Industria alimentare, i sindacati si mobilitano per il rinnovo del contratto nazionale
Si è svolto oggi a Potenza, alla presenza del segretario nazionale della Uila, Pietro Pellegrini, l’attivo unitario di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil sulla difficile trattativa in corso con Federalimentare per il rinnovo del contratto nazionale del settore alimentare, contratto che interessa in Basilicata circa 3.500 occupati diretti in una ottantina di piccole e medie imprese a dimensione locale e grandi aziende multinazionali come Ferrero, Barilla e Coca Cola. Il settore agroalimentare lucano, tra industrie di trasformazione, agricoltura e servizi, occupa complessivamente circa 15 mila addetti, numeri che ne fanno uno dei comparti trainanti dell’economia regionale.
L’incontro di Potenza rientra nel ciclo di assemblee che si stanno tenenendo in tutta Italia in vista della ripresa del confronto il 19 novembre sul rinnovo del contratto nazionale, confronto che si annuncia tutt’altro che facile alla luce della ragguardevole distanza tra Fai Flai Uila che rivendicano un incremento salariale di 150 euro mensili – “una richiesta ragionevole e sostenibile”, è stato rimarcato nel corso dell’incontro – e Federalimentare che in tutta risposta ha proposto un aumento in busta paga di soli 7 euro. Dai sindacati arrivano critiche anche sul tema della flessibilità oraria che “porterebbe i dipendenti a lavorare, in determinati periodi, fino a 72 ore settimanali”, nonché sulla cancellazione degli scatti di anzianità e di altre voci salariali che sono stati già acquisiti negli anni.
“Tra i lavoratori – spiegano i tre sindacalisti – sta emergendo una forte volontà di contrastare il tentativo di cancellare le positive esperienze di contrattazione nel settore, esperienze che hanno permesso alle aziende di fronteggiare positivamente la crisi. Dopo le assemblee nelle aziende avremo un quadro più chiaro su come muoverci nelle prossime settimane. Il nostro auspicio – concludono Lapadula, Esposito e Nardiello – è che Federalimentare si convinca che la produttività delle aziende si difende valorizzando il lavoro e non comprimendo i diritti acquisiti e i salari, proprio nel momento in cui andrebbe invece incoraggiata la ripresa dei consumi interni”.