Bossing, preside e MIUR condannati a pagare i danni ad una docente
E’ sempre difficile discernere le situazioni di ordinaria conflittualità da quelle che invece possono essere inquadrate come condotte proprie del mobbing o bossing, fattispecie che nella scuola non vengono riconosciute con facilità, anche perché difficile riuscire a provare l’intento persecutorio del datore di lavoro, che può realizzarsi in più condotte, anche distinte e diverse nel tempo, purché unificate dall’intento persecutorio. Nel caso di specie, il dirigente che ha preso di mira il dipendente paga il danno da bossing in solido con il datore. E ciò perché la condotta del capo viola le norme che impongono al datore di tutelare l’indennità psicofisica del lavoratore: dopo un diverbio il dirigente apre una serie di procedimenti disciplinari contro la sottoposta, rivelatisi infondati, e quando lei si ammala le manda visite fiscali a raffica; insomma: la costringe a vivere in un clima di costante tensione per difendersi dai cavilli burocratici utilizzati nella strategia mobbizzante. Il risarcimento non risulta escluso dalla condanna penale per violenza privata intervenuta a carico del persecutore. È quanto emerge dalla sentenza 1520/21, pubblicata dalla sezione lavoro della Corte d’appello di Bari. Accolto il gravame proposta dalla docente di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, e, al riguardo, hanno ricordato che: ottiene un risarcimento del danno biologico temporaneo parziale di oltre 4.700 euro posto a carico del preside oltre che del ministero dell’Istruzione. La lite nasce per un inopinato cambio di sezione nell’istituto. La professoressa apprende soltanto dal nuovo orario scolastico di essere dirottata dal corso B a quelli C e D, chiede spiegazioni e ne nasce un alterco: il dirigente prima la caccia dall’aula e poi l’insegue sbattendole la porta dietro. L’insegnante ha un malore ed è ricoverata al pronto soccorso: durante l’assenza dal servizio riceve ben quattordici visite fiscali inviate dal preside, mentre cadono le contestazioni disciplinari e un esposto al sindacato fa scattare un’ispezione a scuola (il dirigente risulta già condannato per abusi su prof). Ma la costituzione di parte civile nel processo penale non esclude il diritto al risarcimento per mobbing: nella denuncia querela per violenza privata non si fa riferimento alla violazione delle norme a tutela di salute e sicurezza sul lavoro. Decisivi i testimoni: l’ostilità del dirigente è una ritorsione contro la sottoposta colpevole solo di aver adito le vie legali per la tutela dei propri diritti in ambito lavorativo: restano lettera morta gli accessi agli atti chiesti dalla dipendente; il ctu conferma lo stress psicofisico per i due anni in cui la docente risulta vittima del comportamento vessatorio assunto dal preside, che risponde in solido per non aver impugnato la parte di motivazione con cui il Tribunale ha dichiarato la sussistenza della legittimazione passiva.