Donato Bergamini era morto già prima dell’incidente
A distanza di quasi 23 anni, si riapre l’inchiesta sulla morte di Donato Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (CS). La dinamica della sua morte è degna del miglior copione di teatro: Denis si sarebbe suicidato gettandosi sotto le ruote di un tir (un Iveco 180 4 assi) ed il suo corpo sarebbe stato trascinato per 60 metri. Ma le foto scattate subito dopo il sinistro fanno a cazzotti con la realtà: il corpo di Denis è integro, e gli oggetti che indossava al momento dell’incidente (catenina d’oro, orologio e scarpe di camoscio Tod’s) sono intatti. Eppure Denis si era gettato sotto le ruote di un mezzo che pesava 135 quintali. Dubbi, questi, che hanno portato i Ris di Messina a depositare la loro perizia presso la Procura di Castrovillari (CS).
Fantomatica è anche la testimonianza che ha fatto l’ex ragazza del calciatore, Isabella Internò: quel 18 novembre era sabato (quindi, vigilia di una gara di campionato) e Denis avrebbe abbandonato il cinema ‘Garden’ di Cosenza, dove la squadra era solita trascorrere le vigilie delle gare casalinghe, per dirigersi a Rende, paese della Internò, e costringerla ad accompagnarlo a Taranto, da dove avrebbe preso una nave. Il motivo? Bergamini, stando alle parole della ragazza, era stufo dell’Italia e voleva andare all’estero, in Grecia o in Amazzonia. Piccoli particolari: da Taranto non partono navi per la Grecia e, soprattutto, Denis aveva in tasca un assegno e circa 700 mila lire, moneta non valida all’estero.
La Internò, inoltre, ha confessato che Denis si sarebbe buttato sotto le ruote del mezzo con un tuffo, come si fa solitamente in piscina. Peccato che anzichè acqua, ci fosse l’asfalto bagnato della SS 106 Jonica, nota anche come ‘la strada della morte’. I compagni di squadra di Bergamini hanno subito scartato l’ipotesi del suicidio: Denis era una persona solare, che amava scherzare e stare in compagnia.
Le indagini, ora, dovranno chiarire chi e perchè ha ucciso Bergamini. Sono passati 23 anni, nei quali la memoria del calciatore è stata infangata da tesi ridicole: la fuga senza motivo verso Taranto, il tuffo a pesce sotto le ruote del camion, le incongruenze tra le parole dell’autista del mezzo e della Internò. 23 anni per capire che Denis è stato ucciso. Era così difficile arrivare a questa conclusione?