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Martina (PD): Nuove idee guida, umiltà e audacia, elementi fondamentali per ripartire

“Il voto degli italiani ha stabilito la nostra posizione. Lavoreremo dall’opposizione. Non saremo indifferenti a ciò che dirà Mattarella, ma il nostro compito è prepararci a essere minoranza parlamentare e da lì dare un contributo al Paese”. E poi, “in passato i 5 Stelle ci hanno detto di tutto. Ma la politica non si fa mai con il risentimento. Il punto è che noi dobbiamo sfidarli sul terreno su cui hanno preso i voti: la domanda di cambiamento. A loro il pallino di trovare una soluzione per il governo, a noi quello di dimostrare da subito che siamo più attrezzati per dare risposta alla domanda”. Maurizio Martina, reggente del Pd dopo le dimissioni di Matteo Renzi, lo ha ribadito in un’intervista a Repubblica. E in vista dell’assemblea nazionale di aprile nella quale si deciderà se eleggerlo segretario precisa: “Ci sarò con qualunque ruolo. Voglio solo dare una mano. Chiedo unità, offro unità. La collegialità deve tornare a essere un valore” e “credo davvero che dopo questa sconfitta storica il Pd possa ripartire. Servirà un grande cambio di fase e nuove idee, anzi un vero rovesciamento delle idee guida che ci hanno condotto fin qui. Serviranno umiltà e audacia. Ma soprattutto questo è il tempo dell’orgoglio”.

Il dimissionario ministro dell’Agricoltura non si nasconde: “Abbiamo commesso sicuramente più di un errore, da Renzi in giù, tutti. Ma attenzione a cercare capri espiatori, senza Renzi l’argine del Pd sarebbe crollato con quattro anni di anticipo” e “oggi più di ieri non basta un nuovo leader per voltare pagina”.

“Siamo stati percepiti troppo – ha proseguito Martina – come coloro che difendono il benessere di chi già ce l’ha. L’analisi del voto lo conferma: facciamo fatica nelle periferie, negli strati più deboli. Non si pu0′ che ripartire da lì”. E aggiunge: “Servono occhiali nuovi per leggere la realtà. Non basta la crescita per ridurre le disuguaglianze. Deve venire prima il capitale sociale e poi quello economico. Siamo cresciuti in una sinistra che riteneva automatico che Pil e dati macroeconomici portassero con sé il miglioramento delle condizioni di vita delle persone.

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