BasilicataCronaca

Clamorosa assoluzione non solo di Mitideri Antonio e di Pesce e Latronico ma anche del collaboratore che li accusava e si autoaccusava degli episodi di spaccio

corte_cassazioneLa Corte di Appello di Potenza, Presidente Autera, relatore Verdeoliva, giudice D’Amelio, ha mandato assolti Latronico Rinaldo da Policoro (difeso dall’avv. Delfino), Mitidieri Antonio da Policoro (difeso dall’avv. Nicola Cataldo), Pesce Salvatore da Rosario, capo del presunto clan, (difeso dall’avv. Mirna Raschi, da Reggio Calabria, sostituita nelle udienze di discussione dall’avv. Cataldo), Di Noia Adriano, collaboratore di Giustizia difeso dall’avv. Galeone del Foro di Roma, Florio Giacomo da Policoro, (difeso dall’avv. Livia Lauria), tutti imputati di spaccio di stupefacenti, con la formula più ampia “perché il fatto non sussiste”. In particolare il Latronico, Mitidieri e Pesce erano stati condannati dal Tribunale di Matera con sentenza del 10.02.2012 alla pena di anni sei mesi due di reclusione e 28.000,00 euro di multa e Di Noia alla pena di anni due di reclusione ed €. 10.000,00 di multa, perché ritenuti responsabili del reato previsto e punito dagli art. 110, 73 e 809 DPR 309/90, perché in concorso tra loro detenevano al fine di spaccio ingenti quantità di sostanze stupefacenti dei tipi cocaina ed eroina, Pesce Salvatore consegnando in più occasione (un chilo di cocaina una volta ed un busta di eroina un’altra volta) ingenti quantità di eroina e cocaina a Latronico Rinaldo, Mitidieri Antonio e Di Noia Adriano i quali acquistavano la sostanza, destinata allo spaccio per conto del clan Scarcia, in Rosarno e Policoro fino a11994. Il Tribunale di Matera per giungere alla condanna aveva ritenuto perfettamente credibile il collaboratore di giustizia Di Noia, perché (pag. 14 della sentenza) Di Noia Adriano si è autoaccusato di aver detenuto per lo spaccio apprezzabili quantità di eroina e cocaina (sino a due chili per volta) prelevati da Pesce Salvatore per conto del gruppo Scarcia e destinati alla vendita al minuto nel Po1icorese in un arco temporale collocabile nei primi anni novanta; ed ha chiamato in correità i coimputati Pesce Salvatore, quale soggetto cedente, Mitidieri Antonio, Latronico Rinaldo, Santarcangelo Vincenzo quali soggetti cessionari e detentori con il dichiarante. Secondo il Tribunale (Presidente Vetrone) le dichiarazioni del Di Noia erano riscontrate anche dalle accuse mosse da altri collaboratori come Vukatana Arben e Cossidente Antonio. Lo stesso Tribunale però cade in contraddizione perché assolve con formula piena Santarcangelo Vincenzo, che pur era stato accusato dal Possidente e non valuta affatto la sentenza della Corte di Appello di Napoli che dichiara inattendibile il Vukatana nell’accusa mossa contro Scarcia Salvatore per il commercio di detonatori. Il Di Noia era stato già ritenuto non credibile dalla Corte di Assise di Potenza (Pres. Magrone) quando aveva accusato Scarcia Antonio di essere il mandante dell’omicidio Lo Vecchio. Si noti che per sostenere 1’accusa contro lo Scarcia Antonio, (difeso dall’ avv. A. Cataldo) aveva accusato di falsità per omissione prima il PM e poi il GIP del Tribunale di Matera che avevano proceduto al suo interrogatorio.

L’altro accusatore, il cosiddetto collaboratore albanese Vukatana Arben, era stato ritenuto non credibile dalla Corte di Appello di Napoli (sentenza del 2000), in sede di rinvio dalla Cassazione nel processo per i detonatori a carico di Scarcia Salvatore (difeso dall’avv. Nicola Cataldo) conseguentemente con formula piena. Nell’ambito di questo processo già il Di Noia era stato smentito dagli ufficiali di polizia giudiziaria dei CC di Potenza che avevano accertato che il Mitidieri non aveva mai chiesto permessi per andare da Policoro a Rosarno, ed acquistare droga dai Pesce, come aveva propalato il Di Noia. La conseguenza sarà che certamente il Mitidieri ed i Pesce forse, potranno chiedere la condanna del Di Noia per calunnia ed anche autocalunnia. Dobbiamo quante volte rilevare positivamente, che non è stato necessario ricorrere in cassazione per avere la sconfessione di un collaboratore di giustizia, perché il merito è del Collegio giudicante della Corte di Appello di Potenza con Autera Presidente e Verdeoliva relatore. Come dobbiamo rilevare che il Santarcangelo (difeso dall’avv. N. Cataldo) è stato assolto con formula piena già in primo grado malgrado le accuse del grande accusatore il collaboratore Antonio Cossidente. Forse assistiamo ad una evoluzione culturale nella valutazione delle testimonianze dei collaboratori di giustizia che devono prima di tutto superare la pregiudiziale di non credibilità per essere testimoni a pagamento (senza offesa alcuna).

On. Avv. Nicola Cataldo

 

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