Chiuso l’Ufficio del Giudice di Pace a Tricase
Il pietoso stato della Giustizia in Italia è ravvisabile anche da questo tipo di eventi: cancelli chiusi, Giudice di Pace impenetrabile al pubblico e senza nessuno che abbia avvisato. Accade a Tricase, nell’estremo lembo del Tacco d’Italia dove l’ultimo presidio della Giustizia, baluardo dei tagli cui abbiamo assistito in questi anni, si presentava così a parti e avvocati che hanno potuto assistere all’amara sorpresa di non poter entrare in un luogo che “normalmente” dovrebbe essere sempre aperto al pubblico, perché la Giustizia non è un inutile orpello della macchina dello Stato, ma un suo fondamento.
Forse così non è per il Ministero che, se è vero che siamo in primo agosto e che la calura estiva porti chiunque a trovarsi in ben altri lidi, non ha predisposto alcuna surroga o minima alternativa alla chiusura tout court in conseguenza delle giuste e meritate ferie del personale né alcun preventivo avviso.
Ed è così che chi ha avuto la sfortuna di dover depositare un atto o consultare un fascicolo, prima delle sue altrettanto meritate ferie, si è trovato davanti una scena a dir poco assurda ed ha ben pensato di chiamare i carabinieri per far rilevare quello che appare una vera e propria interruzione di un pubblico servizio.
Beffa delle beffe sarà, quindi, la stessa magistratura a verificare la sussistenza di profili penalmente rilevanti nel comportamento di chi ha consentito un simile obbrobrio “amministrativo”, ma per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, resta l’amaro che tutto sia accaduto così, come se fosse potuto passare inosservato un evento simile. E a pagare, sono sempre cittadini e avvocati, relegati ad ultima ruota del carro di una macchina, quale quella della Giustizia, i cui ingranaggi arrugginiti e non oleati sono così più per le carenze croniche di mezzi e uomini che per riforme che appaiono a dir poco inutili e che nulla potranno fare contro questi annosi problemi”.