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Covid, un anno dopo: cosa abbiamo imparato? Giovedì 8 aprile ne discute la FADOI Puglia a convegno al “Miulli”

Un anno di convivenza con il Covid ha cambiato in maniera determinante le abitudini di vita e di relazione a tutti i livelli sociali, ma cosa è accaduto dal punto di vista medico e cosa ci aspetta nella battaglia al virus per il prossimo futuro? Questi argomenti saranno al centro del convegno di giovedì 8 aprile 2021 in FAD sincrona dal titolo “Covid un anno dopo: cosa abbiamo imparato?“, organizzato da Fadoi Puglia e patrocinato dall’EE Ospedale F. Miulli, rivolto a tutti coloro che vorranno avere una fotografia dello stato dell’arte ad un anno dall’inizio della pandemia.

Specialisti esperti, in prima linea da oltre 12 mesi, metteranno a confronto le esperienze personali, condivideranno i protocolli e daranno la misura dell’impegno e delle competenze che la Medicina Interna ha saputo mettere in campo nella lotta al Coronavirus. Si affronteranno dunque i temi che riguardano il coinvolgimento di vari organi ed apparati durante l’infezione; si parlerà delle terapie utilizzate e si analizzeranno i vaccini oggi disponibili, unica arma al momento a disposizione per limitare il contagio e ridurre gli effetti della malattia. I relatori alimenteranno il dibattito con esperienze personali, evidence based, per aggiungere un tassello alla comprensione ed alla gestione della malattia da Covid-19.

«Molti di noi, medici e infermieri della Medicina Interna, hanno dato un formidabile contributo in termini di assistenza e purtroppo anche in termini di vite cedute alla malattia», spiega il dott. Franco Mastroianni, Presidente FADOI Puglia. «In questo anno difficilissimo per il sistema sanitario si è osservato un progressivo adeguamento delle procedure, delle terapie, delle diagnosi e in generale della gestione del paziente affetto da Sars Cov2. Questa esperienza maturata sul campo sarà il tema di questo convegno».


Cosa abbiamo imparato in un anno di epidemia?
Innanzitutto che non esiste una sola forma di malattia da Covid 19. In particolare, sono state classificate tre forme di malattia (in merito alla durata dei sintomi):
COVID-19 acuta: segni e sintomi attribuibili al COVID-19 di durata di circa 4 settimane.
COVID-19 sintomatica persistente: segni e sintomi attribuibili al COVID-19 di durata compresa tra 4 e 12 settimane.
Sindrome post-COVID-19: segni e sintomi sviluppati durante o dopo un’infezione compatibile con COVID-19, presenti per più di 12 settimane e non spiegabili con diagnosi alternative.

Quali sono gli effetti a medio termine dell’infezione da SARS Cov2?
Long Covid: è la persistenza di alcuni sintomi per almeno due mesi dopo la fase acuta dell’infezione. Si tratta di stanchezza persistente, mal di testa, mancanza di respiro, anosmia, debolezza muscolare, febbre, alterazioni cognitive (brain fog), tachicardia. Il genere femminile ha il doppio delle probabilità di sviluppare il Long COVID, rispetto agli uomini, ma solo fino a circa 60 anni, quando il livello di rischio per i due generi diventa simile.
Sulla funzione respiratoria: fino a 4 mesi dopo l’infezione, in caso di polmonite bilaterale e lungo decorso clinico, in poco meno del 50% dei pazienti la funzione respiratoria appare compromessa con notevole riduzione delle perfomances. Pertanto è molto importante applicare a questi pazienti un protocollo di riabilitazione respiratoria precoce al fine di accelerare il recupero della piena funzione respiratoria.
Sulla funzione cardiaca: miocarditi e pericarditi sono stati i fenomeni più osservati in pazienti con infezione grave da Sars Cov2.

Sulla funzione neurologica: molti pazienti che hanno avuto l’infezione da Sars Cov2 anche in forma lieve sperimentano per diversi mesi dopo alcuni sintomi neurologici come deficit di concentrazione, facile affaticabilità, mal di testa, una “nebbia mentale”, sintomi simili a quelli che si verificano dopo una commozione cerebrale.

Qual è il ruolo dei vaccini?
In questo ultimo mese abbiamo osservato una significativa riduzione: fino al 60% in Italia per la mortalità e infezioni nel personale socio-sanitario, mentre in Inghilterra fino al 90% della mortalità tra i soggetti ultraottantenni. Ciò è dovuto sicuramente alla vaccinazione. Il vaccino protegge dagli effetti della malattia e riduce la virulenza del virus (cosiddetta immunità di gregge). Si tratta pertanto di un presidio che ha una valenza pe

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