Assistenza sociale in Puglia: intervento del consigliere nazionale De Robertis e del presidente Nappi
Riceviamo e pubblichiamo gli interventi:
“La recente affermazione del Procuratore della Repubblica Volpe, ai margini della riunione della task force attivata dalla Regione Puglia sul tema della violenza nei confronti dei minori, circa la “grave latitanza dei servizi sociali”, se da un lato rende manifesto l’affanno delle istituzioni e la carenza di risorse umane dedicate (ancora assai lontano l’obiettivo di servizio di 1 assistente sociale ogni 5000 abitanti), dall’altro appare una semplificazione ingenerosa e fuorviante che non interpreta adeguatamente i dati a disposizione che, peraltro, sono stati forniti alla Regione proprio dai servizi sociali d’ambito.
L’aspetto della denuncia all’autorità giudiziaria di fatti costituenti reato, o di situazioni a possibile rilevanza penale, investe una dimensione del lavoro sociale che bilancia costantemente funzioni di aiuto e di “controllo”. Il motivo per cui gli assistenti sociali si rivolgono alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, o allo stesso Tribunale quando già aperta una procedura di tutela, risiede non solo in una consuetudine (in alcuni casi erronea, bisogna dirlo!), ma in un aspetto del lavoro di cura che si occupa contestualmente del maltrattato e del maltrattante. Che cerca di tutelare i più fragili e parimenti riabilitare funzioni genitoriali per evitare, laddove possibile, l’allontanamento dei bambini dal contesto familiare. Un lavoro che in gran parte dei casi argina lo sviluppo di ulteriori fattori di rischio e quindi previene più abietti episodi di violenza e maltrattamento. Se molte di quelle situazioni (fra i 47 minori seguiti ogni mille, indicati nei documenti regionali) non degenerano in fatti a rilevanza penale, è solo grazie al lavoro dei servizi sociali e della rete territoriale (Consultori, neuropsichiatria infantile, CSM, terzo settore) !
E’ evidente che occorre sviluppare altre intese operative con la magistratura ordinaria e le forze dell’ordine nell’ambito del contrasto dei reati verso i minori, ad esempio per rendere compatibile l’azione investigativa e le indagini di polizia giudiziaria con le esigenze di protezione e tutela delle vittime, per disciplinare l’ausilio specialistico nelle audizioni di minorenni, per assicurare l’assistenza affettiva psicologica nei casi previsti (v. convenzione di Lanzarote). Non meno importante è individuare modalità tese ad evitare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”: ascolti ripetuti, perizie reiterate, allontanamenti cautelativi, tempi dilatati dei processi, divulgazione di informazione ai media, ecc.
Sono temi importanti sui quali la comunità professionale e le istituzioni interessate devono trovare intese.
Ad esempio, nella città di Andria che dal 2009 si è dotata di una equipe specialistica integrata, il Servizio sociale ha avviato uno scambio di riflessioni con la Procura di Trani, incrociando la professionale disponibilità della dott.ssa Mirella Conticelli, da cui si auspica possa scaturire un protocollo operativo che disciplini le azioni investigative e l’apporto di protezione e ausilio dei servizi sociali e psicologici.
Resta da affrontare un altro aspetto del maltrattamento all’infanzia, ossia quello che si consuma nell’ambito delle separazioni altamente conflittuali, con figli ostaggio di adulti belligeranti e senza scrupoli, bambini alienati negli affetti e privati di diritti fondamentali. Situazioni che si consumano nei lunghi percorsi giudiziari e che, seppur palesi, quando non addirittura attestati da CTU, mai configurano capi di imputazione ex art. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari e conviventi). Eppure il maltrattamento psicologico nelle predette situazioni produce danni rilevanti al pari o addirittura maggiori del maltrattamento fisico.
