Giornata Internazionale contro la violenza sulla donna
In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne si impongono riflessioni in prospettiva psico-sociale. Tale forma di violenza si sviluppa all’interno di relazioni intime ed è trasversale a tutte le età ed i livelli sociali. Rappresenta un problema di enorme dimensione ed è un’emergenza riguardante la salute pubblica. Affonda le sue radici nella società in continua evoluzione, nella famiglia che cambia, nel processo di emancipazione femminile, nel mutamento dei ruoli di genere in quanto meno definiti rispetto al passato.
“Attualmente – afferma la Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Puglia Vanda Vitone – tale fenomeno si inserisce in un contesto sociale caratterizzato da violenza ed aggressività diffuse. La famiglia nucleare, al contrario delle famiglie allargate di un tempo, è meno protettiva, priva di punti di riferimento alternativi e quindi di filtri nei confronti degli stimoli negativi provenienti dal mondo esterno”.
“La violenza di genere – aggiunge Vitone – non va confusa con ‘la conflittualità tra partner’, in quanto il suo scopo è di dominare e annientare ‘costantemente’ l’altro. La relazione è asimmetrica e, a differenza di quanto avviene nelle conflittualità, nella relazione viene minata l’identità dell’altro e la donna viene ridotta all’impotenza”.
Una forma di violenza sottovalutata, perché invisibile, è quella psicologica. “Si manifesta in forma subdola ed è basata su dinamiche comunicative finalizzate alla continua svalorizzazione, all’isolamento, alla limitazione della libertà professionale e decisionale dell’altro”, dice Vitone aggiungendo che “la donna vittima di violenza sviluppa gravi problemi psicologici come insicurezza, perdita dell’autostima, depressione, ‘dissociazione’ come meccanismo di difesa, fino ad avere idee suicidarie”.
La violenza di genere spesso coinvolge i figli diventando “violenza assistita”. “Assistere ai maltrattamenti – afferma la Vicepresidente degli Psicologi pugliesi -, alla sopraffazione di un genitore sull’altro, percepire il clima di tensione e l’angoscia delle madri può arrecare gravi danni psicologici ai minori che spesso fanno da ‘scudo’ al genitore maltrattato. La violenza assistita, inoltre, comporta l’apprendimento di tali comportamenti, la tendenza ad interiorizzare i modelli genitoriali con la conseguente identificazione con il maltrattante e a sviluppare la convinzione che la donna è vittima e che l’uomo è legittimato all’uso della forza”.
La violenza di genere va combattuta in una chiave di prevenzione primaria, a livello culturale, attraverso la diffusione dell’educazione al rispetto ed alla non violenza, al superamento della scissione tra i ruoli di genere. Il contrasto del fenomeno della violenza non può prescindere da un profondo cambiamento dei modelli di espressione dell’aggressività, ancora rigidi nei due sessi.
“E’ necessario – dice Vitone – che la donna sia educata a non inibire la propria forza intesa come affermazione di sè nel mondo esterno e che all’uomo non venga negata l’espressione della tenerezza, delle emozioni positive, della fragilità e dei bisogni profondi. L’integrazione tra i due aspetti permette un sano processo di mentalizzazione, intesa come capacità di autoregolazione, evitando il passaggio all’atto; al contrario, la forza in assenza della tenerezza spesso si traduce in violenza e aggressività. Solo il superamento della paura dei cambiamenti sociali, dell’evoluzione della famiglia e soprattutto del confronto costruttivo tra l’uomo e la donna potrà comportare una reale riduzione delle violenza di genere e rendere i bambini di oggi gli adulti sani di domani”.