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Libertas Montescaglioso U17: il punto al giro di boa col mister Esposito

Giunti al termine del girone d’andata, la classifica non lascia spazio ad alcun dubbio. Primato in solitaria (frutto di 8 vittorie e 1 sola sconfitta) e prestazioni eccelse: la L. Montescaglioso U17 sembra inarrestabile.

Approfittando della sosta prima della ripresa del campionato, abbiamo intrattenuto una piacevole chiacchierato con il mister Antonio Esposito facendo il punto sulla stagione.

1. Cosa l’ha porta a diventare allenatore della Libertas Montescaglioso U17?

“La verità? Sono stato io questa estate a contattare il presidente Locantore, nonostante avessi tantissime richieste, anche da società sulla carta più “blasonate”. Desideravo fortemente allenare a Montescaglioso, una comunità di persone straordinarie e una piazza calorosa e passionale. Qui la passione per il calcio viene vissuta davvero a 360°, desideravo immergermi in questa realtà e avvertire sulla pelle certe sensazioni. Allenare questa squadra è un onore e una sfida che ho abbracciato con tutto me stesso. Arrivare alla Libertas è stato un privilegio, conosco questo Club e so quanto bene ha fatto negli anni, soprattutto a livello giovanile. Avevo voglia di portare avanti un progetto incentrato sui giovani all’interno di una società di persone serie, preparate, competenti e che hanno la reale intenzione di investire e lavorare per i vivai. Progetti come questi non vanno “improvvisati”. Serve organizzazione, programmazione e lungimiranza, oltre che serietà e professionalità: qui a Montescaglioso ho trovato terreno fertile, a differenza di esperienze passate, oltre che un gruppo di persone che sposa i miei stessi valori, sia sportivi che umani. Col senno di poi rifarei questa scelta altre 100 volte.

2. Una scelta che l’ha ricompensata, ma anche la Libertas, con lei al timone, ha motivo di sorridere visti i successi che la sua squadra sta collezionando.

I successi non sono mai frutto della “bravura” della singola persona ma il risultato del lavoro, dell’abnegazione e della passione di tutti, oltre che ad una visione chiara e ad un team pronto a sposarla. La squadra è composta da ragazzi splendidi e fin troppo maturi per la loro età, che credono nel progetto e lavorano senza sosta per raggiungere tutti gli obiettivi. La società e la dirigenza non ci fa mai mancare nulla e ci sostiene in ogni momento. Lo staff, dai magazzinieri si collaboratori, è sempre disponibile e professionale. Persino i tifosi che vengono a sostenerci recitano un ruolo importante. Questa unione di intenti è il motore di tutto. Le vittorie che stiamo ottenendo sono la conferma che stiamo lavorando tutti bene, ma non sono un traguardo: sono una tappa. Il percorso è ancora lungo, i ragazzi sanno che se a fine campionato vogliono festeggiare, dovranno ancora lavorare molto, con umiltà e determinazione.

3. La sua squadra è nota per un calcio fluido e intenso. Quali sono i principi fondamentali del suo gioco?

“Il nostro gioco si basa su tre pilastri: controllo, ritmo e coraggio. Voglio una squadra che sappia dominare il gioco e imporre la propria identità, ma che allo stesso tempo riesca ad essere sempre un passo avanti all’avversario in termini di intensità fisica e soprattutto mentale. Pensare e agire più velocemente rispetto all’avversario nel calcio di oggi è fondamentale. E poi c’è il coraggio, l’aspetto indispensabile: non abbiamo paura di sbagliare, perché solo chi osa vince. D’altronde “Errore” non è altro che la parola che unisce “tentativo” e “riuscita”.

4. Se potesse scegliere fra possesso palla e aggressività nel recupero, quale sceglierebbe?

“Le mie squadre devono avere entrambe le caratteristiche. Lavoriamo e ci alleniamo per quello. Il possesso è uno strumento importante ma non un fine. Voglio che i miei giocatori sappiano cosa fare con il pallone, senza però dimenticare l’importanza del recupero. L’aggressività intelligente nel pressing alto è la nostra firma: rubare il pallone significa guadagnare tempo e spazio per attaccare, ma soprattutto impedire agli avversari che lo facciano loro.”

