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Ilva, ancora rinvii. Cresce l’esasperazione

Mentre la trattativa ILVA registra ulteriori rinvii e ritardi, cresce l’esasperazione dei lavoratori diretti e soprattutto delle ditte dell’appalto. I primi a casa da tempo, gli altri che anche nell’ultimo mese hanno avuto l’amara sorpresa di non ricevere la retribuzione o di percepire – nonostante già creditori nei confronti delle imprese – un ulteriore “acconto” per il lavoro prestato, che si aggira intorno a soli 600 euro. Non da meno registriamo l’aumento di procedure di Cigs dovute alla mancanza di “avvio lavori” pur in presenza di commesse acquisite.
Quando più volte abbiamo denunciato le lungaggini della trattativa e la necessità di far presto facevamo riferimento anche a questo, oltre che al fatto che a pagare in termini economici l’attuale situazione di Ilva sia la collettività e non un reale responsabile. Di sicuro tirar per le lunghe il negoziato non farà avviare gli investimenti previsti – complessivamente pari a circa 5 miliardi di euro – utili alle opere di adeguamento ambientale e di rilancio del sito di Taranto, nonché alla ripresa delle attività per le ditte dell’appalto e la possibile risoluzione della partita riguardante i
crediti pregressi.
Di certo l’atteggiamento di Confindustria nell’ultimo periodo non aiuta, anzi: strumentalizza una reale ed evidente difficoltà (quella dei vecchi crediti non riscossi), facendola però ricadere totalmente sulle spalle dei lavoratori. Atteggiamento che riteniamo dannoso e inaccettabile. In questi giorni avremmo dovuto assistere all’avvio della cantierizzazione della copertura dei parchi minerali e mentre a Taranto si soffre per l’ennesimo Wind Day, bisognerà far luce – qualora dovessimo trovarci di fronte a nuovi ritardi – su chi dovrà ricadere la reale responsabilità dell’ennesima cosa “non fatta” o “fatta dopo”, naturalmente a scapito della salute dei cittadini. Nel mezzo dei rinvii ci siamo noi, i cittadini ed i lavoratori di Taranto che continuano a trovarsi in un limbo: gli impianti non ripartono e quindi si subisce la cassa integrazione; dove sono in marcia risultano allo stremo e necessitano di manutenzione; le opere di messa a norma della fabbrica e di tutela della salute vengono rinviate.

Prospettare un piano industriale, in una realtà complessa come quella di Taranto, non è cosa semplice. Occorre impegno e costanza nella discussione. Solo attraverso un forte senso di responsabilità il confronto potrà entrare anche nel merito dei livelli occupazionali con concretezza, argomento che nelle ultime settimane sembra
passato in secondo piano, ma su cui noi ribadiamo che i numeri di Arcelor Mittal siano sottostimati per l’intero gruppo Ilva e per Taranto in particolare. Auspichiamo vivamente che non si voglia traguardare il 4 marzo, facendo leva sul senso di responsabilità secondo cui salute, ambiente e lavoro, devono prevalere sulla necessità della politica.
Valerio D’Alò – Segretario Generale Fim Cisl Taranto Brindisi

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