La raccomandazione del CTS del Ministero della Salute: “Nessun motivo per cambiare la terapia anti-ipertensiva in tempi di Covid-19”
Nella lotta al coronavirus si assiste anche un continuo dibattito nella comunità scientifica circa gli effetti di farmaci su particolari categorie di pazienti. A tal proposito, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, senza voler commentare, si limita a riportare integralmente quanto comunicato dal Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute e ripreso nelle scorse ore da una circolare di FEDERMARMA, circa alcune terapie antipertensive, in particolare medicinali appartenenti alla categoria degli ace-inibitori ed ai sartani, e dei loro possibili effetti in merito alla trasmissione o all’evoluzione della SARS-CoV-2 (Covid-19) che restituiamo integralmente:
«Questa Federazione ha cura di trasmettere il comunicato stampa del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute riguardante il tema di alcune terapie antipertensive, in particolare medicinali appartenenti alla categoria degli ace-inibitori ed ai sartani, e dei loro possibili effetti in merito alla trasmissione o all’evoluzione della SARS-CoV-2 (Covid-19).
A tale riguardo il Comitato Scientifico fornisce pieno supporto all’AIFA ribadendo, nel proprio comunicato, che su tale questione non esistono evidenze scientifiche derivate da studi clinici o epidemiologici, ma solo ipotesi molecolari verificate con studi in vitro.
Pertanto, prosegue il comunicato, in base alle conoscenze attuali, il CTS raccomanda “di non modificare la terapia in atto con anti-ipertensivi (qualunque sia la classe terapeutica) nei pazienti ipertesi, in quanto esporre pazienti fragili a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato”.
Inoltre, il comunicato fornisce indicazioni rispetto all’ipotesi di utilizzare farmaci ACE-inibitori e sartani anche in persone sane a fini profilattici, ricordando che questi farmaci vanno utilizzati esclusivamente per il trattamento delle patologie per le quali esiste un’autorizzazione all’immissione in commercio.
Il CTS, infine, sottolinea che “non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’impiego d’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19. Studi epidemiologici nel merito potranno fornire utili informazioni a meglio definire l’eventuale effetto, semmai esistente, sia d’ibuprofene, sia di altri farmaci anti-infiammatori non-steroidei. Il CTS, infine, sottolinea che non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’impiego d’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19.”.»
Di seguito anche il Comunicato Stampa integrale del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute dall’eloquente titolo: CTS: “Nessun motivo per cambiare la terapia anti-ipertensiva in tempi di Covid-19”:
«”Pieno supporto alla posizione assunta dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in merito al presunto effetto di terapie a base di medicinali anti-ipertensivi appartenenti alla classe degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori), o degli antagonisti del recettore per l’angiotensina II (sartani), sulla trasmissione e sull’evoluzione in termini di gravità della malattia da SARS-CoV-2 (Covid-19)“. Lo scrive in una nota il Comitato tecnico scientifico.
“Nello specifico – prosegue la nota – si ribadisce che, ad oggi, non esistono in merito evidenze scientifiche derivate da studi clinici o epidemiologici, ma solo ipotesi molecolari verificate con studi in vitro. Pertanto, in base alle conoscenze attuali, il CTS raccomanda di non modificare la terapia in atto con anti-ipertensivi (qualunque sia la classe terapeutica) nei pazienti ipertesi, in quanto esporre pazienti fragili a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato”.
“Per le stesse motivazioni, rispetto all’ipotesi di utilizzare farmaci ACE-inibitori e sartani anche in persone sane a fini profilattici, il CTS ritiene opportuno ricordare che questi farmaci vanno utilizzati esclusivamente per il trattamento delle patologie per le quali esiste un’autorizzazione all’immissione in commercio. Il CTS, infine, sottolinea che non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’impiego d’ibuprofene e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19. Studi epidemiologici nel merito potranno fornire utili informazioni a meglio definire l’eventuale effetto, semmai esistente, sia d’ibuprofene, sia di altri farmaci anti-infiammatori non-steroidei, sulla severità dei quadri di COVID-19”, conclude la nota stampa.»
Giovanni D’AGATA