La consigliera di parità della Basilicata, avv. Ivana Pipponzi, interviene sul tema della violenza di genere in occasione della ‘Giornata Internazionale contro il femminicidio’
“Scagliarsi contro le donne è un fatto inqualificabile. Un atteggiamento barbaro ed irriguardoso che deve essere espunto dal novero delle nostre condotte, censurato con fermezza, messo al bando e considerato il frutto di un ignobile atteggiamento primordiale.” Questo il pensiero di Ivana Pipponzi, consigliera di Parità per la Basilicata, che in occasione della giornata contro la violenza di genere ritiene assolutamente valida la mobilitazione di singoli cittadini e delle stesse istituzioni per creare un baluardo a difesa e protezione delle donne.
“Le donne non hanno bisogno soltanto di chi le protegge, ma di una diffusa coscienza, capace di inculcare i principi di legalità e salvaguardia, anzitutto tra i giovani.” I dati parlano chiaro. La violenza contro le donne è, purtroppo, un elemento diffuso e trasversale. Dall’ultima indagine Istat emerge che 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne sono di età compresa tra i 16 e i 70 anni. Le donne straniere hanno subìto nel corso della loro vita violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane; autori delle violenze sono i partners (attuali o ex). In Italia, dalla detta indagine emerge che il 13,6% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale all’interno della relazione di coppia e che – di queste – il 65,2% aveva figli al momento della violenza. Emerge inoltre che il 40,2% di sono state vittime di violenze con ferite e che il 62,7% degli stupri registrati è opera dei partners o di ex partners.
“E’ opportuno chiarire”, afferma inoltre la Consigliera di Parità, “che la violenza domestica non è soltanto violenza fisica ma abbraccia anche la violenza sessuale, quella psicologica, (minacce, intimidazioni, persecuzioni, coercizioni, divieti, segregazione ed umiliazioni) e si sostanzia al tempo stesso nella violenza economica, intesa come negazione di disponibilità finanziaria per l’acquisto di vestiario, cibo, cure mediche e, persino, con l’appropriazione del reddito”.
“Tuttavia – prosegue l’avv. Pipponzi – “si registra una sempre crescente ed incoraggiante consapevolezza da parte delle donne vittime di violenza, frutto di una maggiore informazione, risultato dell’inserimento nel mondo del lavoro, dell’attività svolta dalle associazioni di donne, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne stesse di prevenire e combattere il fenomeno, e di un clima sociale di netta censura. Sempre più spesso le donne denunciano la violenza alle forze dell’ordine e non è certo poca cosa”.
“Una donna protagonista e consapevole del suo ruolo: è il più potente antidoto capace di dissuadere chi intende ricorrere all’uso della forza per poter “vincere” la partita. Un confronto assurdo che si sposta dal terreno del confronto a quello subdolo e incivile della minaccia e della coercizione. Della violenza pura.” In questo scenario le forze politiche, le istituzioni, gli organismi che operano sul piano etico e culturale hanno un ruolo di primo piano per superare ostacoli antichi e nuovi nella difficile lotta a sostegno della presenza femminile.
“A tutto ciò bisogna dare attuazione con determinazione e serietà”, prosegue la Consigliera di parità, “al di là di quanto contenuto nella legge sulla “Buona Scuola”, ritengo necessario introdurre la materia all’Educazione di genere tra le discipline scolastiche”.
La Consigliera di parità avverte il dovere di sollecitare le istituzioni e le tante associazioni, che da anni si battono per contrastare l’odioso fenomeno, a porre in essere ogni utile iniziativa finalizzata alla costruzione di percorsi che davvero rendano le donne libere di denunciare le violenze subìte, soprattutto, tra le mura domestiche.
“Questo può realizzarsi solamente se rendiamo le donne libere economicamente e se assicuriamo loro un luogo protetto dove potersi rifugiare”, avverte la Consigliera, “è necessario risvegliare le coscienze civili di donne ed uomini al fine di tutelare e difendere la libertà personale, sessuale e psicologica delle stesse affinché esse abbiano nella società e nella famiglia luoghi sicuri e i diritti fondamentali che a loro competono in quanto persone. Di conseguenza, si invitano, in primo luogo i Dirigenti scolastici, a dare piena attuazione a quanto statuito nel comma 16 dell’art. 1 della legge 107/2015, per il tramite di una offerta formativa che si basi sui principi di pari opportunità, sull’educazione alla parità tra i sessi, sulla prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori”.
E’ proprio ricordando la terribile storia della collega Lucia Annibali, sfregiata dall’acido per mano di chi “diceva di amarla”, che si avverte la necessità di prevedere l’omicidio d’identità, perché chi porta via il volto alle donne, le depreda della loro identità, innescando una lenta agonia che conduce alla morte sociale. Il coraggio di Lucia di tornare a vivere è un esempio per tutti.