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La V edizione del premio nazionale “Città cristologica” ad Antonio Spadaro

Quest’anno la Fondazione Lucana Antiusura «Mons. Vincenzo Cavalla» assegna il Premio nazionale Città cristologica ad Antonio Spadaro, gesuita, scrittore, che da un decennio dirige il quindicinale di cultura La Civiltà Cattolica.

Il Premio è stato istituito nel 2013 ed è alla quinta edizione. La prima volta è stato assegnato allo storico Max Gallo, dell’Académie française. Nel 2014 è toccato ai coniugi Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito, appassionati specialisti di Simone Weil, nel 2018 a Sara Magister, accreditata studiosa di Caravaggio, e nel 2019 alla mistica e fluviale innografa Cristina di Lagopesole.

Fedele all’ispirazione originaria, il Premio intende onorare opere di scrittura, singole o complessive che, in maniera esplicita o anche indiretta, esaltano la figura di Gesù Cristo.

Davanti ai richiedenti trafitti dai debiti, usurati o a rischio d’usura, la Fondazione Lucana Antiusura denuncia che i predoni e, non di rado, gli stessi predati sono resi ciechi e schiavi dalla ricchezza ingiusta (Lc 16,9), idoleggiata mammona (Lc 16,13), come Cristo la chiamava con un lemma fenicio-aramaico. La Fondazione ricorda pure che la reciprocità sostanzia l’invocazione Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). È chiaro: il condono-perdono dei nostri debiti-peccati (hoba’), da parte del nostro Creditore più reale e temibile, cui grazie a Cristo, invece, possiamo rivolgerci come al Padre nostro, anzi aramaicamente abba’ (babbo, papà) (Mc 14,36), dipende dal puntuale condono-perdono che concediamo ai nostri fratelli debitori.

Solo perché riconosce queste verità, la Fondazione è leale quando discute sia delle piccole usure private o delle congreghe malavitose, e della smisurata usurocrazia del capitalismo finanziario-patrimoniale, sia della prevenzione e del contrasto che riesce a contrapporre, e dei nuovi paradigmi che urgono all’economia mondiale. Senza tale radicamento sarebbe come Sancio Panza che pretende di far trottare il suo asino frustandosi la schiena.

La connotazione cristologica è riferita a Matera, dove ventisette anni fa la Fondazione è sorta, terza del genere in Italia dopo quelle di Napoli e Torino, sostenuta dalle Istituzioni e dalla società civile, per rispondere costruttivamente alla sfida usuraria consumata con un attentato dinamitardo contro la chiesa parrocchiale di Sant’Agnese nel 1994.

Il grande poeta e gesuita Gerard Manley Hopkins (1844-1889) scriveva che Cristo agisce in diecimila luoghi, / amorevolmente in membra, amorevolmente in occhi non suoi, / rivolto al Padre attraverso i tratti dei volti umani. Vogliamo che non agisca proprio a Matera che ha una particolare connessione con Lui?

In realtà il nome di Matera, per la prima volta, in Italia e oltre i confini, è circolato insieme a quello di Cristo, sia pure inteso in maniera culturale, con Cristo si è fermato a Eboli (1945), il capolavoro di Carlo Levi. In seguito le facce dei Materani non omologate dallo Zeitgeist e il loro singolare paesaggio betlemmita e gerosolimitano sono stati divulgati dal meglio tra i film cristologici, Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini. Mel Gibson, da par suo, infine, in maniera sconcertante ma indimenticabile, con The passion of the Christ (2004), ha fatto il resto, accrescendo l’aura cristica della nostra città agli occhi del villaggio globale.

Nel 2013, in esergo al regolamento del Premio, era riportato un monito di Cristo: […] Si hi tacuerint , lapides clamabunt (Lc 19,40). Che le pietre parlino, lo scriveva già il poeta Marco Anneo Lucano (39-65 d.C.) nella sua Pharsalia (618). È evidente, raccontano la loro genesi, la loro natura, le loro proprietà chimiche e fisiche, l’entropia che le sgretola, e come gli uomini si rapportano con loro.

