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21 Aprile 1920: L’eccidio di Pisticci, una triste pagina di storia cittadina

A 98 anni di distanza Pisticci non dimentica il sacrificio di due concittadini che persero la vita per il conseguimento di migliori condizioni di vita. In piazza Plebiscito, la mattina del 21 aprile 1920 scoppiarono gravi tumulti per protestare contro il carovita e l’aumento delle tasse, nel corso dei quali persero la vita Il contadino Vincenzo Glinni e Carlo Scazzarriello, tra i fondatori della sezione nazionalista di Pisticci. Il fascismo lo inserì nel martirologio ufficiale del Pnf: “Il 21 aprile 1920, Scazzariello Carlo Rocco, odiato per le sue idee nazionaliste, venne assalito da alcuni antifascisti e colpito alla testa. Morì all’istante, lasciando moglie e quattro figli”. Secondo Mimmo Franzinelli (Squadristi, Le Scie Mondadori, 2003) la morte avvenne durante gli scontri scoppiati in seguito ad uno sciopero organizzato in piazza Plebiscito a Pisticci. Dino D’Angella scrive che il quarantenne Rocco Scazzarriello fu Pietro, affacciato al muro di Piazza Plebiscito fu colpito alla testa da una pallottola durante uno sciopero. (D. D’ANGELLA, Alessandro Bruni e la società pisticcese, IMD Lucana, Pisticci, 1984, pp. 61-62). Nel Corriere Milanese del 23 aprile si leggeva che: “A Pisticci vari lavoratori, venuti a conoscenza che l’autorità di P. S. aveva proceduto all’arresto di coloro che si erano recati a minacciare i non aderenti ad uno sciopero di protesta, si diressero alla caserma dei carabinieri, chiedendone il rilascio. Cominciò una sassaiola, che ferì il regio commissario, il ten. dei carabinieri e cinque militari. Vennero anche esplosi colpi di arma da fuoco. Persero la vita due persone e ferite altre tredici. E Il Mattino di Napoli aggiungeva che “…mentre i vicecommissari di P. S. Sante e Svolti e il tenente dei carabinieri tentavano di ridurre alla calma i dimostranti è sopraggiunta una colonna di 500 individui che ha cominciato ad inveire contro la forza pubblica…”. Quello che fu subito definito Eccidio di Pisticci fu oggetto di due interrogazioni parlamentare per individuare i responsabili ma fu tutto inutile. Gli eventi tragici del 21 aprile 1920 erano anche la conseguenza di un diffuso stato di malessere e di delusione. Aldilà di ogni appartenenza politica, era tutta una comunità che manifestava e richiedeva lavoro e migliori condizioni di vita. Anche reduci e combattenti avevano invano sollecitato una maggiore attenzione e sensibilità nei loro confronti ma soprattutto il reinserimento nelle attività lavorative. Al regio commissario prefettizio avv. Egidio Miadonna fu affidato il preciso incarico di riportare la calma e la serenità nel paese. Una missione difficile, che tuttavia Miadonna svolse con tatto e moderazione, applicando la legge in maniera imparziale e cercando di tutelare gli interessi dei cittadini dai soprusi e dalle ingiustizie, “con la segreta speranza di riuscire utile a questa nobile cittadinanza, cui mi sento talmente legato per innata simpatia e comunanza di costumi e di affetti”. Ma, agli inizi del mandato fu alquanto deciso e risoluto -né poteva essere diversamente- dimostrando che non avrebbe tollerato alcun atto insano. Nel commentare i disordini del 21 aprile, una delle pagine più nere della comunità pisticcese, Miadonna scrisse che furono originati “in massima parte da un fattore patologico, cioè dal sistema nervoso alterato per le dure conseguenze della lunga guerra ed in piccola parte da biechi sistemi di governare cui fecero gran difetto principalmente sincerità e passionalità di fronte alla massa degli amministratori”. Tra le cause che avevano favorito la sommossa popolare, la piena consapevolezza nella popolazione che, mentre i giovani militari erano impegnati al fronte a combattere per la Patria, in paese altri cercavano di approfittare commettendo abusi di ogni genere. Tra le altre motivazioni che avevano indotto il popolo alla rivolta il razionamento del grano; il rifiuto dell’impresa Premoli-Broggi di assumere nuovi operai nei lavori della costruenda tratta ferroviaria tra Pisticci e la località Malabocca, il mancato aumento della paga giornaliera a quelli già occupati. Di qui, l’insorgere dei gravi tumulti che avevano causato la morte di due pisticcesi, mentre altri erano rimasti gravemente feriti negli scontri con le forze dell’ordine.

Giuseppe Coniglio

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