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Alla “ricerca della visione Hanblecheyapi sul Pollino, una trentina fra italiani, messicani, ungheresi e inglesi

Alla “ricerca della visione Hanblecheyapi sul Pollino, ad Acquatremola. Sono una trentina di persone provenienti dall’Italia, dal Messico, dall’Ungheria e dall’Inghilterra che in questi giorni si sono dati appuntamento al piano a oltre 1.400 metri per una particolare pratica spirituale. “Hanblecheyapi” ci ha spiegato Giuseppe Nardandrea uno dei rappresentanti del gruppo, <<è una parola della lingua Lakota, una lingua parlata dalle tribù dei nativi americani delle pianure nordamericane. Si traduce approssimativamente in “cercare una visione” o “cerimonia della visione”. La cerimonia Hanblecheyapi, o “cerimonia sacrificale”, è una pratica spirituale tradizionale dei Lakota e di altre tribù delle pianure. Durante questo periodo, il partecipante cerca di connettersi con il mondo degli spiriti attraverso la meditazione e la preghiera, con l’obiettivo di ricevere una visione o illuminazione che possa essere benefica per la sua vita e comunità.>>
Questa cerimonia, considerata sacra, viene eseguita sotto la guida di un leader spirituale esperto, AlbertoPaMatz, in un ambiente sicuro che rispetta la cultura Lakota. La pratica della cerimonia Hanblecheyapi è stata preservata per più di duemila anni dalla tribù Lakota nonostante una storia di repressione culturale. Questa come altre cerimonie Lakota, non ha limiti territoriali, sono doni che sono stati offerti all’umanità dal consiglio degli anziani Lakota con l’obiettivo di recuperare la naturalezza dell’essere umano, e il suo ruolo essenziale nel mondo.
Uno degli ultimi leader del movimento della chiesa dei nativi americani fu il capo Leonard Crowdog, che rappresentava la tribù che sosteneva la ricerca della Visione. Allora qual è il ponte tra le nostre montagne e la visione Lakota? E Giuseppe Nardandrea, afferma di aver “trovato sulla Strada Rossa tante risposte che vuole condividere con il Pollino. Diversi lucani conoscono fin da piccoli i meravigliosi boschi di San Severino, tra le cascate e le sagre che caratterizzano uno dei borghi più belli della nostra regione.
San Severino dona ogni giorno molto alla nostra Regione, come l’acqua, per questo ci sentiamo in dovere di restituire qualcosa a chi ci protegge. Alla base della tradizione Lakota non c’è alcun legame superficiale tra uomo e natura, l’uomo è la natura stessa. Partendo da tale presupposto, quindi, il rispetto per tutti gli elementi della natura rappresenta il rispetto per l’umanità stessa, un legame profondo con l’acqua, gli alberi e il fuoco, che rafforza ed eleva il significato di ogni elemento che sostiene la nostra vita”. Il sindaco Fiore, naturalmente, nel dare il benvenuto a questi illustri ospiti del suo territorio li ringrazia per aver scelto il Pollino come luogo di meditazione e preghiera.

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