Fondovalle Cavonica, l’assessore Benedetto scrive alla Provincia di Matera e annuncia la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria
La predisposizione immediata “di tutto quanto è di competenza dell’Ente al fine di ripristinare le normali condizioni di percorribilità della fondovalle Cavonica in termini di sicurezza pubblica, tenuto conto del concreto rischio di reiterazione delle più volte segnalate criticità, allo stato non ancora superate” è stata sollecitata dall’Assessore regionale alle Infrastrutture Nicola Benedetto in una lettera inviata al Presidente della Provincia di Matera Francesco De Giacomo. L’Assessore – che l’ha definito “uno degli esempi peggiori di come si costruiscono infrastrutture viarie e di conseguenza di come si impiegano risorse pubbliche” – preannuncia l’intento di trasmettere gli atti all’Autorità giudiziaria competente affinché valuti eventuali responsabilità anche di natura penale.
“Si apprende con rammarico – scrive Benedetto – che l’Ente provinciale, nonostante i ripetuti solleciti mossi dal Dipartimento Infrastrutture, che ha anche dedicato alla questione numerose riunioni dell’ Osservatorio Regionale delle Opere Pubbliche, si limita, per il tramite della dirigenza tecnica, ad invocare una presunta conformità dell’opera agli atti progettuali presenti, così ritenendo superate le verifiche in punto di responsabilità dello stato di degrado dell’arteria e delle cause che lo hanno determinato, nonché eludibile l’urgenza di porre rimedio ai fenomeni di dissesto e di precarietà emersi su un piano stradale di recente esercizio. Ebbene, le sintetiche e non verificate motivazioni addotte dalla Provincia – afferma l’assessore – non possono essere condivise”.
Nella lettera si ricostruisce l’iter progettuale. L’opera stradale – finanziata dalla Regione con un importo di € 19.168.000,00 – è stata collaudata nel novembre 2014 ed aperto al traffico veicolare già dal gennaio 2013, a seguito di presa in consegna anticipata. Al progetto esecutivo è stata apposta una variante tecnica e suppletiva, approvata dall’Amministrazione Provinciale (con determina n. 2025 del 02/08/2010), motivata dalla necessità da un lato di adeguare le strutture in cemento armato. alle nuove Norme Tecniche sulla Costruzioni (NTC) di cui al Decreto Ministeriale del 14/01/2008, pubblicate sulla G.U. n.29/2008, entrate in vigore dal 01/07/2009; e dall’altro dal verificarsi di cause impreviste e imprevedibili per motivi geologici e idraulici (natura dei terreni).
Nell’ambito della prima motivazione la Provincia, richiedeva all’A.T.I., di procedere all’adeguamento, a propria cura e spese, del progetto esecutivo alle intervenute Norme Tecniche sulla Costruzioni (NTC), di cui al Decreto Ministeriale del 14/01/2008.
In ordine alla seconda motivazione, posta a giustificazione della variante, nella relazione di perizia si invocano gli eventi meteorici eccezionali, abbattutisi nell’area e che avrebbero determinato una situazione geologico-geotecnica impossibile da prospettare ex ante in sede progettuale, perché imprevedibili. Anche questa motivazione – è scritto nella lettera – merita di essere respinta giacchè non può attribuirsi la perdita di coesione e di resistenza al taglio dei terreni interessati ed i conseguenti fenomeni di rilassamento e franamento delle scarpate, al prodotto delle sole piogge eccezionali.
“Non sfugge, infatti, al Dipartimento – continua l’assessore – l’incidenza delle anomale variazioni delle categorie di lavoro del progetto iniziale rispetto a quelle previste in perizia di variante, individuabili principalmente nell’aumento dei volumi di scavo e nella riduzione delle importi complessivi appostati sulla pavimentazione, con diminuzione delle opere d’arte secondarie, sui fenomeni di precarietà e di dissesto dell’arteria stradale. Perciò, la regimentazione delle acque appare compromessa in diversi tratti risultando in parte assenti le relative opere ai lati del piano viabile e, in altri, non più efficienti per l’evidente occlusione delle medesime. Sulla scorta della più puntuale e dettagliata ricostruzione della vicenda in questione – evidenzia Benedetto – non appare oltremodo giustificabile la tardività dell’intervento di ripristino della sicurezza del piano stradale dissestato poichè rende tutti i soggetti pubblici e privati, a vario titolo coinvolti nella vicenda, responsabili del crescente pericolo derivante alla incolumità pubblica; pericolo – per chi quotidianamente percorre il troncone di recente costruzione – che si corre non solo lungo la carreggiata al km 7 +800 (sezione 248) ma su buona parte del tratto stradale soggetto ad avvallamenti, buche e profonde fenditure nell’asfalto.
Tanto, rende immediato un giudizio di non congruità dei lavori di risanamento – da ultimo – effettuati dalla ditta appaltatrice), anche in forza del mancato intervento lungo la sezione 248, che presenta la più grave manifestazione di dissesto verificatasi sul tratto d’interesse. A tal proposito, appare più confacente al ruolo istituzionale, non limitarsi a reiterare una formale diffida alla impresa “per i lavori di ripristino non ancora eseguiti” (visto l’ampio arco temporale nel frattempo intercorso), ma promuovere attivamente il ripristino della sicurezza pubblica, richiedendo l’intervento dell’Autorità Giudiziaria territorialmente competente con denuncia dei relativi abusi ed omissioni.
E’ bene precisare che – continua la lettera dell’assessore – la segnalazione di ogni forma di pratica ovvero condotta illegale non costituisce un atteggiamento discrezionale dell’Ente pubblico ma un Dovere istituzionale “di comunicazione obbligatoria alle competenti autorità giudiziarie di condotte ritenute illecite”. Né quest’ obbligo può essere subordinato al mancato adempimento della condotta richiesta alla ditta con formale atto di diffida. Giova, inoltre, osservare che dei pericoli derivanti dalla deficitaria ed inadeguata costruzione e/o manutenzione di strade risponde l’ente pubblico proprietario e/o gestore dell’infrastruttura lasciata in stato di abbandono, di degrado e di instabilità, nonché tutti coloro che sono tenuti alla conservazione ed alla vigilanza del medesimo bene, configurandosi, non da ultimo, una responsabilità ex art. 328 c.p. per avere omesso ogni intervento necessario a scongiurare conclamati pericoli alla incolumità e alla sicurezza pubblica, ovvero, per non aver arrestato condotte arbitrarie, di contro favorite significativamente dal mancato esercizio della doverosa vigilanza.