Anche questa è una “disattenzione” istituzionale che va colmata, definendo intese operative per rimettere al centro i diritti dei bambini”.
dott. Giuseppe De Robertis
Consiglio nazionale Ordine degli Assistenti sociali
Coordinatore Equipe Multidisciplinare specialistica integrata su abuso, maltrattamento all’infanzia e violenza di genere – Ambito di Andria
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“L’assistente sociale ruba i bambini?” è il titolo di un libro famoso di Stefano Cirillo e Maria Vittoria Cipolloni, che indaga lo stereotipo – ampiamente diffuso – dell’assistente sociale “ladro di bambini”.
Il dilemma, tipico delle situazioni di tutela dei minori in cui operiamo – fra la richiesta al Giudice di allontanamento dalla famiglia del bambino esposto ad una condizione (accertata o a grave rischio) di maltrattamento/abuso, e lo sforzo di garantire il diritto alle radici, ai legami naturali – è insito nella legge:
“1. Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia.” (l. 184/1983).
Ed è stato rafforzato negli anni:
“Art. 1. – 1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.” (l. 149/2001).
Certamente questo diritto è/deve essere sempre subordinato al principio assoluto della salvaguardia dell’integrità e del benessere psicofisico e sociale del bambino. Ragione per la quale non è raro che le/gli assistenti sociali segnalino al Tribunale per i Minorenni le situazioni di grave maltrattamento o di incuria, proponendo l’allentamento del bambino/dei bambini dalla famiglia.
Ed i dati disponibili mostrano che la Puglia è, da questo punto di vista, in linea con le medie nazionali. In proposito, il recente documento “Linee guida regionali in materia di maltrattamento e violenza nei confronti delle persone minori per età” (che pone la Puglia all’avanguardia su questa tematica), evidenzia: “La percentuale relativa al numero complessivo dei minori seguiti in Puglia dai Servizi Sociali (4,7%) non si discosta dalla media nazionale ma risulta essere sensibilmente più alta rispetto alla percentuale registrata dall’indagine nazionale per le regioni meridionali. Infatti, dall’indagine nazionale emergono delle differenze importanti rispetto alle aree geografiche, con un progressivo decremento della presa in carico dei minori scendendo da Nord (6,3%) verso Sud (3%), con il Centro che registra una percentuale del 4,4%. Questo dato sembra rilevare una maggiore capacità dei Servizi Sociali pugliesi di intercettare e prendere in carico i minorenni in stato di disagio rispetto a quanto accade nelle altre regioni meridionali.” (p. 56)
Quindi, nonostante una cronica carenza di operatori (ancora oggi vi sono Comuni in cui le/gli assistenti sociali mancano e, nella quasi totalità dei 258 Comuni pugliesi, sono del tutto insufficienti) e nonostante l’esiguità della spesa nazionale per il Welfare – se si escludono i settori della previdenza, che assorbe il 20-21% del PIL nazionale, e della sanità, che si attesta sul 7%, la spesa sociale dei Comuni (per interventi a favore di minori, madri nubili, famiglie, anziani, poveri, ex-detenuti, ex-tossicodipendenti, disabili, immigrati, multiutenza, ecc.) non rappresenta neanche lo 0,5% del PIL! – il lavoro svolto dai Servizi Sociali e Sociosanitari merita grande rispetto.
E’, per le contraddizioni in cui versa in nostro Welfare, un caso paradossale di eccellenza!
Forse il Procuratore ha ragione.
Di certo è diffusa la prassi da parte dei Servizi alla segnalazione dei casi trattati ed “in carico” al Giudice Minorile e non alla Procura.
Ma ciò non vuol dire che manchino le denunce e le segnalazioni. Peraltro, nelle situazioni più complesse e conflittuali, i Servizi lavorano in stretto contatto con le Forze di Polizia.
Che tutti debbano/dobbiamo fare di più, cominciando da una comunicazione più efficace e produttiva, è fuori discussione.
Antonio Nappi
Presidente Ordine Assistenti Sociali Puglia