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In Puglia si nasce di nuovo ‘in casa’

Rosaria Santoro è il medico pugliese del momento. Lavora come ostetrica nell’ospedale di Grottaglie (TA), istituto collegato ad un’associazione nazionale (www.nascereincasa.it) che aiuta e supporta tutte quelle donne che hanno il desiderio di partorire in casa. Al naturale e senza ricorrere al cesareo. “Credo di essere l’unica referente della zona – ha detto Santoro – ricevo chiamate da ogni angolo della Puglia. In due anni ho fatto partorire ‘al naturale’, in casa, 20 donne”. La dottoressa Santoro ha lavorato per oltre 30 anni presso il nosocomio di Grottaglie e, dopo essersi dichiarata contraria al taglio cesareo, ha scelto di dedicarsi ai parti al naturale. L’associazione nascereincasa.it ha molto seguito al Nord e funziona bene; la nascita avviene tra le mura domestiche dove la futura mamma si sente a suo agio e può vivere i momenti pre-parto come meglio desidera.

Ma la Santoro ha anche precisato: “Il numero di donne che si rivolge a me cresce sempre più. Ricevere una cooperazione medica che affianchi il nostro lavoro in caso di necessità è importante. Bisogna sottoporsi a numerosi esami, che solo in ospedale è possibile fare, e il più delle volte i medici inducono le donne a desistere dal partorire in casa”. A perorare la causa della Santoro c’è Elena Gentile, assessore al Welfare della Regione Puglia e pediatra di professione. “Sono molto sensibile alla questione. Bisognerebbe puntare ad una caratterizzazione umanistica degli ospedali, dato che oggi la sanità è iper-tecnologica e iper-attenta. Una battaglia come questa potrebbe segnare una svolta, ed io sono disponibile a sostenere questa tendenza”.

Oggi la Puglia è la quarta regione in Italia per il più alto numero di parti cesarei. Ma, sino a 40 anni fa, era quasi naturale che le donne si occupassero da sole alla gravidanza, dato che in quei tempi molte famiglie erano numerose. Allora chi si occupava del parto erano le ostetriche, o le cosiddette ‘mammare’. C’erano poche medicine. Era un mondo ‘rosa’, tutto al femminile: suocere, cognate, sorelle. Con compiti precisi: chi si adoperava per l’acqua calda, chi preparava i panni, si doveva bollire tutto, senza materiale ‘usa e getta’.

“Oggi la situazione è diversa rispetto al passato – continua la Santoro – se le donne non hanno complicazioni, possono partorire in casa. Il nostro lavoro, però, ha bisogno del supporto delle strutture mediche presenti sul territorio. Così facendo, le mamme sarebbero molto più sicure e potrebbero partorire con maggiore tranquillità nell’ambiente che conoscono meglio, vivendo l’attesa del parto come fisiologica e non patologica”.

 

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