Cgil Cisl Uil, riformare la contrattazione per rilanciare il paese
Cgil, Cisl e Uil di Basilicata riuniscono oggi a Potenza dirigenti, quadri, delegati e attivisti sindacali per discutere di riforma del modello contrattuale, ma anche per fare il punto sui preparativi della Marcia per il lavoro in programma il 19 marzo nel capoluogo di regione. Con i leader regionali Summa, Falotico e Vaccaro, c’è Franco Martini, segretario nazionale della Cgil, a Potenza per illustrare i contenuti della proposta unitaria per la riforma della contrattazione. Una fitta agenda sindacale, dunque, che in questo primo scorcio di 2016 segna una forte e unitaria ripresa della mobilitazione confederale con l’obiettivo di sollecitare un radicale cambio di marcia nelle politiche per lo sviluppo e l’occupazione, sia a Roma che in Basilicata. In questi giorni di intenso attivismo Cgil, Cisl e Uil stanno lavorando in una duplice direzione: da un lato la messa a punto della macchina organizzativa della Marcia per il lavoro; dall’altro la costruzione di un’ampia alleanza sociale per dare alla marcia stessa una forte impronta democratica e partecipativa attraverso il coinvolgimento di associazioni, movimenti, studenti, amministrazioni comunali, cittadini, donne, precari, pensionati, disoccupati, giovani.
LA RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE
Tema chiave della giornata è la contrattazione. Poco più di un mese fa gli esecutivi nazionali di Cgil, Cisl e Uil hanno approvato all’unanimità il testo con la proposta di riforma del modello contrattuale dal titolo Un moderno sistema di relazioni industriali. Per un modello di sviluppo fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro. Tre i pilastri che reggono l’impianto del documento: contrattazione, partecipazione e regole. Nel documento si confermano i due livelli di contrattazione con la centralità del contratto nazionale; gli aumenti salariali vengono legati non più solo all’inflazione ma anche a “dinamiche
macroeconomiche” e si punta non soltanto alla difesa del potere d’acquisto ma al suo incremento, oltre che ad implementare la contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) e la produttività. Obiettivo è la rappresentanza e la tutela di tutte le forme contrattuali; allo stesso tempo si dice di diminuire il numero dei contratti nazionali (la cui durata potrebbe salire a quattro anni).
Cgil, Cisl e Uil chiedono “l’esigibilità universale” dei minimi salariali definiti dai contratti nazionali, “in alternativa all’ipotesi del salario minimo legale”, che “va sancita attraverso un intervento legislativo di sostegno, che definisca l’erga omnes dei Ccnl”, dando attuazione a quanto previsto dall’articolo 39 della Costituzione. Richiamando un altro articolo della
Costituzione (l’art. 46), Cgil, Cisl e Uil puntano inoltre sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese (la partecipazione alla governance, nei consigli di sorveglianza nel modello duale; quella organizzativa ed economico-finanziaria). In materia di rappresentanza, infine, le tre confederazioni chiedono che la misurazione della rappresentatività sia estesa anche alle associazioni d’impresa e rimarcano che “un eventuale intervento legislativo non potrebbe che recepire” quanto definito dalle parti
sociali anche su questo punto. Per i segretari generali Angelo Summa, Nino Falotico e Carmine Vaccaro “la riforma della contrattazione è un pezzo di una strategia più generale che ha come obiettivo rafforzare la posizione contrattuale del lavoro, estendere i diritti sociali, favorire la buona occupazione e rendere le imprese più competitive nella sfida globale. È una proposta moderna per dare al paese una cornice di regole al passo con i tempi e per dare ai lavoratori gli strumenti per recitare una parte sempre più attiva nella vita delle imprese. Le inquietudini che attraversano i mercati internazionali nelle ultime settimane – continuano i tre leader sindacali – dovrebbero consigliare a Confindustria un atteggiamento più saggio e costruttivo, perché senza coesione sociale la ripresa, come dimostrano i dati recenti su occupazione, Pil e produzione industriale, sarà fiacca e produrrà pochi posti di lavoro”.
DAL MANIFESTO ALLA MARCIA PER IL LAVORO
Intanto, in Basilicata, il barometro del conflitto sociale segna cattivo tempo. Cgil, Cisl e Uil accusano al giunta regionale di non aver aperto il confronto sui contenuti del Manifesto per il lavoro. Summa, Falotico e Vaccaro spiegano che “è giunto il momento di reagire allo stallo economico e politico che tiene incatenate le forze vive e creative della regione mettendo in campo azioni forti e determinate, finalizzate a creare nuove condizioni di crescita per le attività produttive e nuove opportunità di lavoro per quanti sono stati espulsi dai cicli produttivi e per i tanti giovani disoccupati. Per una Fiat che riparte e fa primavera, c’è il lungo inverno della crisi che continua a colpire il tessuto delle piccole e medie imprese lucane. Ecco perché serve un radicale cambio di marcia, una vera rivoluzione culturale, per sconfiggere l’arretratezza complessiva in cui versa la regione. Il rischio che si profila all’orizzonte di un nuovo avvitamento dell’economia mondiale – proseguono Summa, Falotico e Vaccaro – impone come prepotente urgenza di aggiornare l’agenda politica locale con misure concrete per la crescita, il lavoro e la coesione sociale”.
I tre leader sindacali invocano “coraggio per creare discontinuità con un passato politico e gestionale e una classe dirigente che non ha saputo scrivere un futuro per una regione che pure è ricca di risorse naturali e umane. La Marcia per il lavoro è la nostra sveglia che suona nei palazzi della politica – annunciano Summa, Falotico e Vaccaro – un modo per dire che non c’è alternativa al cambiamento e che il cambiamento deve essere partecipato. Trasparenza e democrazia devono improntare un modello condiviso di governance e guidare un percorso virtuoso di crescita economica e sociale”. Il nuovo modello di sviluppo immaginato da Cgil, Cisl e Uil ha come orizzonte quel 2020 – da qui l’hashtag #Basilicata2020 che accompagna la mobilitazione – che segnerà la fine dell’attuale ciclo di programmazione dei fondi europei. Per i sindacati “è l’ultimo treno per agganciare la Basilicata all’Europa”.