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Cop 22, Emiliano interviene a Marrakech

A poco meno di un anno di distanza dalla COP 21 di Parigi, il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è tornato a parlare di decarbonizzazione in occasione della COP 22, il più grande appuntamento sui cambiamenti climatici organizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e previsto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite (Accordi di Rio/il trattato ambientale internazionale che ha come principale obiettivo quello di ridurre le emissioni dei gas serra, nell’ottica di un possibile riscaldamento globale) che quest’anno si sta svolgendo in Marocco, a Marrakech (7/18 novembre).
In particolare, la sessione “Clima e salute/ Buona salute e benessere” cui sta partecipando il Presidente Emiliano, dovrà affrontare, nel corso della serata, diversi tematiche, tra le quali ad esempio come assicurare un progresso del Benessere sostenuto del paese, come possono essere  supportate le istituzioni nazionali e come possono questi sforzi nazionali essere supportati dai processi internazionali di controllo gestiti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Tra le parole d’ordine, essenziali nella protezione della salute a fronte dei cambiamenti climatici, ci sono Zero povertà e Zero fame, Agricoltura sostenibile, Acqua pulita e igiene, Energia accessibile e pulita e Città e comunità sostenibili.
La sessione, che sta per iniziare, sarà aperta dall’intervento del rappresentante della Organizzazione Mondiale della Sanità e proseguirà con il confronto tra i diversi relatori (il Ministro della salute del Marocco Lahoucine El Ouardi, i rappresentanti dell’Organizzazione meteorologica mondiale, della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia e del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente).

Di seguito il testo integrale dell’intervento del Presidente Michele Emiliano
La Regione Puglia intende proporsi come “esperienza pilota” in Italia nel percorso di decarbonizzazione che è ineluttabile in base agli accordi sottoscritti lo scorso anno alla CoP21 di Parigi dal nostro Paese. Proprio in Puglia è localizzato il più grande impianto d’Europa di produzione di acciaio alimentato a carbone, l’Ilva di Taranto. Abbiamo avviato un Tavolo Tecnico che coinvolge l’OMS e esperti internazionali in materia di energia per perfezionare lo Studio Pilota della Regione Puglia sulla decarbonizzazione, individuando tempi e modalità di attuazione, al fine di supportare il Governo italiano in questo percorso.
Lo studio riguarda il comparto siderurgico ed energetico e tiene conto dell’evoluzione della legislazione nazionale ed europea verso regimi sempre più restrittivi. È noto che lo stabilimento tarantino Ilva, nella sua attuale configurazione, con il mantenimento di tipologie di processi produttivi obsoleti come altoforno e cokeria, non solo non è accettabile ma nemmeno autorizzabile.
A Taranto l’acciaio viene prodotto con un ciclo integrale. Nel ciclo integrale si parte dalle materie prime così come si trovano in natura (minerali e carbon fossile). L’altoforno costituisce il cuore del ciclo integrale e produce ghisa allo stato liquido. Il coke, che costituisce un componente indispensabile nel processo di altoforno, fornisce sia la fonte di energia sia l’elemento chimico riducente nella trasformazione da ossido di ferro a ferro metallico. In questo processo è intrinseca la produzione incontrollabile di inquinanti a struttura molecolare complessa derivanti da precursori presenti nel carbone e l’altrettanto incontrollabile immissione degli stessi nell’ecosistema, a causa della struttura “aperta” delle apparecchiature produttive.
I Parchi minerari continuano ad essere fonte di immissione in aria di polveri, così come le cokerie di cancerogeni, mutageni e teratogeni quali ad esempio il benzo(a)pirene proveniente, e l’agglomerato di diossine e furani (PCDD/PCDF) che si formano nel processo di sinterizzazione, o il GRF (Gestione Rottami Ferrosi) di polveri contenenti metalli pesanti (cancerogeni) immessi direttamente in atmosfera nella fase di discarica paiole nell’area. Per non parlare delle immissioni di sostanze cancerogene persistenti nel comparto acqua-suolo, oltre che della Co2 derivante dall’intero processo produttivo.
Il nostro studio si focalizza sul cosiddetto processo a riduzione diretta, che consente la trasformazione del minerale in ferro spugnoso, detto DRI (Direct Reduced Iron) prevedendo l’utilizzo di gas naturale. In tutto il mondo esistono ormai numerosi impianti di questo tipo, e le tecnologie più all’avanguardia sono proprio quella italiana e tedesca. Tecnologie che consentono di minimizzare le emissioni nocive. La possibilità di produrre grandi quantità di acciaio con le nuove tecnologie dipende dalla disponibilità di grandi quantità di gas naturale e di energia elettrica. In Puglia sta per arrivare un enorme quantitativo di gas attraverso il gasdotto TAP. Questa nuova infrastruttura potrebbe essere l’occasione per liberare la Puglia dalla morsa del carbone.
Si potrebbero così aprire prospettive prima inimmaginabili per la salvaguardia sia dell’ambiente, sia dell’occupazione e per il mantenimento in Puglia di maggiori quote di energia elettrica prodotta, come risulta evidente dall’analisi di alcuni dati:

