Il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha incontrato i cittadini di Taranto nel Teatro Fusco
Ha le fattezze del nonno buono, Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione europea che ha incontrato i cittadini di Taranto nel Teatro Fusco, ieri mattina.
In realtà, seduto come un pensionato davanti alla TV, ha sostenuto a spada tratta la produzione di acciaio, andando ben oltre quanto dichiarato dai Governi italiani degli ultimi anni. Per il rappresentante europeo, l’acciaio di Taranto è strategico per l’Europa, non solo per l’Italia. “Produrre acciaio non è soltanto interesse di Taranto o della Puglia: è interesse dell’Europa”, ha dichiarato, senza considerare che, forse, Taranto ha interessi abbastanza distanti dall’acciaio.
Facendo perno su questo suo pensiero, ben chiaro a tutti i presenti, Frans Timmermans ha rivestito di ipocrisia ogni suo intervento, ogni sua risposta alle domande che gli sono state indirizzate dalla platea. Ipocrisia “verde”, naturalmente, come il colore del quale si vuole rivestire una produzione a tutt’oggi colpevole di sterminio della razza umana tarantina.
“Tra dieci anni”, ha dichiarato nonno Frans, “negli Stati Uniti, in Cina, in l’acciaio green sarà una realtà.” Tra dieci anni, solo la città di Taranto conterà altri 10.000/15.000 malati di tumore (048 accertati, a parte tutti quelli che non si sottopongono a controlli specifici), centinaia di morti, molti dei quali bambini.
Lui, però, dichiara: “Io non voglio sacrificare nemmeno un bambino per lo sviluppo economico.” Sono offensive, queste parole. Sono “ipocrisia allo stato puro”, perché anche un solo altro giorno di produzione a carbone può far saltare questa sua volontà.
Lui, però, insiste con il suo mantra: “C’è un acciaio pulito, nel futuro. Posti di lavoro, nel futuro”, dice. “Non si può porre termine all’industria a Taranto, per dare opportunità di lavoro ai nostri figli e ai nostri nipoti. Se abbandoniamo l’industria, i giovani se ne andranno perché non troveranno lavoro, qui.” Interpretazioni del tutto personali che dimostrano la scarsa conoscenza del territorio e della realtà che qui si vive, fatta di partenze, di opportunità negate proprio per tenere in piedi il grande baraccone produttore di elementi umani da destinare nei vari ospedali della nazione, e nei cimiteri della provincia.
Timmermans appare come il gigante che prende colpi che non fanno male. E risponde con schiaffi che hanno la forza dell’intera Commissione europea, più portata a rispettare e ad inchinarsi agli Stati membri che servire i cittadini dell’Unione europea.
Così, insiste: “Se si guarda all’economia europea, abbiamo sempre più bisogno di acciaio e direi che bisogna produrlo in Europa. Creare una valle di idrogeno a Taranto ha senso perché dà un futuro all’acciaio. A livello internazionale dobbiamo dimostrare che c’è un’industria verde, che non dà fastidio alla gente ma che dà la possibilità alla gente di un lavoro pulito.” Ecco il problema: l’Europa si trova a dover dimostrare qualcosa al resto del mondo, dopo avergli insegnato tutto.
Infine, il nonno buono, da ottimo politico moderno, ha adottato la famosa tecnica dello scaricabarile: “Non è una decisione a livello europeo, noi ascoltiamo la volontà della città, della regione, della Repubblica italiana e facciamo un sostegno per queste scelte. Le scelte sono fatte dagli italiani, non da noi. Fate la scelta qui, date mandato ai vostri politici, al sindaco, agli altri di negoziare questo futuro e quando il fatto arriva da qui a Roma, e arriva a Bruxelles, possiamo sviluppare un progetto insieme. Non siamo noi che abbiamo queste idee e poi imponiamo queste idee a Taranto. Questo viene da Taranto e dobbiamo assicurare che quello pensato a Taranto è poi sostenuto a Bruxelles.” Questo dovrebbe valere anche nel caso che a Taranto si preferiscano, per esempio, le bonifiche del territorio all’acciaio. E, se le sue parole davvero valessero qualcosa, allora al popolo tarantino dovrebbe essere concesso di autodeterminare il proprio futuro. Ha le fattezze del nonno buono, Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione europea che ha incontrato i cittadini di Taranto nel Teatro Fusco, ieri mattina.
In realtà, seduto come un nonno davanti ai nipotini, ha sostenuto a spada tratta la produzione di acciaio, andando ben oltre quanto dichiarato dai Governi italiani degli ultimi anni. Per il rappresentante europeo, l’acciaio di Taranto è strategico per l’Europa, non solo per l’Italia. “Produrre acciaio non è soltanto interesse di Taranto o della Puglia: è interesse dell’Europa”, ha dichiarato, senza considerare che la quella tarantina attuale è meno del 2% della produzione totale di acciaio dell’Unione europea e che, forse, Taranto ha interessi abbastanza distanti dall’acciaio.
