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Regione Basilicata, Dipartimento Politiche per la Persona replica a Indagine Demoskopika

 

 

“In relazione al clamore sulla stampa locale degli articoli connessi al secondo rapporto sulla sanità del non meglio specificato Istituto Demoskopika con sede a Rende (CS) occorre evidenziare che tale Istituto ha ritenuto di poter fornire un quadro sinottico dei sistemi sanitari delle singole regioni creando un proprio indice di performance denominato Indice di Performance Sanitaria (IPS) che non trova alcuna validazione a nessun livello né regionale e né nazionale”.

Lo afferma il Dipartimento Politiche per la Persona della Regione Basilicata.

“Analizzando comunque il rapporto sulla sanità si rileva che l’Istituto prende a base ed analizza i seguenti sette indicatori

  1. soddisfazione sui servizi sanitari,
  2. mobilità attiva,
  3. mobilità passiva,
  4. spesa sanitaria,
  5. famiglie impoverite a causa di spese sanitarie out of pocket,
  6. spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli,
  7. costi della politica.

Vi è da evidenziare che alcuni dati sono riferiti al primo semestre 2015 altri, sembrano essere riferiti all’anno 2016; gli indicatori del secondo rapporto sono diversi rispetto a quelli utilizzati nel primo rapporto dell’anno 2015.

Da una analisi degli indicatori utilizzati – sottolinea il Dipartimento Politiche per la Persona –  si appalesano chiaramente non solo la superficialità dello studio ma soprattutto le fuorvianti conclusioni del rapporto medesimo.

È il caso dell’indicatore relativo alla Spesa sanitaria dove si afferma che “La spesa più performante si è verificata in numerose regioni del Mezzogiorno alle quali, di conseguenza, è stato attribuito un punteggio più alto nella classifica parziale dell’indicatore. In testa la Campania con una spesa sanitaria per residente di 1.689 euro (100 punti), la Sicilia con 1.696 euro (99,6 punti) e la Calabria con 1.698 euro (99,5 punti).”

Prosegue l’analisi dell’indicatore affermando “L’altra faccia della medaglia ha visto primeggiare negativamente, in questa classifica parziale, il Trentino Alto Adige con una spesa sanitaria per cittadino pari a 2.198 euro (76,9 punti), la Valle d’Aosta con 2.051 euro (82,4) e il Molise con 2.039 euro (82,9 punti).”

La Campania e la maggior parte delle regione del Sud hanno una spesa ridotta rispetto a quelle del Nord perché in sede di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, in cui il maggior indicatore è l’età della popolazione, sono quelle alle quali vengono attribuite quote minori de Fondo Sanitario rispetto alla popolazione. Pertanto sono quelle che dispongono di minori risorse e quindi hanno una spesa pro capite netta minore. Attribuire a tale indicatore un peso al contrario vuol dire alterare totalmente la lettura della spesa sanitaria.

 

Altro indicatore riportato senza la dovuta analisi è quello della mobilità sanitaria attiva dove in testa viene posto il Molise “è il Molise, con 100 punti, a mantenere la prima posizione della graduatoria parziale relativa alla mobilità attiva, l’indice di “attrazione” che indica la percentuale, in una determinata regione, dei ricoveri di pazienti residenti in altre regioni sul totale dei ricoveri registrati nella regione stessa, e che in Molise, per l’appunto, è pari al 27,9%. Sul versante opposto, si colloca la Sardegna (3,2 punti) con un rapporto tra i ricoveri in regione dei non residenti sul totale dei ricoveri erogati pari allo 0,9%.”

L’analisi non tiene conto che la mobilità attiva del Molise per il 70% è effettuata da un IRCCS privato mentre il saldo di mobilità pubblico a carico delle Regione è tra i più alti d’Italia circostanza per cui la Regione Molise è in piano di rientro e per cui nel riparto del FSN dell’anno 2016 gli è stata concesso un finanziamento straordinario di 40 mln € per evitare il default della Regione.

Infine non può sottacersi che gli indicatori relativi a spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, e ai così detti costi della politica non hanno alcun significato statistico nel rappresentare la qualità di un servizio sanitario regionale.

Tanto premesso ed evidenziata la totale inaffidabilità del rapporto è importante evidenziare che la Regione Basilicata è stata classificata dal Tavolo Nazionale dei LEA nell’anno 2015 al nono posto superando, per la prima volta, regione Veneto.

Relativamente alla mobilità sanitaria interregionale vi è da rilevare che da sempre è un tematica centrale per il sistema sanitario regionale di Basilicata tant’è che è stato inserito tra gli obiettivi dei Direttori Generali delle Aziende il contrasto e la riduzione della valore del saldo di mobilità.

Per una corretta disamina della problematica occorre innanzitutto analizzare il fenomeno ed interpretare correttamente i dati.

Preliminarmente deve essere precisato che la mobilità sanitaria interregionale si compone di due fattori: il primo è la mobilità sanitaria attiva (prestazioni sanitarie rese da strutture della regione in favore di cittadini provenienti da altre regioni) ed il secondo fattore è dato dalla mobilità sanitaria passiva (prestazioni sanitarie rese a cittadini lucani da strutture di altre regioni).

La differenza dei valori della mobilità sanitaria attiva e della mobilità sanitaria passiva costituisce il saldo di mobilità sanitaria interregionale per ogni singola regione.

Il saldo di mobilità della Regione Basilicata dell’anno 2007, a valle degli accordi tra le singole regioni, era pari a  40,240 Milioni di euro (saldo tra 46,203 Meuro di mobilità attiva e 86,444 Meuro di mobilità passiva). In tale anno il fondo sanitario regionale era pari a 971,750 Meuro. Pertanto la mobilità sanitaria rappresentava il 4,14% del Fondo.

Da evidenziare che tale valore nell’anno 2000 era pari quasi al 10%.

Il saldo di mobilità della Regione Basilicata dell’anno 2013, è pari a euro 31,178 Milioni di euro (saldo tra 67,297 Meuro di mobilità attiva e 98,476 Meuro di mobilità passiva). Il Fondo sanitario regionale per il 2013 è stato pari a euro 1.011,338 Meuro. Pertanto la mobilità sanitaria rappresenta il 3% del Fondo.

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