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All’Aor San Carlo un corso di approfondimento sull’idrosadenite suppurativa

All’Aor San Carlo un corso di approfondimento sull’idrosadenite suppurativa
 
L’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza ha ospitato “Raise HS awareness to Unlock Patient journey”, un corso sull’idrosadenite suppurativa (HS), una patologia cutanea che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti.
 
“Si tratta di un importante momento formativo organizzato dall’unità operativa della Dermatologia – ha commentato il Direttore Generale dell’Aor San Carlo, Giuseppe Spera – che ha riunito esperti del settore con l’obiettivo di approfondire le conoscenze su questa malattia e migliorare la presa in carico dei pazienti. Evidenzia la costante attenzione rivolta all’aggiornamento professionale, indispensabile per migliorare le cure e potenziare i servizi offerti. L’Aor San Carlo sempre più riconosciuta come centro di alta formazione”.
 
L’HS è un’infiammazione cronica del follicolo pilifero, localizzata prevalentemente in aree corporee quali ascelle, inguine, pieghe mammarie, area perianale e glutei. È caratterizzata da noduli infiammatori e non, ascessi, tunnel e cicatrici. La sua natura recidivante e la gravità dei sintomi può influire negativamente sulla qualità della vita dei pazienti, con conseguenze gravi che portano spesso a depressione, ansia, isolamento sociale e difficoltà lavorative.
 
“È una patologia – spiega la dottoressa Marisa Tataranni, responsabile della Dermatologia dell’Aor San Carlo – che per anni erroneamente è stata considerata una malattia rara e che, invece, si sta dimostrando una patologia cutanea emergente. Vorrei sottolineare l’importanza di una diagnosi precoce e di un approccio multidisciplinare che coinvolge dermatologi, chirurghi, medici di base, psicologi, endocrinologi e ginecologi, pediatri, genetisti, psichiatri. La stretta collaborazione tra i diversi specialisti – continua la dottoressa – conduce a un’accurata valutazione clinica e a una terapia personalizzata che include farmaci, terapie locali, interventi chirurgici e supporto psicologico, garantendo il miglior outcome clinico. La disponibilità di nuove terapie biologiche – conclude – ci permette di intervenire in fasi più precoci ed evitare i fastidiosi esiti cicatriziali”.
 

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