Acqua, Basilicata e Puglia salvino il valore della concertazione
“Sulla incerta definizione di questo progetto del ,Raddoppio della canna del Sinni’ bisogna essere chiari. La proposta se c’è appare confusa, frettolosamente immessa nella discussione pubblica, con motivazioni che non fanno onore, direi, ad una storia di relazioni, di progettazione e di accordi che in questi anni hanno caratterizzato la gestione della risorsa idrica fra Puglia e Basilicata”. Così il presidente De Filippo, a margine di una relazione svolta in Consiglio sull’intera tematica della gestione della Risorsa idrica, ha liquidato la questione, il progetto finanziato dal Cipe su proposta della Puglia di una nuova linea di adduzione dall’invaso sul Sinni. “Ogni ipotesi di incremento di tale capacità di trasporto – ha spiegato il Presidente – non può che essere successiva alla effettiva disponibilità di ulteriori risorse idriche da convogliare. E ciò sia per evitare lo spreco di risorse finanziarie per opere che non verrebbero mai utilizzate a pieno e sia per evitare conflitti tra i diversi utenti (tra i quali gli utenti potabili sono sempre necessariamente privilegiati). Perciò la discussione programmatica e progettuale non può che riprendersi nell’obbligatorio quadro dell’Accordo fra Puglia e Basilicata evitando fughe in avanti o peggio ingenerando sospetti di interessi progettuali dei quali noi vorremmo fare a meno”.
Se, quindi, la questione alla base del dibattito è stata affrontata in modo diretto e con chiarezza, la relazione di De Filippo ha allargato lo sguardo sia alla storia dell’invaso, del sistema di adduzione, dei progetti e delle relazioni tra le due regioni, in cui viene anche dato atto che “l’ipotesi di raddoppio era, in realtà, già contenuta nel progetto originario della Canna del Sinni” e che “l’Autorità di Bacino della Puglia ha predisposto una scheda progettuale che prevede la realizzazione di una condotta adduttrice parallela a quella esistente, del diametro di 2200 mm”. Ma ha anche spiegato che il problema principe resta quello della effettiva disponibilità di acqua, spiegando che “ad oggi le risorse idriche che giungono all’invaso di Monte Cotugno sono molto inferiori a quelle previste in progetto in quanto: l’invaso di Masseria Nicodemo (Cogliandrino) intercetta le acque della porzione più alta del bacino del Sinni e la maggior parte delle sorgenti. Le acque così accumulate vengono sfruttate per scopi idroelettrici dall’ENEL e scaricate nel fiume Noce, non giungono, pertanto, alla diga; la traversa sul Sauro è pesantemente danneggiata e non è più in condizioni di derivare acqua da trasferire alla diga di Monte Cotugno; la galleria del Sarmento non è completata e quindi ovviamente non è in esercizio”.
Per De Filippo, quindi, bisogna affrontare i problemi con ordine e tutti, e anche epr questo ha inquadrato l’intera questione dell’acqua, partendo dai rapporti con la Puglia, dall’accordo di programma del 1999 tra Regioni Basilicata e Puglia e Ministero delle Infrastrutture (definito “la prima forma di federalismo solidale per l’uso della risorsa idrica”) fino alle più recenti evoluzioni normative al varo del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale (che include Basilicata, Puglia, Campania, Calabria e Molise) e alle relative decisioni. In particolare si è soffermato sul “Documento di intenti finalizzato ad un governo coordinato e sostenibile della risorsa idrica afferente il Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale” che, ha spiegato, “specifica che il trasferimento delle risorse idriche dovrà essere regolamentato da un unico accordo di programma tra tutte le Regioni dell’Appennino meridionale (probabilmente precludendo la possibilità che l’Accordo tra Basilicata e Puglia possa essere protratto oltre il 2015) e amplia il ruolo dell’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri-Garigliano e Volturno nei processi decisionali relativi agli interscambi di risorse idriche, in quanto la stessa andrebbe ad assumere il ruolo di unico supporto tecnico delle Regioni”.
“Il documento di intenti – ha detto De Filippo – è stato siglato a Roma il 6 aprile 2011 dai rappresentanti di tutte le Regioni del Distretto dell’Appennino meridionale esclusa la Basilicata. Da questo mutato quadro emerge con chiarezza come in questa stagione di dichiarato federalismo ma che in realtà è tra le più centraliste della nostra storia anche la programmazione e la gestione idrica tende ad essere sottratta alle potestà delle Regioni. Proprio per questo l’unica strategia vincente non può che essere quella del dialogo. Pare opportuno ricordare che la Regione Puglia più volte ha sollecitato la Basilicata alla sottoscrizione del Documento di Intenti ed alla conseguente definizione dell’unico Accordo di Programma Distrettuale. Noi – ha affermato – rilanceremo la discussione, avendo chiesto un preliminare lavoro tecnico, partendo dalla positiva esperienza di Puglia e Basilicata”.
