico per Senise (sia pure molto parziale e modesto rispetto al beneficio che le due regioni ricevono).
Infine, perché non si mette in attività l’impianto idroelettrico costruito sulla diga da 30 anni e mai fatto partire?
Non si risparmierebbero milioni di euro all’anno di energia elettrica, per il sollevamento e la distribuzione dell’acqua ? Altri misteri della nostra regione. I cittadini di Senise non meritano di essere presi in giro!

Leonardo Rocco TauroCoordinamento Regionale Fdi – AN    

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