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Donna: l’AMORE che la uccide

Ogni anno, la puntuale fioritura delle mimose ricorda che dal 1975 l’ONU ha riconosciuto e fissato l’8 marzo quale Giornata Internazionale della donna. Ma si può parlare davvero di donna, nella sua unicità di essere, riconosciuto con tutta la sfera dei suoi diritti naturali e sociali? Nei Paesi occidentali la donna ha ottenuto tutto ciò che per secoli all’ universo femminile era stato precluso: libertà, indipendenza, autonomia, accesso a tutte le professioni lavorative. Purtroppo, però, si combatte ancora contro la violenza, l’intolleranza, la repressione; ostacoli questi che negano anche le libertà fondamentali, i diritti alla vita, alla salute. In Italia, una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, è vittima dell’aggressività di un uomo. Secondo i dati del Fondo delle Nazioni Unite per la Donna, l’Unifem, la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne tra i 16 e 44 anni: più del cancro, degli incidenti stradali e delle guerre.

In media, una donna su 5 è vittima di violenze. La violenza contro le donne si scatena quasi sempre all’interno delle mura domestiche. L’autore è nel 48% dei casi il marito, nel 12% il convivente nel 23% l’ex; si tratta poi di un uomo tra i 35 e i 54 anni nel 61% dei casi, di un impiegato nel 21%, e di una persona istruita (il 46% ha la licenza media superiore e il 19% la laurea). Il persecutore non fa poi in genere uso di alcol e di droghe (63%). Una vergognosa conta, quella delle donne vittime di violenza, che nel 2013 è arrivata a quota 128, con una rapida escalation: ad agosto risultavano un’ottantina di casi e le richieste di aiuto di donne vittime di stalking al numero attivato da Telefono Rosa sono aumentate nei primi sei mesi del 2013 di circa il 10%. Anche il profilo della donna-vittima descrive una persona piuttosto normale: una donna di età compresa fra i 35 e 54 anni, con la licenza media superiore nel 53% e la laurea nel 22%. Percentuali e numeri amplificati da altri numeri.

Questi dati agghiaccianti fotografano l’urgenza di un’azione concreta, che vada nella direzione di un contrasto psicologico, fatto di un rinforzo delle difese a partire dalla coscienza delle paure e dalla conoscenza degli strumenti di offesa degli assalitori. E’ da qui che nasce questa iniziativa delle Associazioni “Milac” “Alicante” e “La città partecipa” di Giovinazzo. Non si tratta di un consueto evento strumentalizzato dalla politica turnante. Il tentativo è invece quello di contribuire al progresso civile e culturale di una comunità, fornendo elementi per una diagnosi “in casa”, familiare: proveremo a tracciare l’identikit dell’uomo violento.

 

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