In manette le donne dei boss
I giudici della Corte di Cassazione hanno pronunciato la loro sentenza confermando gran parte delle accuse e delle condanne nei confronti dei vertici del clan Capriati di Bari vecchia e, per la prima volta, hanno riconosciuto il ruolo delle donne all’interno del gruppo mafioso.
Sono loro i veri “colonnelli dei clan”: è questa la definizione degli inquirenti per una decina di donne che non si sarebbero limitate ad agire per nome, per conto e in sostituzione dei loro uomini detenuti in carcere, ma avrebbero gestito il giro di usura ed estorsioni. Questo gruppo al femminile sarebbe stato guidato da Maria Faraone, cassiera del sodalizio e moglie del boss Antonio Capriati, a cui è stata confermata la condanna a vent’anni di carcere. Quarantotto in tutto gli imputati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi, omicidi (tentati o consumati). Solo una decina di condanne per singoli capi d’imputazione sono stati annullati. Nel processo sono confluite due inchieste della Squadra Mobile: la prima culminò nel blitz del 27 maggio 2006 e portò in carcere 40 persone; la seconda, il 3 agosto di quello stesso anno, portò all’arresto di 6 donne. Durante i tre anni d’indagine, condotta dalla pm Antimafia Eugenia Pontassuglia, gli investigatori accertarono che Bari Vecchia, parte del quartiere Murat e anche Modugno erano controllate dai Capriati che imponevano il pagamento del pizzo agli esercizi commerciali e prestiti a usura con elevati tassi di interesse.
Mariateresa Cotugno