–       Capacità produttiva ILVA: 10 Milioni t/a di acciaio (autorizzata 9 Milioni t/anno)
–       Portata iniziale gasdotto TAP: 10 Miliardi mc/anno di gas naturale
–       Portata di progetto a regime Gasdotto TAP: 20 Miliardi mc/anno di gas naturale
–       Fabbisogno gas per 100% capacità produttiva ILVA: 2,95 Miliardi mc/anno
–       Energia Elettrica totale prodotta in Puglia (2014): 38.000 GWh
–       Energia Elettrica da rinnovabili (E+F) prodotta in Puglia (2014): 8.000 GWh
–       Energia Elettrica consumata in Puglia (2014): 17.000 GWh
–       Fabbisogno EE per 100% capacità produttiva ILVA con forni elettrici: 3.500 – 5.000 GWh

Peraltro si evidenzia che, per coprire il fabbisogno di energia elettrica necessaria alla produzione di 5 milioni t/a (circa 2.500 GWh), all’incirca l’attuale livello produttivo di ILVA che già soddisfa il mercato, sarebbe sufficiente meno di un terzo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (8.000 GWh) prodotta in Puglia. L’utilizzo del forno elettrico renderebbe, inoltre, conveniente trattamenti a valle di metallurgia secondaria in forni di affinazione in forni siviera  (LF) o a vuoto (VD) e quindi di produrre acciai di alta qualità, il cui mercato, allo stato dell’arte, sembrerebbe, l’unico in grado di garantire ad ILVA una opportunità di sviluppo futuro. Non è, purtroppo, un mistero che, la gestione attuale dell’ILVA comporta perdite pari a circa 50 milioni di euro al mese.
Con le risorse che potrebbero rendersi disponibili da parte del Governo (1,2 miliardi) è possibile realizzare un nuovo impianto di produzione di 2 linee da 2,5 milioni t/a ciascuna, per un totale di 5 milioni t/anno (all’incirca l’attuale assetto produttivo in marcia), articolate su riduzione diretta (DRI), forno elettrico (metallurgia primaria) e forni di affinamento (metallurgia secondaria), i cui fabbisogni sarebbero:

–       Minerale di ferro: 7 milioni t/a
–       Gas naturale: 1,4 miliardi m3/a
–       Energia Elettrica: 2.500 Gwh/a

I tempi di realizzazione di tale nuova configurazione dell’industria si attestano, da una indagine conoscitiva effettuata per impianti analoghi già funzionanti, sui 18 mesi. È opportuno, tuttavia, considerare una fase intermedia e transitoria nelle more della piena operatività TAP ed una a pieno regime. In tale prima fase il gas riducente per il nuovo processo DRI potrebbe essere fornito da SNAM Rete Gas, rivisitando le citate previsioni gestionali di cui al Piano di Gestione Rete SNAM.
Alternativamente, il gas potrebbe essere autoprodotto, prevedendo allo stesso tempo di alimentare i forni elettrici con rottame ferroso derivante dalla dismissione impianti. Lo studio prevede anche la realizzazione di moderni impianti di trattamento acque a ciclo chiuso con recupero di calore da cascami termici. In ultimo, si evidenzia che nel transitorio e nelle more della realizzazione dei nuovi forni elettrici, è necessario procedere alla definizione di uno studio di fattibilità dell’intero intervento che preveda la realizzazione dei nuovi forni elettrici in continuità con l’area dedicata alla colata continua e di una zona “preridotto” da allocare possibilmente in area portuale, in modo che sia ridefinito tutto l’assetto portuale di Taranto e delle aree connesse, come ad esempio quelle “Yard ex Belleli”, in modo da procedere alla bonifica dei suoli e le falde soggiacenti l’area Parchi e l’area Gestione rottami ferrosi (GRF).
Per gli aspetti connessi alla problematica “lavoro” è necessario prevedere percorsi formativi che vedano impegnate tutte le figure professionali attualmente in servizio (dipendenti interni e ditte terze), tenuto conto delle esigenze operative connesse alla dismissione degli impianti e alla bonifica delle aree interne allo stabilimento. I costi per la realizzazione di questo percorso sono da valutare unitamente ai costi per gli adeguamenti alle BAT (migliori tecniche disponibili secondo AIA), costi sanitari, costi sociali e alle attuali perdite economiche.

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