Franchini (CISL): “Dalle fondazioni bancarie ancora pochi investimenti nella nostra regione”
Uno degli aspetti che la pandemia ha evidenziato rispetto al divario Nord-Sud è che il Sud ha potuto godere molto poco del sostegno economico delle fondazioni bancarie e delle fondazioni sostenute dalle grandi imprese e dei grandi marchi. Il Mezzogiorno ha vissuto prevalentemente della piccola solidarietà tra poveri, quella delle parrocchie, della beneficenza dei cittadini, quella che si può sintetizzare con la frase comparsa su un cartello di un vicolo di Napoli e poi replicata altrove “chi ha metta, chi non ha prenda”. Tutto ciò è documentato da uno studio dell’Associazione di fondazioni e di casse di risparmio che ha mappato la loro presenza sul territorio. E’ evidente la grande concentrazione al Nord di questo fenomeno e delle conseguenti risorse di sostegno allo sviluppo e della scarsa presenza nel Sud e in Basilicata.
Le fondazioni hanno un grande ruolo nella qualificazione della spesa e nelle ricadute non solo economiche, ma soprattutto sociali, sul territorio. Infatti, le fondazioni di origine bancaria rappresentano un importante motore per lo sviluppo sociale, culturale ed economico dei territori nei quali operano perché sostengono economicamente una pluralità di progetti che riguardano le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, gli istituti di ricerca, le università, gli ospedali, gli enti locali.
Esse destinano al territorio risorse per l’inclusione sociale della popolazione, per la tutela del patrimonio artistico e culturale, per lo sviluppo delle infrastrutture locali, ma la vera differenza è data dal fatto che, per la tipologia di reti che sostengono, le fondazioni alimentano in particolare la solidarietà sociale, i legami tra soggetti, la capacità di reazione di un sistema, la cosiddetta resilienza.
Non è un caso che, sebbene il Sud sia stato toccato dalla pandemia con numeri ben diversi dal Nord, stia però mostrando una scarsa capacità di reazione, di ripensamento del suo sistema sociale ed economico, di adattamento alle modalità di lavoro agile, con un sistema produttivo non si sta orientando verso l’innovazione e lo sviluppo sostenibile.
Le fondazioni, bancarie e non, hanno come missione quella di portare avanti progetti di pubblica utilità: riversare i proventi del patrimonio loro conferito nel finanziamento di iniziative socialmente utili nei territori di riferimento, sostenere obiettivi non profit di utilità sociale a favore delle comunità locali. E’ davvero preoccupante la scarsa presenza di fondazioni di origine bancaria e di impresa in una regione come la Basilicata dove il risparmio privato, con depositi su libretti, raggiunge cifre davvero ragguardevoli; una regione che vede la presenza sul suo territorio di grandissimi marchi internazionali che però non sostengono, in maniera diffusa e significativa, grandi progetti per la qualità della vita, la cittadinanza attiva, il senso civico, il benessere sanitario, l’inclusione sociale tra le comunità locali.
Queste fondazioni dovrebbero, ora come non mai, sostenere l’idea che ogni crisi è una opportunità se si cavalca l’effetto rimbalzo, ossia sostenendo la trasformazione del sistema economico in ottica di economia sostenibile e circolare. In un punto zero creato dalla pandemia, la Basilicata potrebbe partire da questo zero per fare un salto nel modello economico e sociale europeo che si sta prefigurando.
Grazie alla didattica a distanza potrebbe trattenere tanti giovani che emigrano nella scelta dell’ università, e i piccoli paesi, adeguando le infrastrutture tecnologiche, potrebbero tornare a popolarsi grazie al south working, come suggeriscono in più importanti studi di urbanistica, interrompendo cosi la desertificazione sociale; grazie all’economia sostenibile si potrebbe arginare il degrado del paesaggio urbano e rurale; grazie alla digitalizzazione si potrebbe contenere il divario infrastrutturale che necessita di decenni per essere (forse) colmato.
Ricordiamo, inoltre, che alla carenza di investimenti delle fondazioni si aggiunge anche un altro storico divario, quello della spesa pubblica annua pro-capite del settore pubblico allargato, per cui oggi un cittadino del Centro-Nord riceve in media 17.065 euro, mentre il cittadino meridionale riceve 13.394 euro e un cittadino lucano 15.123 euro.
Il tema quindi della pluralità dei soggetti che investono sul territorio diventa questione di straordinaria importanza per il futuro della Basilicata, e dovrebbe essere uno sprone per tutte le grandi aziende nazionali ed internazionali che hanno in Basilicata insediamenti produttivi: il futuro di questi dipende anche dal futuro dell’intero territorio il cui depauperamento umano e di risorse economiche investirà poi tutti e tutto. Una lezione che ci sta dando il Covid-19 è che siamo tutti in un unico grande sistema di interrelazioni e non ci si salva da soli.