Di che cosa parlano le pietre di Matera? Da decenni ormai cedono pazientemente i loro segreti a coloro che le interrogano con pietas e sapienza. Così sappiamo che, nei primi secoli del cristianesimo, qui giunsero anche monaci di cui si conosce appena l’identità di gruppo; ampliarono gli spechi che la materna calcarenite in tempi immemorabili aveva offerto a “uomini-nonostante”, parimenti anonimi, in cerca di riparo; e dedicarono a Cristo, a sua Madre e ai Santi un considerevole numero di luoghi di culto ipogei. Le nostre pietre testimoniano che, per secoli, fra le asprezze di una esistenza inenarrabilmente miserabile, uomini e donne sussurrarono o gridarono: Crust m’j aijt’m ti (Cristo mio aiutami tu), la giaculatoria che ritroviamo sulle labbra di quanti vissero l’esodo dai Sassi al principio degli anni Sessanta e anche su quelle dei loro figli.

Da Simone Weil abbiamo imparato che le persone invocano di essere lette diversamente. È lecito ritenere che anche le pietre, a fortiori le nostre, invochino una lettura che oltrepassi la loro sostanza minerale e fungibile. Oggi, forse, le nostre dovrebbero lamentare che gli si proponga soltanto di divenire pane, per mere soluzioni materiali, proprio la tentazione che Cristo respinse. Non di solo pane vivrà l’uomo (Lc 4,4), rispose al diavolo, Lui che di pane s’intendeva se, poi, ha voluto divenire per noi pane transustanziato.

Perché assegnare il Premio ad Antonio Spadaro? A motivarlo basterebbe il fatto che, da direttore responsabile, ha rilanciato la gloriosa Civiltà Cattolica, quindicinale ininterrotto dal 1850, affiancando al suo Collegio degli Scrittori, tutto di gesuiti italiani, un manipolo di corrispondenti piazzati nei più diversi punti del mondo, comunicatori globali di straordinaria competenza, che si applicano fraternamente a ogni problema che stia a cuore all’umanità. Assurta così a Rivista Internazionale dei Gesuiti, La Civiltà Cattolica viene pubblicata in lingua italiana, spagnola, inglese, francese, cinese, coreana, giapponese e russa. Una collana, Accènti, giunta al diciottesimo volume, ne raccoglie in modo tematico la riflessione, ponendo appunto l’accento su un tema di attualità o di particolare valore ispirativo. E siamo informati che crescono le sue newsletter e i podcast, e ha inaugurato ufficialmente il canale Youtube con un progetto sperimentale. Innovativa e creativa, sempre più innovativa e creativa La Civiltà Cattolica, come papa Francesco le ha suggerito!

Di Antonio Spadaro, teologo e saggista, sono note l’influente presenza nei social network (di cui è grande esperto dalla prima ora) e l’assidua opera di promozione spirituale che svolge su molte frontiere della cultura religiosa e laica. La Fondazione premia questo gesuita multanime per la concezione della letteratura e delle arti che investe con originalità nella interpretazione di autori quali Pier Vittorio Tondelli, gli americani Flannery O’Connor e Raymond Carver, il musicista Bruce Springsteen, artisti come Edward Hopper e Jean-Michel Basquiat, solo per citarne i più significativi. Il Premio nazionale Città cristologica va ad Antonio Spadaro per le fatiche di incondizionato divulgatore del magistero seminato dal confratello Jorge Mario Bergoglio sia da Pastore della Chiesa argentina sia da papa Francesco. Di lui ha raccolto e pubblicato confidenze rilasciategli in privilegiate conversazioni, da cui non si può prescindere quando si voglia parlare sensatamente del Papa, e segue i viaggi e gli incontri, riferendone con tempestiva precisione. Le Edizioni Ares gli hanno appena pubblicato Fiamma nella notte. Sette parole per immaginare il futuro, altro libro che prova l’estensione dei suoi interessi alle parole-conchiglia in cui risuona il murmure inesausto del Logos.

Antonio Spadaro con la sua Compagnia è condotto da Ignazio di Loyola: dove c’è il «Padre Maestro» pulsa sempre il cuore audace e universale di Cristo.

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