Autonomia differenziata un danno alla salute dei cittadini del Sud
l dibattito sull’autonomia differenziata, progetto di legge fortemente voluto dal ministro leghista Calderoli, impone una seria riflessione sulle preoccupazioni e le ripercussioni negative che tale progetto porterà inevitabilmente alle regioni del Sud, ovvero a quelle storicamente arretrate da un punto di vista socio-economico, percezione maturata nel contesto postunitario. La preoccupazione più forte è quella sulla materia sanità. Con l’autonomia differenziata ci sarebbe il colpo di grazia al SSN e aumenteranno le disuguaglianze regionali, legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Non più diritto alla salute uguale per tutti secondo l’art. 32 della costituzione, ma diritto alla salute secondo il Cap di appartenenza. Peraltro in un momento storico in cui il Paese ha sottoscritto con l’Europa il PNRR, il cui obiettivo è proprio quello di ridurre le disuguaglianze regionali e territoriali. Se i Lea( livelli essenziali di assistenza) dovranno essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, l’articolo 5 del ddl Calderoli contiene disposizioni di principio sull’attribuzione delle “risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” Tradotto significa che, secondo le modalità dell”intesa sulla autonomia, il finanziamento delle funzioni attribuite avviene attraverso la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale, in modo tale da consentire l’integrale finanziamento delle funzioni attribuite. Quindi le Regioni che potranno trattare più gettito fiscale si potrebbero così trovare nelle condizioni di offrire ulteriori prestazioni aggiuntive ai propri cittadini rispetto alle altre. La Basilicata dunque sarà una di quelle regioni che non riuscirà a garantire più quei Lea che garantirebbero cure essenziali ai propri cittadini. In tutto questo il Presidente della Regione Bardi nella conferenza delle regioni ha firmato e approvato il ddl Calderoli che di fatto darebbe il colpo di grazia alla sanità lucana. Sempre più alla sbando, sempre più in crisi, il cui declino ha inizio con L. R. 2 del 2017 che di fatto dà il la’allo smantellamento dell’ospedale Madonna delle Grazie di Matera oggi ridotto a un poliambulatorio, senza personale medico/infermieristico (quelli rimasti eroicamente, non possono garantire l’assistenza necessaria ai pazienti: basti pensare che il cardiologo di servizio al pronto soccorso è costretto a prestare alcune volte servizio di ortopedia… e così via…). Un ospedale che nasce nel 2002 e che nel 2004 viene classificato dal tribunale dei diritti del malato tra i primi ospedali più sicuri d’Italia. Oggi invece chi entra nel Madonna delle Grazie deve chiedere la grazia alla Madonna. Questo eversivo disegno di legge, delle autonomie richieste dalle regioni più ricche ( sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e compartecipazione, sistema di governance delle aziende e degli enti del SSR ecc.) darebbe poi inevitabilmente il via libera a sistemi assicurativi privati e a cure private. Insomma, si curi chi può! La salute dunque rischia di essere un bene pubblico per i cittadini residenti nelle regioni più ricche e un bene di consumo per quelle più povere. Invito, per concludere, il Presidente Bardi a mettere da parte posizioni sbrigative e, se come dice ha davvero a cuore la salute dei lucani,farsi promotore in prima istanza ad invitare il governo a espungere la tutela della salute dalle materie su cui le regioni più ricche (la regione guidata da Bardi NON LO È) possono richiedere maggiori autonomie. Se vuole tutelare i lucani, questa è la volta buona che può farlo… senza bonus…