Il rischio clinico anche tra le mura domestiche: meno incidenti se il caregiver sa come intervenire
Il rischio clinico può verificarsi non solo in ospedale, ma anche tra le mura domestiche, dove il paziente è in condizioni di maggiore fragilità. Ed è perciò importantissimo fare la cosa giusta al momento giusto. Ad occuparsi del problema e delle soluzioni è stata l’Unità Operativa Rischio Clinico e Qualità della ASL di Bari, diretta dal dr. Vincenzo Defilippis, in uno studio sull’attività di gestione del rischio clinico nei pazienti ventilati meccanicamente a domicilio, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Epidemiology Biostatistics and Public Health – 2019 (Volume 16, Number 4).
La ricerca è partita dalla necessità di offrire una migliore e più sicura gestione ai pazienti complessi assistiti a domicilio (Assistenza Domiciliare Integrata di II e III livello) dall’ASL. Persone affette da patologie cronico-degenerative (SLA, SMA, patologie cardio-respiratorie croniche severe ecc.), oppure in ventilazione meccanica invasiva continua nelle 24 ore.
Situazioni per le quali la ASL ha formalizzato una procedura per le “dimissioni protette” dall’ospedale al domicilio, prevedendo anche il cosiddetto “ricovero di transito” in una struttura residenziale territoriale prima del trasferimento definitivo a domicilio. Nello stesso percorso ha giocato un ruolo cruciale il Call Center telefonico ospedaliero, attivo 24 ore al giorno, a cui possono rivolgersi le persone che assistono i pazienti, i cosiddetti caregivers, quando devono affrontare criticità ritenute non gestibili in proprio e comunque non tali da richiedere l’intervento in emergenza-urgenza del 118.
Gli specialisti del rischio clinico hanno analizzato il report del Call Center, da cui è risultato evidente che i motivi delle chiamate erano legati a problemi in gran parte gestibili dagli caregivers, a fronte però di un’adeguata e mirata formazione. I rischi maggiori, infatti, dipendono dall’incapacità di far fronte ad avarie o cattivo funzionamento del ventilatore automatico. Eventi prevedibili e di solito senza gravi conseguenze per i pazienti che, tuttavia, se il caregiver non sa bene come intervenire possono trasformarsi in un problema molto serio. Dunque, la maggiore competenza e informazione di chi si occupa dei pazienti può essere la chiave per limitare la possibilità di eventi avversi.
Il gruppo di lavoro delle unità per la Fragilità e Complessità Assistenziale e il Rischio Clinico, costituito ad hoc, ha operato anche su un secondo fronte, importante nel determinare la sicurezza delle cure domiciliari dei pazienti complessi. Si tratta dei controlli effettuati sulle apparecchiature elettromedicali e sui materiali di consumo forniti ai pazienti per assicurare la ventilazione meccanica e la nutrizione artificiale a domicilio.
In questo caso, tra le misure di prevenzione per la riduzione del rischio clinico è stata proposta, oltre alla formazione continua e alla valutazione periodica dei caregivers, anche la formalizzazione dei requisiti minimi di sicurezza per i materiali di consumo e le apparecchiature elettromedicali prescritti per un paziente ammesso all’ADI. Su questa base, corroborata dai risultati di una precedente indagine condotta nel 2015, è stata elaborata una checklist per la verifica dei requisiti minimi di sicurezza, con l’applicazione di criteri omogenei.
Dallo studio si è quindi passati all’attuazione sul campo, arruolando 34 pazienti in ventilazione meccanica e i referenti familiari. Al loro fianco i medici e gli infermieri del gruppo di lavoro, insieme ai quali è stato avviato un intenso programma di formazione per analizzare gli incidenti più frequenti e applicare le contromisure. Con evidenti miglioramenti, ad esempio nei problemi riscontrati nell’uso del pallone AMBU (scesi dal 12% dei casi al 2,9), delle cannule tracheostomiche (dal 29% al 5,9), sino al completo azzeramento degli incidenti del ventilatore meccanico (dal 15,8% dei casi studiati) e del circuito di ventilazione (dall’8%). Con un notevole aumento delle condizioni di sicurezza in cui vengono assistiti i pazienti, ma anche della tranquillità di chi si occupa di loro.