Gioco d’azzardo, business per pochi, patologia per molti. Perché è una piaga che riguarda tutti noi
Il gioco d’azzardo è una piaga. Una patologia. E, spesso, un business per la criminalità organizzata. Se ne parlerà a Senise, il prossimo 5 aprile alle 18.30 nella sala convegni del complesso di San Francesco, in un evento che ha anche il patrocinio del Comune. Saranno presenti: don Marcello Cozzi della segreteria nazionale dell’associazione Libera, il dottor Alberto Dattola responsabile del Servizio Dipendenze di Lagonegro e sarà riportata la testimonianza di Andrea Costantino.
Nessun territorio, neanche quello più piccolo e apparentemente lontano dalle dinamiche malavitose, ne resta fuori. Ed è quello che ha portato alla luce l’operazione ‘Ndrangames, l’indagine della Dda di Potenza che, nei mesi scorsi, aveva portato dietro le sbarre alcuni potentini legati al clan Martorano e una serie di persone appartenenti alle cosche della ’ndrangheta calabrese facenti capo al boss Nicolino Grande Aracri. Sette società sequestrate tra Calabria, Puglia, Emilia Romagna e Lazio (una anche all’estero), quasi tremila macchinette da gioco e video slot sequestrate in circa 200 esercizi pubblici di mezza Italia a partire dalla Basilicata. Gli inquirenti hanno stimato un fatturato illecito di circa duecentomila euro l’anno per ogni apparecchio, e un sistema che generava un giro d’affari da parte dei clan pari a circa seicento milioni di euro all’anno. Solo nella provincia di Potenza sono state sequestrate 200 macchinette.
I comuni lucani coinvolti sono tanti: Potenza, Balvano, Rapolla, Tolve, Rionero in Vulture, Venosa, Senise, Tito, Marsicovetere, Viggiano, Vaglio di Basilicata, Pietragalla, Salandra, Pisticci e Nova Siri. A loro don Marcello Cozzi aveva lanciato un appello per la costituzione di parte civile nel processo.