Un’esperienza positiva, quella del rapporto Basilicata Puglia, che ha portato a soddisfare sia la “sete” della vicina regione che le richieste di sostenibilità della Basllicata, passando attraverso decisioni condivise come quelle sul costo dell’acqua e le sue componenti, ossia il costo industriale e quello ambientale. “In altri termini – ha detto il presidente -si è reso necessario rivedere il concetto del bene “acqua”, fino a considerarla un bene economico non disponibile in quantità illimitata e quindi da utilizzare in modo efficiente ed equo, per la cui produzione vengono sostenuti dei costi (spese di gestione e manutenzione delle infrastrutture, spese di stoccaggio e vettoriamento)”.
“Negli incontri preparatori della prossima seduta del Comitato di Coordinamento – ha spiegato ancora il Presidente – l’Assessore pugliese Amati ha proposto una profonda rivisitazione della componente ambientale della tariffa che prevede il superamento del valore unico per i diversi usi e la definizione di una tariffa differenziata che pesi sul comparto industriale 7 volte in più che su quello potabile. Per l’utilizzo irriguo invece si propone una tariffa pari a metà di quella per il potabile. La Basilicata non ha ad oggi accettato tale proposta in quanto nutre delle perplessità legate alla sostenibilità per gli utenti industriali di una tariffa troppo esosa e sulle conseguenze che questo potrebbe avere sulla futura ripartizione della risorsa tra i vari usi.
Nell’ambito dei lavori preparatori alla prossima seduta del Comitato è stata anche presa in considerazione l’ipotesi di applicare la tariffa unica attualmente vigente al volume idrico complessivamente trasferito in Puglia, lasciando poi alla Regione Puglia la libertà di differenziarla per gli utenti pugliesi”.
Infine, il presidente si è soffermato sull’evoluzione del sistema di governance dell’Acqua. La parallela evoluzione dell’Ente Acquedotto Pugliese in una Spa e la nascita, in Basilicata, di Acquedotto Lucano che, ha spiegato “risponde principalmente all’esigenza, sancita dalla legge “Galli”, di una gestione del servizio idrico secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, superando le diseconomie e le inefficienze determinate da una gestione frammentata dello stesso, dovuta essenzialmente alla coesistenza di una pluralità di Gestori, tra cui anche alcuni Comuni”. E ancora la nascita di Acqua Spa, un “gestore dell’approvvigionamento primario ad uso plurimo degli schemi idrici appulo-lucani che potrà costituire lo strumento operativo dell’Autorità di Governo della risorsa idrica, una società, a capitale interamente regionale (ma aperta alla partecipazione di altri soggetti istituzionali e non), che si occuperà principalmente della captazione delle acque, del loro accumulo, trasporto ed adduzione nonché del loro trattamento per l’approvvigionamento primario legato ai grandi schemi idrici per il soddisfacimento degli usi civili, irrigui e industriali nei territori dagli stessi serviti, curerà, altresì, la gestione e la manutenzione delle infrastrutture idriche”.
“Allo stato attuale – ha però precisato De Filippo – l’avvio delle attività di Acqua S.p.A., resta ancora condizionato dalla definizione del ruolo di EIPLI da parte del Governo Centrale, che anche in presenza di un complesso normativo sufficientemente chiaro, fa registrare posizioni contraddittorie fra la tendenza alla sua liquidazione o trasformazione in struttura sotto il controllo delle Regioni interessate e l’ipotesi di rilancio funzionale in nome di una presenza dello Stato nel settore dell’approvvigionamento idrico primario. L’EIPLI ad oggi è commissariato ma ancora operante e dovrebbe, salvo ulteriori proroghe, cessare l’attività il 31.12.2011. Nel frattempo ha aggiunto – le Regioni Puglia e Basilicata, anche a seguito del lavoro preparatorio svolto nell’ambito del Comitato di Coordinamento, hanno individuato nella società Acqua SpA il “nuovo veicolo societario” a cui trasferire tutte le funzioni in capo all’EIPLI al momento della soppressione di quest’ultimo”.