Patologie della tiroide, prostata e fegato trattate con la termoablazione laser
Un fascio di luce termica che attraverso un “ago” speciale inserito nella pelle brucia per ridurre o in alcuni casi per demolire in poco più di 10 minuti una lesione benigna o un tumore senza lasciare cicatrici. Così la Termoablazione Laser percutanea si pone come valida alternativa alla chirurgia tradizionale nel trattamento di patologie che interessano più organi, quali i noduli benigni della tiroide, l’ipertrofia prostatica e le lesioni epatiche primitive e secondarie.
Di questa metodica innovativa se ne parlerà sabato 2 marzo – nel corso del Convegno ECM “La termoablazione laser nella patologia tiroidea, prostatica ed epatica – presso la sede GVM Campus a Bari – Centro di formazione professionale di GVM Care & Research, presente in Puglia con: Anthea Hospital e Ospedale Santa Maria a Bari, Villa Lucia Hospital a Conversano, D’amore Hospital a Taranto e Città di Lecce Hospital a Lecce.
Il primo ospedale GVM ad introdurre la nuova metodica sarà D’Amore Hospital, primo centro secondo gli ultimi dati Agenas in provincia di Taranto per volume di interventi alla tiroide e secondo centro a livello regionale in questo ambito chirurgico, tra tutte le strutture sanitarie ospedaliere ed universitarie.
Nell’intervento di termoablazione con la tecnologia EchoLaser Modilite, messa a punto dall’ azienda italiana Elesta un raggiolaser è convogliato all’interno del tessuto da trattare mediante sottili fibre ottiche a loro volta collocate attraverso aghi di piccolo calibro. Il laser determina ipertermia nel tessuto colpito, con denaturazione e necrosi coagulativa di cellule, il tutto è guidato da ecografia per permettere un posizionamento estremamente preciso del dispositivo. L’intervento dura pochi minuti (tra 10 e 30) e non sempre è richiesta l’anestesia. Al paziente viene così sottratto il trauma di un intervento chirurgico, con la possibilità di tornare in breve tempo a svolgere le proprie attività e avere il vantaggio di un risultato duraturo nel tempo.
L’intervento avviene senza anestesia generale, non ci sono esiti cicatriziali, non c’è bisogno di terapia ormonale sostitutiva a vita (necessaria in caso di tiroidectomia), non ci sono rischi associati alla chirurgia.
“Nell’ambito della patologia benigna tiroidea, in casi selezionati, la tecnica è indicata per quei pazienti che hanno controindicazioni alla chirurgia tradizionale per motivi cardiologici o anestesiologici – spiega il dottor Alfredo Procaccini, direttore scientifico del Convegno e responsabile della Chirurgia tiroidea presso D’Amore Hospital – grazie al nuovo trattamento mininvasivo senza incisioni chirurgiche, i noduli vengono ridotti in maniera mirata usando il calore ed è possibile preservare la ghiandola tiroidea”.
La riduzione media di volume del nodulo, a distanza di 6 mesi, è di circa il 70% con risultati che vengono mantenuti nel tempo in almeno il 95% dei pazienti. L’altro campo di applicazione della termoablazione è l’ipertrofia prostatica benigna, patologia che consiste nell’aumento volumetrico della prostata, e che colpisce il sesso maschile, con un’incidenza crescente con l’età. L’ablazione Laser Transperineale sotto guida ecografica preserva le strutture anatomiche che controllano la minzione. Il trattamento può essere riservato a pazienti che non rispondono in misura soddisfacente al trattamento farmacologico ed anche a pazienti anziani, portatori di catetere vescicale a dimora, con comorbidità e con alto rischio anestesiologico e chirurgico e che non possono essere curati con le modalità standard o la chirurgia tradizionale.
Infine la termoablazione laser è una tecnica considerata efficace anche nel trattamento del tumore al fegato e delle metastasi epatiche. Uno dei principali vantaggi è l’utilizzo di aghi sottili che consente di trattare tumori in qualsiasi posizione, anche a rischio e difficilmente trattabili con l’uso di dispositivi di grosso calibro. Un altro vantaggio è l’efficienza e la rapidità del trattamento particolarmente importante quando si trattano neoplasie multifocali e di grandi dimensioni. La tecnica mira infatti a migliorare la percentuale di successo nei tumori situati in posizioni difficili da raggiungere o a rischio.