Detenuto muore d’infarto nel carcere di Foggia
Un detenuto di 61 anni, Salvatore Di Ceglie, è deceduto presso il carcere di Foggia. L’uomo, ex drogato, era finito dietro le sbarre per reati legati al piccolo spaccio di stupefacenti. Avrebbe espiato la sua pena nel 2015, ma morto d’infarto nella notte, senza nessuno che lo accudisse, dato che il presidio medico non c’è. E proprio la modalità del decesso che evidenzia lo scarso livello delle carceri in Italia. A Foggia, per la cronaca, sono presenti solo 15 agenti, un numero di molto inferiore al pieno organico (40 unità). Le cause si sprecano: motivi di bilancio, incuria, indifferenza alla sorte di chi è recluso?
In pratica in Italia, ormai, chi è recluso può contare solo sulla ‘solidarietà’ di coloro, come gli agenti di polizia penitenziaria, che nelle carceri ci lavorano, e quindi ci risiedono per gran parte della propria esistenza. Condividendo spesso con i detenuti tutti i disagi di questo quadro di cose. Il caso di Di Ceglie il sindacato Coosp (il coordinamento sindacale penitenziario), ha sottolineato che a Foggia ci sono 611 detenuti , 28 sono donne e ci sta pure un bambino. I posti letto non supererebbero quota 400, ma in Italia la regola non scritta è: come nelle discariche le persone si ammassano e questi poi sono i risultati.