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Eustachio Dragone ed il ‘Teatro Fatto in Casa’

Matera vive la sua magia teatrale grazie alla partecipazione della gente comune, che tutti i giorni vive la quotidianità come un normale cittadino. Ed è proprio vero che “i migliori attori sono quelli che non calcano le scene” e, aggiungiamo, quando o fanno o sanno essere interpreti di se stessi pronti a dare al personaggio quell’empatia e simpatia che ne caratterizzano le peculiarità di un’opera. Matera ha perso di recente uno dei suoi attori che negli ultimi anni ha sempre più guadagnato quella simpatia della gente che in teatro lo ha applaudito. E questi altri non è che Eustachio Dragone. Persona che alla città di Matera ha dato tanto del suo essere persona, essere giocatore del Matera, professore e quindi educatore della scuola, e, in ultima figura ha dato anche molto da punto di vista attoriale. Per entrare in questo mondo magico che lo affascinava , ne parliamo con Massimiliano Burgi, autore di diversi lavori teatrali interpretati da Eustachio Dragone e sua moglie, perché ci faccia un tracciato di cosa è stato Eustachio Dragone nella esperienza teatrale, di quel Teatro fatto in casa:

“Il legame di Eustachio Dragone con il Teatro Fatto in Casa è molto stretto, il nome della compagnia nasce proprio dalla disponibilità data da Eustachio e sua moglie Rosa, ad ospitarci a casa loro per le prove teatrali. Eustachio è stato con il primo gruppo a calcare i primi palcoscenici, ricavati in saloni parrocchiali o teatri di periferia, man mano la compagnia si è ingrandita, con la formazione dell’equipe della scenografia, dei costumi, ma portando alta la bandiera dell’essere famiglia tutti insieme. Ed Eustachio era in questo essere famiglia una testimonianza fondamentale”.

Cosa ha significato la sua presenza all’interno di una compagnia che amava tanto?

“Discreta ma di riferimento. Recitava sempre portando in scena qualcosa della sua vita reale, si esibiva con piacere con tutti, ma la sua massima espressione era recitare con Rosa, con cui aveva un’affinità già collaudata negli anni di matrimonio che gli permetteva battute improvvisate molto belle e genuine. Negli ultimi tempi, in particolare, sentiva forte il desiderio di impersonare con Rosa il ruolo di marito e moglie anche sulla scena, per evidenziare la sintonia e l’unità che rilegava nella vita da ben 56 anni. Ma io che scrivo le commedie, anche nell’ultimo spettacolo, ho tratteggiato per loro due personaggi distinti e separati che potessero dialogare con altri attori della stessa compagnia. Nonostante la benevole disapprovazione per il ruolo lontano da Rosa, Eustachio ha recitato bene la sua parte impegnandosi fino allo stremo delle sue forze, per poter recitare al meglio e trasmettere al suo pubblico un momento di serenità e famiglia. Un giorno sono stato a trovarlo a casa perché era a letto con la febbre, per via della sua salute divenuta negli ultimi anni molto precaria. L’ho trovato con il copione della commedia in mano che ripeteva la sua parte, è stato commovente”.

Vogliamo ricordare i suoi personaggi?

“Il signore benestante e burbero in ‘Tutti i nodi vengono al pettine’, lo zio scapolone in ‘L’amore ritorna sempre’, il parente saggio in ‘La vera eredità’, il narratore nel ‘Il fuoco e la paglia’ e nell’ultima, ‘Trattoria Sant’Eustachio’, il nonno cliente della trattoria. Ogni personaggio era interpretato in maniera nuova ma con il suo timbro tipico. Eppure non aveva frequentato una scuola di recitazione, ma era di sprone il portare sulla scena momenti di vita vissuta e donarli per amore, aspettando la risata del pubblico, l’applauso e il commento positivo come approvazione di quanto si era donato”

Molto caratteristico il suo modo di recitare in dialetto materano?

“L’amore per il dialetto materano, considerato da lui una vera e propria lingua (sapeva declinare bene le origini di molte parole e di soprannomi), districandosi benissimo tra il latino e l’italiano”

A livello sociale cosa ricorda Massimiliano?

“Un altro aspetto importante per la compagnia e che stava a cuore allo stesso Eustachio è il sostegno delle adozioni a distanza, la compagnia ne ha ben dieci. Piaceva molto ad Eustachio la maniera che abbiamo pensato di presentare i ragazzi in adozione: a fine spettacolo si fa buio in sala e si leggono i nomi dei bimbi in adozione indicando i loro paesi, per ogni bambino si accende una luce, simbolo della speranza accesa per la sua vita attraverso l’adozione”.

Vi mancherà molto?

“Si. Adesso la compagnia TFiC si avvia a vivere una nuova esperienza, quella di avere un suo “artista” in Cielo, nessuno potrà prendere il posto di Eustachio. Lui potrà avere un ruolo diverso, ma questa volta lo facciamo decidere direttamente a lui che oramai vive nella Sapienza più piena”.

Carlo Abbatino

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