Italia, le difficili scelte del 2021
Nel 2020, molte delle aspettative su come gli affari internazionali si sarebbero svolti nel nuovo anno sono state sconvolte da un virus con cui in pochissimi avevano fatto i conti: una pandemia globale trasformatasi in una delle più gravi crisi economiche della storia. Difficile, dunque, salutare il 2020 con previsioni e certezze: possibile, però, cercare un ordine tra i numerosi interrogativi che la pandemia ha aperto sul futuro del mondo e dell’Italia in particolare. Sono molti che guardano con terrore al futuro. I dubbi si diffondono. Che sarà dell’economia? Che cosa ci tiene in serbo la storia che ha più fantasia di tutti gli economisti, i sociologi, i politologi e i politici messi insieme? Non possiamo certo vivere nel terrore, ma dobbiamo trovare delle vie che ci portano via dalla crisi, per questo bisogna entrare dentro la crisi, usando la ragione critica, iniziare ad intravedere i possibili scenari e capire quali sono i veri problemi con i quali dobbiamo confrontarci. Occorre allora uscire
dai contesti limitati degli schemi dell’economia; occorre comprendere i rapporti tra sistema politico e sistema economico per comprendere così i limiti delle politiche in atto e gli ostacoli da superare per cambiarle. Gli ultimi avvenimenti mondiali e nazionali dovuti al Covid19 ci inducono ad analizzare l’esperienza diretta dell’economista e dell’uomo politico. La ricerca deve partire dalla situazione economica precedente all’evento Covid19 e, dopo aver analizzato nel dettaglio l’ingente sforzo finanziario sostenuto dallo Stato, giungere a definire strategie generali di intervento. Si tratta di uno sforzo finanziario ingente, cui deve corrispondere un complesso rilevante di politiche e di azioni, non prive di impatto sulla struttura industriale. Questi fenomeni forse non sono stati ancora analizzati con sufficiente attenzione. Occorre pensare al prossimo sviluppo, creando le condizioni per il suo avvio nell’ordinarietà ma anche nell’emergenza. Ed è proprio in questo momento che devono rapportarsi la politica economica dell’operatore pubblico con quella industriale in particolare. La promozione dello sviluppo rientra a pieno titolo tra gli scopi della politica ordinaria ed anzi ne costituisce uno dei momenti principali. Per questo è possibile trarre gli utili insegnamenti non solo per interventi riparatori e circoscritti alle realtà locali, ma anche per l’azione ordinaria finalizzata alla promozione dello sviluppo. Ecco lo sguardo rivolto alle politiche industriali dell’emergenza per costruire nuove occasioni di sviluppo per i soggetti economici e le forze imprenditoriali, favorite da occasioni di relazioni sinergiche con i soggetti istituzionali statali e con il complesso delle autonomie locali. Nel contempo sulla scena politica nazionale in molti ritengono ormai conclusa l’era dell’avvocato del popolo, salvo il lucano eletto a Piacenza che continua solo ad accumulare visibilità, mentre anche l’estate è ancora a rischio. Gli altri big della politica nazionale mirano ad arrivare all’elezione del Presidente della Repubblica il cui discorso di fine anno ha superato di gran lunga quello del capo del Governo, in ogni senso. Nel frattempo il senatore di Rignano alza il tiro, minaccia, ma poi nasconderà la mano; il regista PD di Ferrara deve invece rendere il conto agli operatori culturali; l’unico che vorrebbe, ma non può, andare all’elezioni è il capopopolo del PD: ma lui non è parlamentare e governa già il Lazio! Ma gli italiani non sanno ancora come voteranno: il referendum è passato con il sì più di tre mesi fa, quando proprio il capo del PD decise di appoggiare quella riforma costituzionale per accodi con il M5S. Il popolo riuscirà mai a scegliere il suo candidato al Parlamento o i capipartito li imporranno direttamente dall’alto? Il Premier appare arroccato dentro al Palazzo e percepisce un senso di isolamento dentro la sua maggioranza, anche se nessuno vuole andare alle urne; i suoi toni durante la conferenza stampa di fine anno non sono stati affatto rassicuranti, forse perché sa di avere poche settimane per scongiurare il collasso, mentre la pandemia non deve più utilizzarla come alibi per disarmare gli
avversari. Occorre invece un progetto chiaro per il paese e non solo per sopravvivere: è lì che si vede il leader. Adesso interessa iniziare il nuovo anno con ottimismo e con un nuovo modo di governare, facendo attenzione al Piano di Ripresa e di Resilienza, badando a spendere bene le risorse europee per la ricostruzione post Covid. Certo il Piano andava dettagliato, rendendolo così comprensivo anche ai cittadini, un po’ come hanno fatto gli altri paesi europei. A tal proposito cito
anch’io Mario Draghi, ma solo per riprendere un suo pensiero: il debito contratto con l’Europa è sostenibile solo se finalizzato alla crescita e quindi vanno valutate tutte le iniziative di spesa, insieme ad un nuovo accordo di governo per fronteggiare in questo 2021 l’emergenza sociale che ci
aspetta.
Pierluigi Diso