“Il dramma quotidiano dei muratori lucani proprio come Romeo che a Civitanova Marche si è suicidato con la moglie”
Quanto è duro essere ragionevoli oggi: non è la frase di un filosofo antico, ma semplicemente, l’affermazione stanca e rassegnata di un muratore. Si, un muratore che quotidianamente è costretto a fare i conti su come mettere insieme il pranzo con la cena della sua famiglia. Retorica, esagerazione. Non credo. Certamente la condizione di tanti lavoratori impossibilitati nel dare risposte alle proprie famiglie: è il nuovo dramma di questi anni, la stanchezza di girare a vuoto nei pochi cantieri aperti e nelle stanze del solito politico che lo ha aiutato in molte circostanze, si fa sentire. Drammi personali che diventano tragedia come quella di Romeo, 62 anni, suicida insieme alla moglie, a Civitanova Marche, dopo aver trovato l’ultimo lavoro alle dipendenze di una ditta edile a Napoli che ha chiuso e perciò impossibilitato a versare i contributi previdenziali obbligatori. Con la vergogna di chiedere aiuto, assistenza.
Al sindacato degli edili si respira l’arresa di chi fino ad oggi con fatica e dignità ha sopportato il peso di una vita fatta di lavoro e sacrificio. Oggi nemmeno questo viene garantito, tutti ci chiedono come uscire da questa situazione, che tutti chiamano recessione.
Mentre i lavoratori la definiscono miseria , cioè mancanza di quel poco che consente di essere liberi e vivere con armonia il nostro tempo.
Arrendersi? Mai, però mi hanno chiesto, cosa c’entra lo spread con noi? Io tento di spiegare che è l’interesse che dobbiamo pagare affinché gli investitori comprino i nostri titoli di debito per finanziare i servizi che il nostro Stato ci fornisce. In sostanza è la liquidità di cui si ha bisogno per far funzionare gli ospedali, la sicurezza, investire e pagare gli stipendi ai lavoratori della pubblica amministrazione. Quindi, lo Stato contrae dei debiti che vanno pagati con l’interesse che è il differenziale tra l’interesse che paghiamo noi e quello della Germania. Poi parliamo di patto di stabilità. L’impresa con la quale lavorava ha fatto lavori con la pubblica amministrazione il datore di lavoro ha comunicato a tutti che li licenziava, perché il patto di stabilità non consentiva alla stazione appaltante di saldare i lavori effettuati, quindi l’impresa era impossibilitata a continuare l’attività, in quanto le banche non gli davano più credito.
Le analisi degli economisti più illustri ci hanno detto che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, che il lavoro costa troppo e ci sono nazioni che i lavoratori vivono con poco più di qualche dollaro al giorno, tanto da essere felici e prosperare.
Le banche invece di fare credito, investono i risparmi in derivati e swops correndo dei rischi che poi pagano i cittadini , lo negano alle imprese sane per creare sviluppo e lavoro e pagano i loro managers con cifre che non basta una vita ad muratore per guadagnarle. Derivati, swops, azioni e obbligazioni, titoli di stato, debito pubblico tutti termini economici e bancari che fanno della nostra società una società occidentale, dove il danaro non è più una cosa visibile ma è trasformato in prodotti finanziari. I termini usati, le complicazioni nel capire, di una persona di normale diligenza, si acuiscono quando si parla di interdipendenza economica con gli altri Stati e , dove la crisi morde meno, la finanza ha regole certe tanto che qualche finanziere è stato arrestato e condannato per avere usato in maniere impropria il danaro affidato.
La verità è che con la crisi economica si è accentuata la crisi della politica incapace di trovare soluzioni ai danni provocati da un etablissement immutato da venti anni, con rare ventate di novità protese più a distruggere che a creare alternative credibili al vecchio modo di fare politica.
Il lavoro è la vera emergenza, che non può essere creato per decreto, però i governi possono creare le condizioni per lo sviluppo, investendo in infrastrutture, avendo una burocrazia efficiente, tribunali che funzionino, università che creano professionalità richiesta dal mercato del lavoro, sindacati che contrattino condizioni di lavoro e salari più alti, una lotta all’evasione fiscale, un fisco che non penalizzi il lavoro e soprattutto che diano una speranza a quanti oggi non credono più alle potenzialità della nostra Italia.
Molti dicono: come può essere capace uno a trovare soluzioni quando il problema è stato creato dal “loro” operare? La domanda è pertinente, però il vecchio detto è sempre attuale: dobbiamo fare la minestra con gli ingredienti di casa. Abbiamo registrato la inconciliabilità delle posizioni degli schieramenti in campo, i quali hanno la stessa consistenza percentuale e modo di vedere la soluzione dei problemi in maniera diversa, alcuni parlano un linguaggio più comprensibile, senza dare soluzioni ai mali che ci affliggono, perché ritengono che mettendosi insieme possono essere contaminati, mentre vogliono semplicemente spazzare via tutto ciò che ritengono vecchio, altri invece continuano a dire cose superate e parlare a un popolo che non esiste più, la cui identità è stata dissolta dalla modernità.
Domenico Palma, segretario Feneal-Uil Basilicata