5. Come riesce a trasmettere ai ragazzi l’importanza di un calcio “estetico”, ma allo stesso tempo efficace?

“Mostro loro che la bellezza nel calcio non è un lusso, ma un’arma. Quando giochi bene, crei fiducia, consapevolezza e ispirazione, e metti l’avversario in oggettiva difficoltà. Per questo incoraggio i miei giocatori a essere creativi, ma anche a capire che ogni gesto tecnico, ogni movimento senza palla, ha uno scopo. Poi è normale che a volte dobbiamo essere bravi ad adattarci alle diverse situazioni che possono svilupparsi in partita, anche in relazione all’avversario. Quindi può capitare di diventare “meno belli” a beneficio dell’efficacia. La bellezza del calcio sta nell’equilibrio tra estetica e risultato.

6. Ci racconti un esempio pratico di come prepara la squadra per affrontare avversari di alto livello.

“La preparazione inizia dall’osservazione. Studiamo i nostri errori e tutte quelle cose che potevamo far meglio nella partita appena disputata, e poi passiamo ad analizzare i punti di forza e di debolezza dell’avversario, ma senza ossessionarci. Preferisco concentrarmi sul nostro gioco e sui nostri principi, su cui lavoriamo quotidianamente e senza sosta, cercando sempre di progredire e migliorare. Se giochiamo come sappiamo sono gli altri a doversi preoccupare.

7. Quali sono le qualità che cerca di sviluppare maggiormente nei suoi giocatori, sia dal punto di vista tecnico che umano?

“Lavoriamo tantissimo sulla tecnica, partendo proprio dai fondamentali. È un aspetto cruciale che curerei a tutti i livelli, anche se allenassi in Serie A. Dedicarsi alla tecnica individuale non è mai “tempo perso”, ma è la base su cui costruire ogni idea o strategia collettiva. Senza un controllo preciso, un passaggio accurato o un tiro pulito, anche la tattica più elaborata perde efficacia. Oltretutto, un buon livello tecnico permette ai giocatori di adattarsi meglio a ruoli diversi e di interpretare il gioco con maggiore creatività e libertà, qualità fondamentali nel calcio moderno.
Poi il focus si sposta sulla tattica, di tipo individuale. Ogni giocatore deve sapere quando, come e dove occupare una determinata zona di campo, con e senza palla, ed in relazione al compagno e all’avversario.
Dal punto di vista umano, invece, non può mancare il rispetto: per se stessi, per i compagni, per gli avversari, per i dirigenti, per la maglia. E poi ci deve essere umiltà e dedizione, resilienza e responsabilità. Il talento va nutrito costantemente con la cultura del lavoro, l’impegno e l’ambizione costante di migliorarsi senza sentirsi arrivati. Voglio che i miei ragazzi diventino giocatori completi, ma soprattutto persone di carattere, con una mentalità da vincenti.”

8. A proposito di creatività: i suoi ragazzi sono liberi di giocare o devono aderire ad un preciso piano tattico?

“Il calcio è un’arte collettiva, la creatività è l’anima che vi dimora all’interno. Ai ragazzi consegno gli strumenti: una tela bianca e dei pennelli su cui disegnare. Dopodiché il quadro devono dipingerlo loro, sentendosi liberi di esprimersi. Il talento deve respirare. Senza libertà è sprecato.”

9. Che atmosfera si respira nello spogliatoio di una squadra prima in classifica?

Essere primi è sempre motivo di soddisfazione ma anche di “responsabilità”. È uno “status” che ti obbliga a certificare e dimostrare con i comportamenti quotidiani quel posizionamento in classifica. E per questo dobbiamo tutti, a partire da me, alzare l’asticella in termini di ambizione, di impegno, di abnegazione, di dedizione al lavoro e al sacrificio, e pretendere qualcosa in più da noi stessi rispetto a quello che si è fatto fino a ieri. Detto questo, oggi dobbiamo guardare poco la classifica e molto al lavoro che abbiamo davanti perché il campionato è ancora lungo ed essere primi a febbraio non significa niente, se non abbiamo la forza di restarci fino a maggio. Sicuramente c’è entusiasmo e il gruppo è molto unito, questo sicuramente aiuta.

