Lettera aperta sulla riforma del sistema camerale
La Coverstory sulle Camere di Commercio raccontata da Felice Vincenzi ai lettori de “Il Mondo” presenta un’analisi dettagliata, davvero accurata e approfondita ma, in tutta evidenza, improntata a dare un taglio “sensazionalistico” a dati e vicende essenzialmente riconducibili ad emolumenti, bilanci, diritto annuale, nomine ai vertici.
Certo è che per seguire le vicende di molte Camere di Commercio italiane, più che fare appello alla passione british per i drammi elisabettiani, come il giornalista suggerisce, basterebbe più semplicemente guardare alla funzione primaria svolta da sempre sui territori: referente unico dell’impresa.
Nessuna altra amministrazione pubblica – nella nostra lunga e variegata Italia – è in grado di “raccordare” impresa e Stato: basti pensare ai Suap, sportelli delegati dai Comuni alle Camere di Commercio per far partire un’impresa in un solo giorno, strumento unico nel suo genere, per semplificazione burocratica con enorme risparmio per la collettività.
Funzioni strategiche, di certo non esaustive: accesso al credito delle piccole imprese, sostegno alle economie locali, sviluppo della giustizia alternativa – vedasi le conciliazioni che riguardano sia imprese che consumatori con ore sottratte alle aule dei Tribunali – costante azione di assistenza alle imprese su export, tutela dei marchi italiani e lotta alla contraffazione, promozione, incessante, degli interventi sul territorio, formazione e assistenza, ambiente e legalità.
Iniziative spalmate in lungo e largo – non solo Roma, Milano e Bologna – da Trento a Catania, passando per Isernia, per Matera, nella maggior parte dei casi, territori difficili ma con bilanci, il più delle volte, in ordine.
Verrebbe poi utile ricordare al Vincenzi – data l’analisi certosina degli emolumenti camerali – che le Camere di Commercio non solo non costano al bilancio dello Stato ma contribuiscono al suo gettito con oltre 80, 5 milioni di Euro ogni anno e che le stesse riversano risorse economiche sui territori per interventi a sostegno delle potenzialità locali.
Un solo dato storico: la nascita delle prime Camere di Commercio coincise con la disgregazione delle corporazioni. Le nuove istituzioni non furono, già in passato, soltanto gli organi tutori degli interessi dei mercanti e dei commercianti, ma veri e propri organi propulsori dell’attività economica.
Per tornare ai nostri giorni, la legge 580/1993 ha reimpostato il rapporto tra Stato e imprese ispirandosi al principio secondo il quale sono le amministrazioni pubbliche a servire le imprese e non queste a seguire lo Stato..
Ora, porre nell’occhio del ciclone le Camere di Commercio, in un momento di generale clima di sfiducia verso le istituzioni – da parte di cittadini e imprese – significa indebolirne il ruolo “sociale”
costantemente svolto in contesti territoriali per lo più caratterizzati da rapporti di diretta vicinanza Ente- impresa. Significa minarne alle fondamenta la sistematica propulsività nei processi economici del territorio, ancora più evidente per quelli “piccoli”, svilendone impegno e istituzionale responsabilità.
E’ evidente, in questo preciso momento storico ed in riferimento agli obiettivi programmatici appena proclamati dal governo Renzi, che il sistema camerale può e deve cogliere l’occasione, concreta, di riposizionarsi, di modificare il modus operandi, di allinearsi nella stessa direzione di svolta delle riforme istituzionali. Un sistema che ha già avviato un percorso di riforma che lo renderà ancora più efficiente.
Al vaglio, lo snellimento dei Consigli, la gratuità delle cariche, l’elezione diretta del Presidente, l’avvio di nuove modalità di gestione delle competenze, la piena operatività in materia di internazionalizzazione, il raccordo con il mondo universitario e della ricerca per la formazione imprenditoriale.
Questo e altro è possibile, per un processo di riforma partecipato, percepito dentro e fuori, senza atteggiamenti di chiusura, senza antitetici corporativismi. Per migliorare in termini di efficienza il sistema impresa del nostro Paese. Senza nessuna paura di cambiare.
Come sanno bene gli imprenditori, a partire dalle camere, mai oscure, della loro “Casa”.
Angelo Tortorelli – Il Presidente della Camera di Commercio
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