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La Bella e la Bestia, domenica 18 febbraio al TaTÀ di Taranto

«Apparve alle sue spalle un essere mostruoso, che aveva un po’ dell’uomo e un po’ dell’animale e la fissava con occhi fiammeggianti». Per “favole&TAmburi”, la rassegna di teatro ragazzi del Crest, domenica 18 febbraio, alle ore 18 al TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, va in scena “La Bella e la Bestia”, testo e regia Marco Zoppello, con Eleonora Marchiori, Giulio Canestrelli, Matteo Pozzobon, scenografia Alberto Nonnato, ideazione e creazione figure Ariela Maggi, costumi Antonia Munaretti, disegno luci Matteo Pozzobon, produzione Stivalaccio Teatro (Scorzè, VE), con il sostegno di OperaEstate Festival, NataTeatro e Fondazione Teatro Civico di Schio. Durata 60 minuti. Biglietto 6 euro. Dalle ore 17, lo staff dello Junior TaTÀ sarà ad attendere il giovane pubblico, per coinvolgerlo, gratuitamente, nell’animazione “Aspettando… gioco”. Info: 099.4725780 (int. 1) – 366.3473430.
Un fitto bosco di alberi alti e scuri, i cui rami ricurvi carezzati dai raggi della luna formano ombre intricate sul terreno. Laggiù, in fondo, una luce. Un castello e, in alto, una finestra. Lei è Bella. Così bella che tutti la chiamano soltanto Bella. Ma il castello non è certo il suo, è di Lui. No, non del Principe, ma della Bestia. Così bestia che tutti lo chiamano soltanto Bestia. Anzi, lo chiamerebbero, se qualcuno lo andasse mai a trovare. Non è cattivo, né maleducato o stupido: è semplicemente… Bestia. E come tutte le bestie fa paura. Come fanno paura il bosco, le ombre intricate su un terreno brullo e i castelli sconosciuti. Come fa paura l’amore. Bella dorme e sogna. Esistono sogni più veri del vero, verosimili come uno specchio. Ma chi c’è dentro lo specchio?
Il tema della Bella sedotta dalla Bestia è senz’altro di quelli che più hanno acceso la fantasia di narratori e di artisti. Mutazioni e incontri impossibili, tormenti e quell’irresistibile attrazione per il lato “nero” dell’Amore, sono alcuni degli ingredienti che hanno reso questa storia immortale. Un topos letterario che ricorre in molteplici tradizioni popolari, dall’originale di Gabrielle-Suzanne di Villeneuve, passando per Basile, Perrault, Grimm, trasformandosi di volta in volta per arrivare alla trascrizione toscana di Italo Calvino “Bellinda e il Mostro”.
Stivalaccio Teatro attinge in libertà da tutta la letteratura “mostrifera” che le passa per le mani, tradizione popolare antica di secoli, nella quale si è stratificato un sottobosco di ricordi, leggende e paure. La compagnia veneta mira alla riscoperta della fiaba classica: fiaba come luogo quotidiano dove accade il meraviglioso, fiaba come scoperta dell’extra ordinario, ma, soprattutto, fiaba come luogo dove le grandi passioni dell’uomo prendono vita

 

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