10. Qual è stata finora la partita che l’ha resa più orgoglioso? Cosa l’ha colpita di quel match?

“L’ultima partita, giocata contro il Grassano. Un match complicatissimo che ci ha visti andare sotto, pareggiare e poi addirittura vincere nei minuti di recupero. Quel giorno ho visto una squadra che non si è mai arresa, che non accettava l’idea della sconfitta e che, consapevole dei propri mezzi e dei propri principi, ha cercato la vittoria in tutti i modi, ottenendola con un grande cuore ed enorme carattere, dimostrando di avere non solo qualità tecniche, ma anche una grande forza mentale. Quella gara ha detto molto su chi siamo.”

11. Se dovesse descrivere la sua squadra con tre aggettivi, quali sceglierebbe e perché?

“Coraggiosa, perché non teme le sfide.
Ostinata, perché trova sempre una strada.
Ambiziosa, perché non si accontenta mai.”

12. Quali sono gli aspetti su cui pensa che la squadra debba ancora migliorare per raggiungere la perfezione?

“Non si è mai perfetti e lo sappiamo, ma dobbiamo lavorare per avvicinarci quanto più possibile ad esserlo. Dobbiamo migliorare nella gestione di alcuni momenti, specie quando ci troviamo in vantaggio. Se le partite non riusciamo a chiederle (ma bisogna provarci in tutti i modi) dobbiamo essere almeno bravi a controllarle. E questo lo si fa con il coraggio e la personalità, soprattutto nella gestione dei tempi e dei ritmi nel possesso palla, specie sotto pressione. Dobbiamo iniziare a prenderci maggiori responsabilità, i campioni fanno esattamente questo. È un processo, ma ci stiamo lavorando.”

13. Ci sono situazioni o moduli che ha provato e che non hanno funzionato? Cosa ha imparato da quelle esperienze?

“Non amo andare a tentativi e non mi piace sperimentare a stagione in corso. Su questo aspetto il grosso del lavoro va fatto durante il precampionato e si basa sull’osservazione e sulla valutazione delle caratteristiche di ogni giocatore, senza preconcetti o schemi predefiniti. Una volta che il quadro è chiaro, l’allenatore deve essere bravo, sfruttando tutte le sue conoscenze, a mettere ogni giocatore nelle condizioni migliori di esprimersi all’interno di un contesto virtuoso. È il mister che deve dimostrarsi flessibile, adattando e modellando le sue idee alle caratteristiche dei giocatori, non il contrario. La scelta del “sistema di gioco” è l’atto finale, non il principio, e deve premiare le qualità dei giocatori, non le convinzioni precostituie del proprio allenatore.”

14. Ci sono stati momenti in cui ha sbagliato delle scelte tattiche? Come ha reagito?

“Certamente. Fortunatamente poi, insieme al mio staff, siamo stati bravi, lucidi e capaci ad apporre i giusti correttivi a partita in corso. Gli errori fanno parte del mestiere. Sbagliano i giocatori, sbagliano gli arbitri e sbagliano anche e soprattutto gli allenatori. La differenza sta nel come li affronti quegli errori: io cerco sempre di analizzarli a mente fredda e di trasformarli in una lezione per il futuro. Mostrare ai ragazzi che anche l’allenatore può sbagliare li aiuta a capire che il calcio è fatto di tentativi e miglioramenti continui.”

15. C’è un rituale o una scaramanzia che segue prima delle partite?

“Non sono una persona scaramantica, ma c’è un’abitudine a cui tengo: passo sempre qualche minuto da solo per riflettere e visualizzare la partita. È il mio momento di concentrazione prima di entrare in campo.”

16. L’obiettivo della Libertas è partecipare ai campionati regionali? Pensa che alcuni dei suoi ragazzi abbiano il potenziale per competere a tali livelli?