Facendo perno su questo suo pensiero, ben chiaro a tutti i presenti, Frans Timmermans ha rivestito di ipocrisia ogni suo intervento, ogni sua risposta alle domande che gli sono state indirizzate dalla platea. Ipocrisia “verde”, naturalmente, come il colore del quale si vuole rivestire una produzione a tutt’oggi colpevole di sterminio della razza umana tarantina.
“Tra dieci anni”, ha dichiarato nonno Frans, “Stati Uniti, Cina, India ed altre nazioni del mondo si avvicineranno all’acciaio prodotto con idrogeno verde.” Tra dieci anni, solo la città di Taranto conterà altri 10.000/15.000 malati di tumore (048 accertati, a parte tutti quelli che non si sottopongono a controlli specifici), centinaia di morti, molti dei quali bambini.
Lui, però, dichiara: “Io non voglio sacrificare nemmeno un bambino per lo sviluppo economico.” Sono offensive, queste parole. Sono “ipocrisia allo stato puro”, perché anche un solo altro giorno di produzione a carbone può far saltare questa sua volontà.
Lui, però, insiste con il suo mantra: “C’è un acciaio pulito, nel futuro. Posti di lavoro, nel futuro”, dice. “Non si può porre termine all’industria a Taranto, per dare opportunità di lavoro ai nostri figli e ai nostri nipoti. Se abbandoniamo l’industria, i giovani se ne andranno perché non troveranno lavoro, qui.” Interpretazioni del tutto personali che dimostrano la scarsa conoscenza del territorio e della realtà che qui si vive, fatta di partenze, di opportunità negate proprio per tenere in piedi il grande baraccone produttore di elementi umani da destinare nei vari ospedali della nazione, e nei cimiteri della provincia.
Timmermans appare come il gigante che prende colpi che non fanno male. E risponde con schiaffi che hanno la forza dell’intera Commissione europea, più portata a rispettare e ad inchinarsi agli Stati membri che servire i cittadini dell’Unione europea.
Così, insiste: “Se si guarda all’economia europea, abbiamo sempre più bisogno di acciaio e direi che bisogna produrlo in Europa. Creare una valle di idrogeno a Taranto ha senso perché dà un futuro all’acciaio. A livello internazionale dobbiamo dimostrare che c’è un’industria verde, che non dà fastidio alla gente ma che dà la possibilità alla gente di un lavoro pulito.” Ecco il problema: l’Europa si trova a dover dimostrare qualcosa al resto del mondo, dopo avergli insegnato tutto.
Infine, il nonno buono, da ottimo politico moderno, ha adottato la famosa tecnica dello scaricabarile: “Non è una decisione a livello europeo, noi ascoltiamo la volontà della città, della regione, della Repubblica italiana e facciamo un sostegno per queste scelte. Le scelte sono fatte dagli italiani, non da noi. Fate la scelta qui, date mandato ai vostri politici, al sindaco, agli altri di negoziare questo futuro e quando il fatto arriva da qui a Roma, e arriva a Bruxelles, possiamo sviluppare un progetto insieme. Non siamo noi che abbiamo queste idee e poi imponiamo queste idee a Taranto. Questo viene da Taranto e dobbiamo assicurare che quello pensato a Taranto è poi sostenuto a Bruxelles.” Questo dovrebbe valere anche nel caso che a Taranto si preferiscano, per esempio, le bonifiche del territorio all’acciaio. E, se le sue parole davvero valessero qualcosa, allora al popolo tarantino dovrebbe essere concesso di autodeterminare il proprio futuro. Che non è fatto di acciaio, di qualsiasi colore lo si voglia rivestire, ma di bellezza, storia, cultura, attrattive turistiche, produzioni secolari compatibili con il territorio e un porto che dovrebbe tornare al proprio storico ruolo che non è quello di servire l’industria, ma di determinare scambi interculturali e commerciali. Tutte cose che non hanno bisogno di acciaio, ma di menti illuminate e cuori sensibili. Elementi, questi ultimi, che sembrano latitare, nelle alte Istituzioni europee, nazionali, regionali e locali.
I saluti finali ci regalano la promessa che, tra un anno, Frans Timmermans tornerà a Taranto. Magari quando il suo mandato sarà scaduto. Già lo immaginiamo, da buon europeo del nord, con camicia a maniche corte, bermuda, calzini bianchi e sandali prendere il sole su una spiaggia di Taranto. Disteso su un lettino da mare con struttura in acciaio. Rigorosamente “green”.
Associazione Genitori tarantini