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La triste sorte di D. Domenicangelo Viggiani

Un dotto sacerdote pisticcese alla corte di Ferdinando II di Borbone, dove si fece apprezzar per il suo fervore religioso, la sua profonda cultura e le doti di oratore illuminato e forbito. Nato a Pisticci il 15 gennaio 1774, Domenico Angelo Antonio Gaetano, dell’illustre famiglia Viggiani-Gesualdi, si formò nel Convento Francescano di S. Maria delle Grazie del suo paese. Fu tra i promotori, nel 1831, della costruzione del Cimitero e si prodigò per i restauri della Cappella della Annunziata, che fece abbellire a sue spese di elegante arredo, tra cui un dipinto dell’Annunciazione realizzato da Giovanni Zito. Fu predicatore quaresimale e oratore ufficiale della solenne cerimonia dell’insediamento a Matera di mons. Di Macco. Si trasferì poi a Napoli dove, conseguita la laurea in Teologia, fu nominato dal re predicatore della Chiesa dello Spirito Santo. Ferdinando II accolse la sua supplica affinchè la Chiesa Madre di Pisticci ottenesse il titolo di “venerabile insigne”, che consentiva maggiore dignità in curia e ai preti-partecipanti di indossare la mozzetta in seta rossa. Durante la cerimonia di investitura pronunciò un memorabile discorso, pubblicato nel 1840 dalla Tipografia del Vesuvio di Napoli. Per Ferdinando II il religioso pisticcese, per la sua grande umanità e dottrina, era il più adatto per svolgere le mansioni di consigliere spirituale di corte e confessore della regina Maria Cristina di Savoia, donna buona e pia, figlia di Vittorio Emanuele I e Maria Teresa d’ Asburgo, che egli aveva sposato a 20 anni, nel 1832. Si spense quattro anni dopo aver dato alla luce Francesco II. Nei pochi anni che seguì spiritualmente la regina, don Domenicangelo contribuì a rafforzare in lei i sentimenti di bontà e carità cristiana, come riferito da molti suoi discendenti. La Reginella Santa o la Regina dei Poveri, come era chiamata Maria Cristina per le sue opere di carità, tra l’altro, donava le doti alle ragazze povere che dovevano sposarsi. Ma non sempre don Domenicangelo fu compreso per l’audacia di alcune sue convinzioni religiose liberali al punto da diventare un personaggio scomodo. Morì improvvisamente nel 1849 dopo aver sorseggiato una bevanda, forse avvelenata, ma sulla vicenda non venne mai fatta chiarezza. Secondo altra versione fu avvelenato da avversari politici, che avevano tentato di estorcergli dei segreti di corte. I suoi familiari invano si adoperarono per trasferire la salma nel paese nativo. Per onorarne la memoria, istituirono la cappellania di S. Filomena nella chiesetta di S. Giovanni, che fu per molti anni il “sacro patrimonio” per i giovani sacerdoti. Beneficio estinto in seguito alle leggi di eversione del 1860. Il 25 gennaio 2014 Maria Cristina è stata proclamata beata a Napoli nel Monastero di S. Chiara. Un evento che ha fatto riunire discendenti dei Borbone e dei Savoia e riconciliare i due rami dei Borbone, quelli di Napoli e Spagna, che da decenni si contendevano i diritti di successione. Il Cardinale Amato, prefetto per la Congregazione dei Santi, inviato del Papa, l’ha definì modello per la Chiesa. La festa liturgica per la nuova beata fu fissata il 31 gennaio, giorno della nascita della regina. Ma un pò di merito di tutto questo va forse assegnato anche al religioso pisticcese che fu sempre di sostegno e conforto a Maria Cristina, soprattutto nei momenti più difficili.
Giuseppe Coniglio

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