Il CSAIL Basilicata chiede lumi sull’ospedale di Villa d’Agri
L’ospedale zonale di Villa d’Agri è, per caso, un deposito di attrezzature da prelevare e prestare agli altri ospedali? Potrebbe essere questo un interrogativo solo apparentemente polemico. Così non è, dopo il prestito dell’attrezzatura da Villa d’Agri all’Uo Oculistica del San Carlo per consentirgli di funzionare. “E’ evidente – spiega Filippo Massaro del CSAIL Basilicata – che aver risolto un problema a numerosi pazienti in attesa di interventi di cataratta e parcheggiati al San Carlo, non può che farci piacere. Solo che è anche questo il segno che il nostro continuo richiamo al Dipartimento Salute della Regione, alle direzioni dell’Asp e dell’Ospedale di Villa d’Agri a definire un progetto per questa struttura e quindi allontanare ogni sospetto di declassamento o smantellamento. Nonostante le smentite sulla stampa di qualche dirigente del nosocomio valligiano – dice Massaro – per i cittadini del comprensorio il diritto alla salute viene negato dalla strategia ‘strisciante’ di ridimensionare fortemente servizi e prestazioni, chiudendo o smantellando un’unità operativa alla volta, sino a farlo diventare un semplice poliambulatorio. Per questo condividiamo e sosteniamo le azioni di protesta dei cittadini del Senisese che difendono a denti stretti l’ospedale di Chiaromonte. Sappiamo bene cosa significhi per un intero territorio poter contare su un ospedale invece di doversi trasferire al San Carlo di Potenza anche per modeste prestazioni e visite di routine.
Troppi aspetti – aggiunge Massaro – ci preoccupano per le sorti della struttura ospedaliera al servizio di una vasta utenza: è assurdo che il laboratorio di analisi sarà trasferito in una nuova ala al primo piano, mentre la terapia cardiologica intensiva nell’interno a piano terra vicino alla cappella ed alle sale mortuarie; quindi quando entra l’infartuato in Utic o Cardiologia legge subito il cartello ‘sale mortuarie’ ed è ben sistemato per altro infarto.
E’ assai precaria la situazione del personale che a seguito di pensionamenti e trasferimenti in parte è stato sostituito con ritardi biblici e con nomine a tre mesi che non incoraggiano certamente chiunque pensi di venire a lavorare nella nostra zona. L’ospedale risente fortemente dell’assenza di meritocrazia nella scelta di professionisti e di un ‘vero’ manager capace e competente. Tutto ciò perché la politica è ancora molto ‘invasiva’: capisco la raccomandazione di un infermiere, ma non di un primario o del Direttore Generale Pasquale Amendola, che ha dimostrato di essere abbastanza disattento, svogliato, superficiale, negligente e non idoneo a tale incarico, e va sostituito immediatamente.
Da tempo rivendichiamo l’istituzione impellente di un Reparto di Chemioterapia a Viggiano nella ex Clinica Pellettieri di proprietà Asp Potenza, per alleviare la sofferenza anche del lungo viaggio a migliaia di ammalati, dell’area sud della Basilicata, che spesso muoiono per incidenti stradali, attraverso un costo per soli macchinari e attrezzature, lo stabile è di proprietà Asp-Potenza, piuttosto contenuto in qualche decina di migliaia di euro. Purtroppo registriamo molto lassismo e tanto disinteresse alla salute dei cittadini.
Ancora, in un incontro avvenuto a Roma tra l’Assessore alla Sanità Martorano ed il Preside della Università Cattolica, è stata decisa, nella ‘congiura’, la soppressione dei posti della scuola infermieri di Villa d’Agri per mancanza di fondi, mentre si sono salvati i corsi di infermieri di Potenza e Lagonegro con i soldi delle ‘royalties’ del petrolio della Val d’Agri e Sauro. L’indignazione del ‘popolo del petrolio’ è decisamente più forte quando si tocca il diritto alla salute perché viene trattato da popolo di serie B, nonostante le autorevoli denunce scientifiche sull’incremento delle patologie tumorali per effetto dell’attività del Centro Oli di Viggiano e delle attività estrattive di petrolio. Il nostro auspicio – conclude Massaro – è che il metodo della discontinuità nella Giunta Regionale, che verrà affermato innanzitutto nella gestione della Sanità che ci ha regalato sinora solo i ‘ticket’ più alti in Italia e la riduzione di cure e servizi a vantaggio di altre Regioni e, quindi, con l’aumento dei costi dell’emigrazione sanitaria che già oggi, vergognosamente, ammonta 42 milioni di euro l’anno, una cifra che potrebbe risolvere molte emergenze sanitarie specie sul territorio.