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Lettera dell’Arcivescovo di Matera-Irsina per l’inizio del nuovo anno scolastico

“Carissimi,

finalmente si riprende!

Si ritorna a scuola come ai vecchi tempi, sicuramente con più entusiasmo nonostante timori e paure.

Il desiderio di normalità in tutti i campi è condiviso e legittimo.

Il Covid 19 ci ha insegnato che dobbiamo essere tutti più responsabili e uniti nell’agire comune per sconfiggerlo.

Tutto dipende da noi.

Ci viene chiesta la maturità, che ci impegna ad imparare dagli altri e ad insegnare agli altri e non perché esortata dall’OMS e dai politici. Nello scambio reciproco ci si rafforza, si creano legami che durano nel tempo, si sceglie insieme, si scrivono pagine nuove di cultura e di storia impregnate di umanità.

Questo senso di responsabilità ci interroga e ci coinvolge.

A scuola si va per studiare, cioè per desiderare di ottenere, tagliare un traguardo, conquistare una vetta. Questo comporta che ognuno si metta nell’atteggiamento di chi coltiva determinati interessi, valorizzando quanto già possiede e stimolando la conoscenza, sentendosi parte attiva e indispensabile della propria comunità, della nazione, dell’umanità intera.

E’ a scuola che si pongono le basi per costruire il proprio futuro. Ogni cosa che si acquisisce, diventa ricchezza da condividere, a disposizione degli altri. Chi non ha e non intende avere, non potrà mai dare nulla.

La scuola deve saper cogliere le potenzialità di ogni ragazzo, offrirgli stimoli culturali e di riflessione, costruire percorsi educativi e formativi che siano di sostegno emotivo in una fascia di età fragile e condizionabile. Spetta alla scuola ampliare i confini e gli orizzonti culturali e di senso, capaci di stimolare curiosità, fantasia, creatività. Tali elementi sono lo spirito propulsore per comprendere la bellezza della vita, cogliere le opportunità e stimolare la realizzazione dei propri sogni e desideri.

Quando tutto questo manca, si generano episodi come quello che è accaduto nei giorni scorsi a Colleferro con l’omicidio di Willy, a Marconia di Pisticci con lo stupro del branco, e a Como stamattina con l’uccisione del sacerdote, segno di un disagio e di un vuoto culturale e valoriale che diversi vostri coetanei stanno vivendo.

Alla base di ogni violenza c’è sempre la paura. Paura di non essere all’altezza della situazione, di rimanere indietro, di non farcela, di prendersi delle responsabilità, di essere esclusi da una certa cerchia di amici.

La ripresa della vita scolastica ci aiuta a vincere la paura, l’amarezza della vita, a ristabilire rapporti più umani, sinceri e veritieri. Dobbiamo essere tutti consapevoli, sia io che voi, sia i vostri insegnanti, sia i vostri genitori e voi stessi, che abbiamo bisogno l’uno dell’altro.

Rimettiamoci in piedi per camminare certi e sicuri che la pandemia non si vince con un semplice vaccino ma facendo circolare l’amore vero, bello che dilata il cuore verso i bisogni e le necessità di chi è nella sofferenza fisica e morale, di chi ha smarrito la strada o è diventato vittima di un sistema che come un tritacarne divora l’innocenza e ruba la bellezza di quello che siete.

All’inizio di questo nuovo anno scolastico, auguro, come vostro vescovo, a tutti voi alunni, insegnanti, dirigenti, personale amministrativo e ausiliario, genitori, di lasciarvi baciare dal sole dell’ottimismo e dell’impegno, per ricevere calore, essere illuminati, e diventare voi stessi bacio di vita, calore per tutti, luce a chi brancola nel buio.

Chiedo ai confratelli sacerdoti, alle religiose e agli insegnanti di religione di far recapitare a voi che operate nella scuola questa mia lettera. Li ringrazio dal profondo del cuore per quanto, quotidianamente, fanno per voi.

Se me ne verrà data l’opportunità e si creeranno le condizioni necessarie, così come ho fatto in questi anni, sarò ben lieto di venire a incontrarvi e stare con voi a dialogare nelle vostre scuole.

Vi abbraccio tutti e benedico”.

Don Pino

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