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Fondi nazionali e europei, finanza agevolata, soluzioni e opportunità

Terzo appuntamento della nostra rubrica di economia e finanza.
L’argomento verte sulla finanza agevolata, sui fondi europei, nazionali, regionali ed enti.
Faccio una piccola premessa, che credo dia un senso pratico della situazione attuale.
Le istituzioni politiche hanno determinato in qualche maniera le scelte progettuali delle nostre aziende, enti e società favorendo ed individuando le aree di interesse, a suon di finanziamenti, molte volte legati a percentuali di fondo perduto.
Ora il nostro imprenditore monitora con attenzione le opportunità che si pongono, non sviluppando più scelte e strategie, ma adeguandosi alle linee stabilite dalle istituzioni centrali. Questo porta, indirettamente, a limitare la libera imprenditoria, e di fatto a standardizzare le progettualità messe in campo.
Convengo che in determinati settori sia necessario una maggiore propensione all’ investimento e alla ricerca(vedi fonti rinnovabili e energetiche), stimolati dalla necessità di ridurre l’inquinamento, aumentare il recupero e riutilizzo dei rifiuti creando un circolo virtuoso. Ma in altri settori, ormai alla frutta, non ci sono progetti innovativi e sviluppo della ricerca, perché destinati all’ oblio. Questo perché non rientrano nelle aree
d’intervento programmate a livello mondiale ed europeo.
L’imprenditore, ormai non abituato al rischio d’impresa, coglie volentieri le opportunità ricevute in termini di fondo perduto ed incentivi, non sviluppando alcun nuovo progetto, ma si uniforma alla massa.
Se scorriamo le pagine web, e cerchiamo soluzioni e progetti per investire (parola troppo grossa di questi tempi), o meglio troviamo bandi europei e nazionali per ricevere risorse a fondo perduto, abbiamo una serie di siti specialistici che accompagnano il “novello” imprenditore nella richiesta di informazioni e adesione.
Abbiamo poi una stola di professionisti e non, santoni di livello nazionale e internazionale, che si prodigano nell’ offrire una consulenza mirata e “vincente”, in considerazione delle provvide percentuali di compenso che vanno a maturare.
Esiste proprio una vera lobby dei finanziamenti, che comprendono imprenditori, professionisti e non e dipendenti pubblici che maneggiano consistenti fonti di finanziamento. Tutto però si determina sulle scelte delle istituzioni pubbliche, sulla bontà dei progetti, sulla caparbia degli imprenditori e dei progettisti.
Ma in termini di risultato? Quanti di questi progetti vedono la luce? Quanti di questi progetti portano risultati, in termine di occupazione, di redditualità e continuità?
Nella mia piccola esperienza lavorativa, ho visto pochi progetti decollare, ed essere ancora attivi, perché non supportati da infrastrutture snelle ed efficaci, che avrebbero consentito maggiori risultati in termini di ricavi,di occupazione e benessere. Infatti questi progetti vengono denominati “progetto pilota”, che vivono di luce
propria, ma che non riescono a diffondersi sul territorio, creando un’anomalia economica preoccupante.
Altra considerazione da fare, viene dal mondo bancario. Fare banca oggi, non significa dare credito o favorire il risparmio, ma eseguire pedessiquamente le regole imposte dalle banche centrali, per controllare
lo stato di salute delle imprese e poterle abbandonare al suo destino quando la situazione si aggrava. Non svolgono più quella funzione di accompagnamento, di affiancamento, di affidamento, ma solo burocratica funzione di controllo e monitoraggio.
Chiaro che l’imprenditore, si trova solo a fronteggiare questa nuova e variata situazione, e trova ristoro alla sua “svuotata” iniziativa imprenditoriale con l’utilizzo dei fondi europei e nazionali, magari con maggiore percentuale di fondo perduto.
Questo equivale alla morte dell’IMPRENDITORIA, e mancanza di idee e progetti.
Horizon 2020, SIMEST, PON, FESR 2021-2027, Life 2020, Agricoltura e sviluppo rurale, Ciclovie urbane, Fondi ricerca carbone ed acciaio, fundraising, tante sigle e tante progettualità, che molte volte rimangono sulla carta, perché complesse e complicate, ma che trovano quale maggiore difficoltà la commercializzazione e diffusione dei prodotti realizzati.
Poche realtà riescono a sfruttare queste risorse e portarle a sistema, il più delle volte creando un
bell ’involucro privo di contenuti, magari rispettando l’ambiente e migliorando il sistema circostante, ma non realizzando altro. Abbiamo dei progettisti che sviluppano le linee guida delle istituzioni centrali, generando una serie di iniziative che mettono a disposizione degli investitori privati, senza valutare l’impatto che determinano sull’ economia e al mondo lavorativo.
 
