87 ex lavoratori della Casa Divina Provvidenza non percepiscono l’indennità di mobilità dall’INPS
“Le problematiche per l’articolatissimo <<mondo della Casa dellaDivina Provvidenza>> non finiscono mai. Assicurata la continuità aziendale e la salvaguardia dei livelli occupazionali con il buon esito della cessione, emergono adesso problematiche tra l’INPS e gli ex lavoratori dell’Opera Don Uva, collocati in mobilità nel 2013, prima dell’intervento della procedura di Amministrazione Straordinaria.
In questi giorni ho ricevuto disperate richieste di aiuto da parte di numerosi ex lavoratori della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, collocati in mobilità nell’anno 2013 (ante Amministrazione Straordinaria), i quali lamentano la mancata corresponsione, da parte dell’INPS, a far data dal mese di gennaio 2018, dell’indennità di mobilità loro spettante. Secondo gli ex lavoratori in mobilità l’INPS avrebbe motivato l’interruzione dei pagamenti ritenendo esaurito alla data del 31.12.2017 l’obbligo posto a suo carico in forza dell’Accordo sottoscritto in data 22.02.2013.
Una problematica preoccupante che riguarda 87 persone e che, se non seguita attentamente, insieme ad una dolorosa situazione di disagio sociale potrebbe generare episodi di turbamento dell’ordine pubblico. Per questo, pur esulando dalle mie strette competenze di Commissario Straordinario, nell’auspicio che l’insorgenda vertenza possa trovare soluzione -e che gli ex lavoratori andati in mobilità possano riprendere a beneficiare dell’unica fonte di sostentamento economico alla loro vita quotidiana- ho inteso fornire al Ministero del Lavoro ed all’INPS un contributo informativo che spero possa essere utile a rivalutare la posizione assunta.
Ho evidenziato, quindi, che la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, all’epoca della procedura di licenziamento collettivo conclusa nel 2013, rientrava nel campo d’applicazione dell’indennità di mobilità di cui all’art. 41, comma 7, della l. 289/2002, applicabile ai lavoratori licenziati da enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 1.800 unità lavorative, nel settore della sanità privata ed in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale.
La suddetta disposizione -all’inizio riguardante solo i licenziamenti effettuati nell’anno 2003- prevedeva originariamente il riconoscimento di trattamento economico corrisposto in misura pari al massimo dell’indennità di mobilità prevista dalle leggi vigenti, per la durata di 24 mesi dalla data di decorrenza del licenziamento. Con leggi successive, inoltre, gli effetti del comma sopra citato sono stati prorogati sino al 2017 e la durata del trattamento è stata incrementata sino a 66 mesi. Nell’anno 2012, la Congregazione, nelle more delle valutazioni che hanno poi portato all’avvio della procedura di licenziamento collettivo attivata con nota del 3 ottobre 2012, ha –per il tramite dell’ARIS– formulato specifica istanza di interpello al Ministero del Lavoro, chiedendo se la suddetta indennità di mobilità, ove concessa entro l’anno 2012 (che, all’epoca, rappresentava l’anno di scadenza fissato dal art. 41, co. 7, cit.), avrebbe continuato ad essere erogata anche dopo il 31 dicembre 2012 per la durata di 66 mesi.
Con nota n. 30 del 19 ottobre 2012, il Ministero del Lavoro ha confermato quanto sopra, evidenziando che i lavoratori, laddove licenziati entro la data di scadenza prevista dalla legge, avrebbero potuto godere dell’indennità di cui trattasi per i periodi massimi previsti dalla legge e, cioè, per 66 mesi dalla data di decorrenza del licenziamento, salvo l’eventuale esaurimento dei fondi all’uopo previsti. La procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Congregazione è stata conclusa con accordo sindacale del 22 ottobre 2013, stipulato presso la competente Direzione Generale del Ministero del Lavoro. L’accordo ha previsto che la Congregazione avrebbe procedutoinnanzitutto al licenziamento dei lavoratori volontari e di quelli che avrebbero raggiunto i requisiti pensionistici entro il 30 giugno 2013 e, successivamente, al licenziamento dei lavoratori che avrebbero raggiunto i requisiti pensionistici entro la durata massima dell’indennità di mobilità, pari a 66 mesi.
Tale clausola, oltre che (si ribadisce) oggetto di accordo in sede ministeriale, è stata oggetto di ulteriore confronto con la D.G. Ammortizzatori Sociali del Ministero del Lavoro durante un apposito incontro. I lavoratori, infine, sono stati licenziati nel rispetto dei suddetti criteri, come risulta dalle comunicazioni ex art. 4, co. 9, l. 223/1991 inviate agli organi competenti.
Alla luce delle suddette considerazioni, appare evidente come la posizione attualmente assunta dall’Inps (per come manifestata allo scrivente dai lavoratori in mobilità) – secondo cui l’indennità in questione, a prescindere dall’entità delle risorse residue, non può essere erogata per periodi successivi al 31 dicembre 2017 – contrasta apertamente con le indicazioni fornite dal Ministero con la citata nota n.30/2013, nonché con gli accordi assunti in sede ministeriale. Inoltre, la suddetta posizione non risulta in linea con il dettato normativo che ha, sin dall’inizio, previsto che il trattamento economico di cui trattasi avesse una durata superiore rispetto alla vigenza della legge che l’ha istituita.La speranza è che adesso l’Inps rivaluti la propria posizione e possa risolvere la drammatica situazione di disagio sociale in cui sono finite 87 famiglie.” Così l’Avv. Bartolomeo Cozzoli, Commissario Straordinario della Casa della Divina Provvidenza