Economia e politica in Basilicata
Economia e politica, grossi temi d’interesse, impropriamente abusati e colpevolmente utilizzati come argomenti di tavole rotonde e congressi. Non posso essere autonomamente collocati, ma sono funzionali l’uno all’altro. In un ECONOMIA globalizzata non può esserci una politica nazionale, come una politica globalizzata non potrà avere un ‘economia locale. Le tecnologie e le barriere protezionistiche dei vari stati possono rappresentare un baluardo di salvaguardia, ma non consentono una crescita economica. Sento spesso parlare della mia regione, quale esempio di autonomia ed autosufficienza, mal gestito dalle forze politiche che la rappresentano. Petrolio, turismo, acqua, territorio, ambiente, tutte ricchezze che ci invidiano e fanno della nostra regione il Bengodi del mondo. Nell’ideale umano diventa facile eseguire una semplice operazione matematica, da cui il reddito prodotto (PIL regionale) / popolazione residente produca un elevato reddito pro-capite. Se tutto si riducesse ad una semplice operazione, sarebbe semplicistico, come una ricchezza condivisa sarebbe idealistico, ma di difficile realizzazione. Tornando alla nostra amata terra, ritengo che in questo, il ruolo della politica diventi necessaria. La gestione della “cosa” pubblica richiede l’intervento della politica, che facendo tesoro dei principi economici e delle aspettative dei cittadini, PROGRAMMI e NORMI. Pertanto oggi, i nostri amministratori devono avere competenze in materia di diritto, di economia e conoscere il territorio. Soluzioni, progetti, previsioni devono essere attentamente vagliate e valutate, tenendo presente le linee tracciate dall’economia globale. Sarebbe corretto proporre un modello di sviluppo territoriale, che ricalchi le caratteristiche e le specificità dei luoghi, la storia, le attitudini e le competenze specifiche. Il Bengodi è questo, un luogo dove vivere nel lavoro, nella giusta ricchezza, nell’armonia, nel vivere sociale. Possiamo realizzare questo, se idealmente rappresentassimo il nostro territorio, partendo dalle eccellenze locali, costruendo bacini specifici. Per esempio la vocazione turistica della zona tirrenica lucana, con Maratea eccellenza assoluta, produce reddito per brevi periodi di tempo, quasi stagionale. La riscoperta di attività promozionale e la destagionalizzazione necessaria, può rilanciare quel territorio. Vedrei sicuramente con favore, l’apertura di un Casinò che porterebbe ad un maggiore utilizzo delle strutture turistiche esistenti, garantendo livelli di reddito costanti. Il territorio lucano vive di problemi complessi e diversi. Lo spopolamento è sicuramente il principale, se vogliamo mantenere la nostra diversità, la nostra autenticità. La diminuita popolazione demografica, legata alla fuga di giovani, non lascia speranze. Occorre investire per creare opportunità, che non vanno imposte, ma vanno date. No assistenzialismo, ma reali opportunità. Oggi riscopriamo un forte ritorno all’agricoltura, altro pilastro della nostra economia regionale. Siamo ormai una realtà nazionale, ma occorre ancora coraggio. Più imprenditori, maggiori professionalità e specializzazioni possono determinare un’occasione di reddito per tutti gli operatori del settore. Produzioni di nicchia, che puntino alla qualità e l’unicità dei prodotti, possono rappresentare sicuramente un’economia vincente. La POLITICA deve puntare alla costituzione di Consorzi, alla promozione del territorio e dei prodotti tipici del territorio, facilitare la commercializzazione chiedendo la nascita di marchi, di etichette e di richieste di certificazioni di qualità. Un esempio su tutti: in Emilia Romagna esistono due consorzi a Valenza nazionale. Quello del Grana Padano e quello del Parmigiano Reggiano. In Basilicata abbiamo il Consorzio del Pecorino Lucano? Abbiamo un grande assente, nell’economia regionale: l’artigianato. Ma dove sono gli artigiani, le loro botteghe, i loro prodotti, le loro fiere. Ormai se andiamo in giro per la Lucania non troviamo più artigiani, se non nelle zone artigianali, con capannoni freddi ed austeri, senza vita e con produzioni “industriali”. Riscopriamo questo mestiere, che può essere svolto anche nei piccoli paesi della nostra regione, mettiamoli a sistema. Una rete, gestita anche a livello regionale, con o senza le associazioni di categoria, deve essere di stimolo, di consulenza e vetrina della produzione stessa. Individuare figure professionali, con “palestre” di formazione e con attività consulenziale da parte di enti di ricerca, istituzioni ed università. Vedo di buon grado l’apertura della Scuola di Restauro, che però deve aprirsi alla cittadinanza favorendo e sviluppando la conoscenza e la diffusione della materia. Un maggior coinvolgimento degli artigiani, con apertura di laboratori cittadini diffusi, nelle città dove storicamente è stato sempre presente l’artigiano. Migliorare la qualità artistica, un maggiore utilizzo di materiali del territorio, lo sviluppo del concetto del riciclo e del recupero, crea una nuova economia. Altri argomenti vanno e devono essere toccati, sicuramente tema di una prossima relazione.
Natale Lucarella