Nota di Flc Cgil, Cisl e Snals su Piano Formazione personale Scuola
“Lo scorso 4 ottobre, dopo ripetute richieste, ci è stata fornita l’informativa sul piano nazionale di formazione avviato dall’Usr di Basilicata”. Così. in una nota congiunta, Flc Cgil, Cisl Scuola e Snals . Nel ricordare che “preliminarmente le OO.SS. hanno evidenziato come la predetta informativa sia tardiva, a corsi già avviati, in violazione del CIR sulle relazioni sindacali che prevede siano contrattati i “criteri e modalità di verifica dei risultati delle attività di formazione” e la “formazione in servizio, aggiornamento, autoaggiornamento” siano oggetto di informativa preventiva (e successiva) da parte dell’Amministrazione scolastica regionale, i sindacati affermano che “tale mancato confronto preliminare sulla tematica della formazione, a fronte di un piano nazionale di estrema rilevanza e portata, oltre a ledere le prerogative sindacali ha impedito all’Amministrazione di acquisire elementi di valutazione utili alla progettazione dell’intervento formativo, che le avrebbero consentito di correggere evidenti errori di impostazione”.
“Nel complesso l’intervento formativo applicativo del PNF – si legge nella nota – risulta male impostato, prigioniero di un modello “taylorista” della formazione, privo di visione strategica.
Sulla base delle indicazione del PNF la programmazione del piano regionale, da realizzarsi nel triennio 2016-2019, doveva intrecciare tre livelli: l’analisi dei bisogni formativi dei docenti, ricavabili dai Piani Individuali di Sviluppo Professionale, il piano formativo di scuola, le ricadute di sistema. In pratica le richieste formative dei docenti andavano incrociate e messe in rete con il PTOF ed i piani di miglioramento delle singole scuole e, più in generale, con la programmazione territoriale (attraverso le reti di scuola), raccordandola con gli indirizzi strategici definiti dal PNF.
E’ accaduto invece che l’intero intervento è stato costruito sulla base delle richieste fatte dai docenti, che hanno compilato i form nella convinzione che si trattasse di un adempimento obbligatorio. In pratica è venuto meno quel ruolo di supporto e coordinamento che l’Usr ed il nucleo di supporto avrebbero dovuto svolgere in collaborazione con le scuole polo, necessario per chiarire i contenuti e le finalità del piano, evitando che quest’ultimo precipitasse sulle scuole e poi, a cascata, sui docenti. La conseguenza è stata che le scuole, peraltro in tempi strettissimi, hanno fatto i piani di formazione sulla base delle richieste pervenute, senza incrociarle col Ptof ed Rav , e l’Usr e le scuole polo hanno costruito i corsi e le aule senza alcuna riflessione “di sistema” e senza una progettazione dell’intervento nella sua articolazione triennale.
L’intervento regionale, pertanto, è stato costruito su un impianto “fordista” e su un’idea burocratica della formazione.
Ciò ha avuto come diretta conseguenza la creazione di aule sovraffollate, corsi concentrati in pochi giorni, sovrapposizioni con il PNSD. Riteniamo che fare corsi con 45 docenti o con più di 100 Ata (con problemi persino logistici) svolti non abbia nulla a che fare con la formazione!
Altro elemento di forte criticità ha riguardato i criteri di scelta dei formatori, che avrebbe dovuto promuovere le risorse accademiche e professionali presenti sul territorio e all’interno delle scuole. Ricordiamo che il CCNL prevede l’obbligo di ricorre alle risorse interne per l’affidamento di incarichi o la realizzazione dei progetti, a condizione che il personale sia in possesso delle competenze previste. Lo stesso Miur, nella nota n. 34815 del 2 agosto scorso, a proposito di reclutamento di personale “esperto” nelle attività di formazione nel PON “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento”, ha ribadito questo principio. Analogamente sarebbe dovuto avvenire per il PNF, ma in realtà questo principio è stato largamente disatteso, anzi in qualche bando addirittura si è attribuito un punteggio maggiore a quei formatori che si candidavano sotto l’”insegna” delle agenzie formative, generando una evidente disparità di trattamento su cui l’Usr avrebbe dovuto vigilare.
Le scriventi OO.SS. hanno poi evidenziato una serie di problemi concreti che hanno ostacolato o addirittura impedito la fruizione della formazione da parte di alcune categorie di lavoratori (docenti trasferiti o in assegnazione provvisoria, docenti che chiedevano di recuperare le ore non effettuate, per impedimento oggettivo, in corsi equipollenti organizzati in altre sedi, docenti di strumento o in servizio sui corsi serali o sui Ctp o impegnati in turni pomeridiani, etc.)
Problematiche che si sarebbero potute affrontare e risolvere in sede di confronto preventivo con le OO.SS., che avrebbe, tra l’altro, evitato anche molti fraintendimenti sulla questione dell’obbligatorietà, su cui è bene fare chiarezza.
Il comma 124 della legge 107/15 stabilisce che “la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale”. Il Piano Nazionale di Formazione (PNF) dei docenti chiarisce che l’obbligatorietà non si traduce automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno. Essa deve intesa come coerenza dell’attività formative con i contenuti del Piano Triennale dell’Offerta Formativa, di cui fa parte anche “la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario e la definizione delle risorse occorrenti”.
In altre parole l’obbligo è disposto dal deliberato del collegio dei docenti delle singole istituzioni scolastiche in materia di formazione, non dal numero di ore. A tal proposito ricordiamo che la proposta del MIUR di rendere obbligatorie cinque unità formative da 25 ore per un totale di 125 ore nel triennio è stata ritirata ed essa non è presente nel Piano Nazionale di Formazione.
E’ del tutto evidente che l’obbligatorietà dev’essere esplicitamente deliberata nei piani di formazione delle scuole, e che, da quanto abbiamo potuto verificare, la quasi totalità delle scuole, avendo predisposto i piani sulla base delle richieste pervenute, in maniera prettamente “compilativa”, non lo ha fatto.
Chiediamo all’USR, a conclusione di questo primo step del PNF, di convocare un incontro di informativa successiva, al fine di fare una puntuale valutazione delle attività formative svolte ed un analisi delle problematiche connesse alla fruizione della formazione da parte del personale della scuola”.