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La nota della Consiglierà di parità, Ivana Pipponzi, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza degli uomini sulle donne

“Sono tante le iniziative organizzate dall’ufficio della consiglierà di parità per la ‘Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza degli uomini sulle donne’. Fra queste ricordo in particolare il convegno giuridico su ‘Violenza di genere: fenomenologia, contrasto e protezione delle vittime’, che ha visto la partecipazione di oltre 250 avvocati lucani e di numerosi magistrati, ed il Contest Fotografico ‘Donne e Smart – Working’, un video-racconto frutto di un progetto promosso ispirato all’attuale situazione di emergenza che le donne lavoratrici stanno vivendo in questo delicato momento. Anche così si ricordano le donne, spesso relegate a casa in smart working ed impegnate con la didattica a distanza dei figli”. È quanto afferma la consigliera di parità Ivana Pipponzi.
“Dobbiamo però essere consapevoli che si deve parlare di violenza di genere e molestie sessuali tutto l’anno, come facciamo noi consigliere di parità. Noi lo facciamo ogni giorno: ascoltando le donne che vengono nei nostri uffici a parlarci di violenza o molestie sui luoghi di lavoro; contrastando stereotipi e pregiudizi, nell’ambito dell’azione istituzionale antidiscriminatoria, anche quali pubblici ufficiali; sostenendo il lavoro dei Centri antiviolenza (Cav), punti di riferimento importantissimi per tante donne”.

“Nell’emergenza Covid sono aumentate le richieste di aiuto da parte delle vittime di violenza domestica – aggiunge la consigliera di parità -, come, pure, molte donne sono state costrette a dimettersi per la difficoltà di conciliare vita e lavoro (lo smart working si è dimostrato per tante donne l’ennesima tagliola e fardello), fenomeno strettamente legato alla violenza di genere se si pensa all’importanza dell’autonomia economica per affrancarsi dal compagno violento. Secondo l’Istat durante il lockdown sono arrivate oltre cinquemila chiamate al numero antiviolenza 1522, il 73% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Tanto che in tutte le iniziative in cui viene apposta la panchina rossa, richiedo l’apposizione di una targa con l’indicazione del numero antiviolenza 1522 e del Cav Telefono Donna. Numeri che dimostrano quanto sia urgente applicare fino in fondo le nostre leggi, ma anche formare in maniera specifica le operatrici e gli operatori che per primi entrano in contatto con chi cerca scampo dalla violenza maschile”.

Per Ivana Pipponzi “le forze dell’ordine, i medici, gli operatori sanitari, gli insegnanti, gli psicologi devono avere gli strumenti per riconoscere una situazione di pericolo e agire tempestivamente. È cruciale sostenere i Centri antiviolenza e le Case rifugio, impegnate nel compito di accogliere, sostenere e tutelare chi cerca aiuto e chi decide di denunciare, donne che hanno necessità di uno spazio sicuro e accogliente dove poter riprendere in mano la vita e uscire da situazioni ad alto rischio. La violenza di genere è considerata dalla Convenzione di Istambul la più grande forma di discriminazione di genere. Circa ogni 3 giorni muore una donna per mano di un uomo che, nell’80 per cento dei casi, ha le sue chiavi di casa (perciò muore per mano del marito, ex marito, fidanzato ex fidanzato, compagno ex compagno)”.

“Dai dati nazionali – prosegue la consigliera di parità -, ma anche regionali si comprende come la violenza di genere, lo stalking, la violenza domestica, violenza economica ed il femminicidio, sia un fenomeno strutturale della società che affonda le radici nella persistente disparità tra uomo e donna. È un fenomeno trasversale; ancora poco punito o non perfettamente punito, sommerso – poco conosciuto / riconosciuto dalle vittime: solo 3 donne su 10 riconosce di essere vittima di violenza, tanto che solo il 5% delle vittime si rivolge ad un centro antiviolenza). Pochissime e pochissimi avvocati conoscono le misure in favore delle vittime di violenza di genere: parlo dei congedi lavorativi, ai sensi dell’art. 24 del d. lgs. 80/2015 che dà la possibilità di ottenere 90 giorni di congedo – su 3 anni – per svolgere un percorso di protezione certificato. È un congedo retribuito, con contribuzione figurativa e trasferimento della sede lavorativa, possibile per lavoratrici dipendenti, autonome, del settore domestico, collaboratrici. In Italia nel 2017 sono pervenute solo 154 domande (1 dalla Basilicata, sostenuta dal mio ufficio). Voglio ricordare anche la possibilità di chiedere ed ottenere permessi di soggiorno per richiedenti asilo se si documenta la violenza di genere nel proprio paese (solo 34 domande nel 2017). Strettamente connesso è il fenomeno della vittimizzazione secondaria, che induce la donna a sentirsi colpevole e giudicata perciò, a non denunciare. Ancora, la violenza assistita, quella che subiscono i familiari / congiunti delle vittime. È pertanto centrale – conclude Pipponzi – continuare a informare e sensibilizzare la collettività, contribuendo, come di recente ricordato anche dal presidente Mattarella, a formare la cultura paritaria di genere, fondamentale per la crescita valoriale della società”.

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