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Interrogazione di Pedicini sull’Itrec di Rotondella

L’eurodeputato del M5S Piernicola Pedicini, fa sapere, attraverso un comunicato stampa, di aver  presentato “un’interrogazione prioritaria per chiedere alla Commissione europea di spiegare se il governo Gentiloni ha presentato alla Ue il Programma nazionale di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi entro il 13 settembre 2017, data in cui scadevano i 60 giorni fissati a luglio scorso dalla stessa Commissione, per evitare che l’Italia venisse deferita alla Corte di giustizia Ue e subisse un’ennesima procedura di infrazione”.
Nella stessa interrogazione l’eurodeputato pentastellato “ha poi posto altri due interrogativi: quali sono le valutazioni tecniche della Commissione, nel caso il Programma sia già stato presentato e visionato, e a quanto ammonterebbe un’eventuale sanzione pecuniaria, qualora il Programma non sia stato ancora presentato e la Commissione inoltri un ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia Ue.
A completamento dell’interrogazione, Pedicini ha precisato che la Commissione ha già in corso nei confronti dell’Italia un’altra procedura di infrazione, la numero 2016/2027, per la mancata trasmissione del suddetto Programma nazionale sui rifiuti radioattivi, entro la prima data di scadenza dei termini prevista nel lontano 23 agosto 2015”.
“Il governo Gentiloni – ha commentato l’eurodeputato del M5S – continua a collezionare gravi ritardi, inefficienze e inadempienze su una delle emergenze nazionali più complesse e delicate che riguardano la tutela ambientale e la sicurezza dei cittadini.
In particolare in Basilicata – ha aggiunto -, c’è da fare chiarezza sull’oscura situazione all’Itrec di Rotondella e sugli interventi di bonifica e di messa in sicurezza che riguardano quel sito.
Dopo oltre due anni, dalla scadenza fissata dalla direttiva 2011/70 Euratom del Consiglio europeo, che prescriveva la presentazione di un Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, solo l’estate scorsa, il governo italiano ha annunciato che per completare l’iter previsto dalla legge, avrebbe aperto una fase di consultazione pubblica con enti locali e associazioni per la Valutazione ambientale strategica (Vas).
Non sappiamo come stia andando la fase di consultazione – ha sottolineato Pedicini – ma ci auguriamo che, nell’ottica della massima trasparenza, le Regioni abbiano aperti dei tavoli di confronto veri, che i Comuni ne stiano discutendo con i cittadini e che le associazioni e i comitati territoriali siano stati coinvolti. Va detto – ha specificato – che, secondo le promesse del ministro dello Sviluppo Calenda, entro i primi mesi del 2018 tutto l’iter dovrebbe essere completato e dovrebbe anche essere resa nota la Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, che dovrà annunciare i luoghi selezionati dove si potrebbero localizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il parco tecnologico che entro il 2025 dovrebbero entrare in attività (l’investimento complessivo è di 2,5 miliardi di euro).
Dopo la presentazione della Cnapi, dovrebbe esserci un’altra fase di consultazione pubblica di quattro mesi con i territori interessati e poi un seminario nazionale. A questo punto le amministrazioni locali interessate potrebbero presentare una proposta per chiedere di voler ospitare il deposito nucleare e il parco tecnologico nel proprio territorio.
Non vorremmo che dopo la grave gaffe del novembre 2003, quando il governo Berlusconi emanò un decreto che prevedeva la realizzazione di un sito nazionale per le scorie nucleari a Scanzano, vengano fatte di nuovo delle scelte calate dall’alto senza coinvolgere i cittadini. E’ ovvio, che così come accadde allora, quando in Basilicata ci fu una vera e propria rivolta popolare, potrebbe accadere adesso.
La posta in gioco è molto alta – ha evidenziato l’eurodeputato del M5S -, si tratta di varare un piano complessivo che indichi le strategie per lo smaltimento, le attività di ricerca e di monitoraggio e il sito nazionale per il deposito delle scorie nucleari. Ci sono da stoccare 75mila metri cubi di rifiuti radioattivi derivanti dalle otto centrali italiane dismesse; 15mila dalle attività industriali, mediche e di ricerca e 60mila metri cubi di rifiuti provenienti da attività di bonifica di installazioni industriali contaminate. Poi, c’è il problema del combustibile nucleare delle ex centrali italiane depositato all’estero e che dovrebbe rientrare in Italia per evitare di far continuare a pagare agli italiani nella bolletta elettrica centinaia di milioni di euro all’anno per la decommissioning.
Tuttavia, una cosa è certa – ha concluso Pedicini -, i ritardi del governo italiano sono inaccettabili e sembra chiaro che l’intera questione la voglia trascinare ancora per molti mesi, per non correre il rischio di dover affrontare un tema così sensibile durante la campagna elettorale per le politiche 2018”

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