“Una società storica e importante come la Libertas, fiore all’occhiello e vanto della regione, nonché fucina di giovani talenti, non può non avere questa ambizione. È normale che in questo momento si è in un momento di transizione e programmazione. Ma la strada intrapresa è quella giusta. Certo, non tutto può gravare sulle spalle di poche persone, che fanno sacrifici non indifferenti per portare avanti il progetto, e per questo servirà l’apporto, il sostegno e il contributo degli imprenditori locali, delle amministrazioni e di tutti coloro che potranno onorarsi di sostenere un club così importante come la Polisportiva, che ha fatto la storia del calcio montese e lucano.
Per quanto riguarda i ragazzi, sì, ritengo che più di qualcuno sia pronto. Anzi. Presa in blocco questa squadra avrebbe potuto tranquillamente salvarsi in una competizione di tipo regionale. Sono giocatori che hanno qualità e talento, ma soprattutto attitudine. Quello che fa la differenza in questi ragazzi è la mentalità: la voglia di lavorare duramente, di migliorarsi ogni giorno, di accettare le difficoltà come parte del percorso, affrontando ogni sfida con il giusto carattere. Di questo vado molto orgoglioso.

17. E i suoi obiettivi invece? Quelli personali a breve e lungo termine, come allenatore? Sogna di allenare a livelli più alti, magari nel professionismo, o si vede sempre concentrato sulla crescita dei giovani?

“Allenare i giovani, che sono il futuro del nostro calcio, per me è una missione, una vocazione autentica che mi dà un’enorme soddisfazione, ma è chiaro che ogni allenatore sogna prima o poi di confrontarsi con i migliori. Ora come ora voglio continuare il mio percorso di crescita con la Libertas e aiutarla a raggiungere il massimo del suo potenziale. Se poi, un giorno, arriverà l’”opportunità della vita”, la accoglierò con entusiasmo. Ma non ho fretta: ogni passo deve essere solido e consapevole. E ovunque andrò, il mio obiettivo sarà sempre lo stesso: costruire qualcosa di significativo e lasciare un’eredità importante.

18. Qual è il complimento più bello che ha ricevuto come allenatore? E la critica che l’ha fatta riflettere di più?

“Il complimento più bello è stato quando una mamma mi ha detto che suo figlio, dopo un anno nella mia squadra, era tornato a sorridere e a “volersi bene”, dopo un periodo difficile della sua vita. Conservo nel cuore un altro ricordo bellissimo, quando un ragazzo una volta mi ha detto: ‘Mister, con lei in panchina non ho mai paura di sbagliare.’ In quel momento io ho vinto tutto. La critica più dura? Qualcuno ha detto che a volte sono troppo ambizioso. Ho riflettuto, ma ho capito che l’ambizione non è un difetto: è il motore dei nostri sogni: guai a non averli.”

19. Che messaggio si sente di lanciare agli allenatori che iniziano il loro percorso con le giovanili?

“Siate pazienti, credete nei vostri principi ma ancora di più nei vostri ragazzi, in ognuno di loro, anche quelli che hanno bisogno di più tempo per emergere. Non si tratta solo di vincere, ma di formare persone, non solo calciatori. Ricordate: ogni parola che dite può fare la differenza nella vita di un giovane.”

20. Nell’ordine, cosa vorrebbe alle famiglie, ai suoi ragazzi e ai tifosi in questo momento della stagione?

“Ai genitori: grazie la vostra pazienza e la vostra disponibilità. Ma sappiate che questa squadra è già una famiglia, la premura che dedichiamo ai vostri figli è paragonabile a quello che trovano in una vera casa. Grazie anche ai ragazzi, ognuno di voi contribuisce a qualcosa di speciale. Continuiamo a lavorare insieme, con passione e umiltà. Ai tifosi: il nostro obiettivo è rendervi orgogliosi, non solo con i risultati, ma con il modo in cui rappresentiamo questi colori. Stiamo dando l’anima per questa maglia.

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