Soluzione
 
Giusto l’approccio istituzionale, nel valutare le linee guide e programmi di sviluppo degli investimenti, ma magari cercando una maggiore cointeressenza dei gruppi d’investimento privati, che hanno da tempo investito sulla ricerca e su soluzioni legate a ricerche di mercato.
Le istituzioni devono si finanziare le attività imprenditoriali, non solo definendo le linee guida, ma
supportando in tutte le fasi operative l’imprenditore, invece di svolgere solo una funzione di controllo e rendicontazione degli investimenti per determinare la quota di fondo perduto da assegnare.
Valutare l’investimento da sostenere, magari individuando preventivamente l’area territoriale d’intervento in ragione del mercato di riferimento. Dotare queste aree delle infrastrutture tecnologiche (comunicazioni telematiche), stradali, ferroviarie ed aereoportuali che consentono la facilitazione degli scambi, creando di fatto aree economicamente sviluppate.
Adoperarsi, qualora il progetto non decolli, anche per colpa dell’imprenditore, a trovare nuove soluzioni operative, di aiuto tecnologico, tecnico e gestionale, magari rimpiazzando l’imprenditore ma salvaguardando l’investimento iniziato.
Non si può disperdere un investimento iniziato, non si possono lasciare cattedrali nel deserto, o mostruosi insediamenti industriali per incapacità di alcuni. In questo occorre avere una legislazione più moderna, più attuale, che sappia cogliere con immediatezza il problema e consentire di intervenire celermente senza attendere inutilmente l’esito di annosi processi.
La pubblica amministrazione può svolgere in tal senso un importante ruolo. Non a caso, i nostri enti locali edin particolare le Regioni, hanno la gestione di molti fondi europei, ma emergono molte criticità.
Su tutte, quella più evidente, oltre al cattivo uso delle risorse, rimane l’incapacità di utilizzare pienamente i fondi messi a disposizione dalle istituzioni europee e nazionali.
Abbiamo una classifica, impietosa, che differenzia le nostre regioni d’Italia. Quasi a significare che siano entità separate, e mettendo in luce le notevoli differenze che rimarcano l’assenza del senso di appartenenza all’Italia.
Non si può creare una classifica di merito, che evidenzi la migliore organizzazione delle varie regioni,dispiacendosi di non aver saputo utilizzare pienamente le risorse europee e nazionali. L’amministrazione statale avrebbe dovuto mettere in campo una “task-force” competente e competitiva per ottimizzare le risorse disponibili e portare avanti precisi obiettivi di politica economica. Disperdere queste risorse, non portare a sistema gli obiettivi, rende sempre meno competitivo il nostro paese.
Lo si vede anche a livello regionale, dove nelle more delle progettualità degli enti locali, si trovi ancora modo di sanare bilanci passivi di enti in pre-dissesto o in dissesto con l’utilizzo di detti fondi. Gravi le lacune di molti organismi preposti all’ erogazione di fondi, o alla formazione dell’iter procedurale richiesto da organismi sovranazionali, che portano a nulla.
Una maggiore formazione, con anche il ricorso a professionisti privati, sarebbe auspicabile.
Le istituzioni devono svolgere una funzione propulsiva, di orientamento ed assistenza alle procedure, di snellimento, rispettando comunque la burocrazia amministrativa e contabile europea, ma ottimizzando le risorse fisiche, finanziarie ed umane.
L’approccio deve cambiare, gli imprenditori devono tornare a rischiare, magari rinunciando ad investimenti a maggior percentuale di fondo perduto, ma individuando progetti e progettualità a maggiore impatto economico e occupazionale. Mettere in moto l’economia è la sfida del momento, specie dopo la crisi delle Torri Gemelle, la crisi finanziaria e l’attuale COVID-19.
L’analisi è impietosa, ma reale. L’apporto che l’Europa darà all’ Italia è l’ultima opportunità che il nostro paese ha. I 172 miliardi promessi vanno capitalizzati ed utilizzati per creare una infrastruttura ed una progettualità innovativa, ma che impatti con l’economia reale, che consenta di salvaguardare l’attuale bacino occupazionale e creare sbocchi per una crescita lavorativa,  economica ed imprenditoriale. Realizzare un’economia “circolare”, intesa come una economia capace di autoalimentarsi e con continui adattamenti ai cambiamenti del mercato, tali da non fermarsi mai come un moto “PERPETUO”.
 
                                                                                                                             Natale Lucarella

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