Link Bari, comitato studentesco universitario su questione Ilva
La magistratura ha agito dove la politica ha fallito per decenni. Riva e il suo establishment hanno mandato avanti la più grossa acciaieria d’Europa vivendo di sfruttamento dei lavoratori e inquinando un territorio votato a ben altre prospettive di sviluppo. L’acciaio prodotto è sempre stato accompagnato da morti bianche, condizioni di lavoro massacranti e migliaia di morti e malattie per tumore, sia tra gli operai che tra i cittadini. Tutto ciò sempre per restare fedeli al dogma del profitto prima delle persone, della salute e di un futuro pulito.
La miopia e l’incompetenza della politica su questa problematica, la mancanza di una proposta e progettualità di ambientalizzazione della grande industria, ha costretto la magistratura ad agire in maniera drastica tramite un provvedimento di chiusura dell’area a caldo. La principale area produttrice dell’inquinamento. Oltre a questo sono stati comminati otto arresti tra dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva.
Per la prima volta a Taranto qualcuno sta provando ad applicare il principio di chi inquina paga e il conto da saldare non può essere liquidato con il semplice risarcimento. Chi ha abusato del territorio, privando la collettività delle risorse presenti e portando altrove le ricchezze deve pagare caro anche con l’arresto. Sopratutto deve essere obbligato a investire tutti gli utili fatti in questi decenni, in nuovi impianti e strategie di produzione che siano eco-compatibili e rispettosi delle condizioni di sicurezza dei lavoratori, pena la confisca dell’industria. Una rivendicazione che vuol dire superare quella dicotomia tra Ambiente-Lavoro, dietro cui si sono consumati per anni il ricatto occupazionale e l’inquinamento.
Ma di certo il sequestrare, con tutte le sue declinazioni che abbiamo detto, non deve significare bloccare, chiudere e mandare tutti i lavoratori a casa. La vera sfida che si apre oggi e riappropriarsi del lavoro e del territorio, e fino a quando questa sfida non verrà vinta, bisogna sostenere gli operai che improvvisamente si potranno ritrovare senza lavoro attivando tutti gli ammortizzatori sociali necessari.
Oltre al danno subito, la città di Taranto potrebbe essere ancora più penalizzata da un crollo dell’economia locale, dovuto al massiccio tasso di disoccupazione che si verrebbe a creare con la chiusura in tronco e abbandono della più grande acciaieria d’Europa. La reazione degli operai che stanno scendendo in piazza in queste ore e occupando e bloccando la è più che giustificata. La sensazione di ansia e rabbia degli operai, rappresenta la possibilità per dar vita ad una riconversione ecologica degli impianti e un rilancio sostenibile delle attività. Il terreno per costruire un nuovo rapporto tra ambiente e lavoro è pronto.
Come studenti riteniamo sia doveroso sostenere una mobilitazione che sia portatrice di un vero messaggio di cambiamento. Un alternativa che passa anche dal rivendicare il diritto a partecipare di tutti, operai e cittadini, alle decisioni che si prenderanno attraverso il Patto per Taranto e in tutte le discussioni sul tema del futuro dell’Ilva. Non possiamo come comunità permetterci di lasciare ad altri le scelte che riguardano le nostre vite e il nostro futuro. Per questo bisogna riappropriarsi delle strade, delle piazze ma sopratutto della stessa industria, consacrandoli a luoghi di attuazione di una democrazia partecipata a tutela dei beni comuni quali il lavoro e l’ambiente.
Ambiente e Lavoro possono finalmente procedere di pari passo senza escludersi per dare una nuova veste a Taranto e una speranza per le future generazioni. E’ il momento perciò di unirsi nella lotta e nella protesta per rivendicare il diritto alla vita e al lavoro di tutti e tutte. Per ricostruire sul principio della sostenibilità ambientale e sociale una nuova fabbrica e una nuova città libera dai fumi. Una cosa deve essere chiara però: in tutto questo la politica deve assumersi le proprie responsabilità, ed agire per la salvaguardia dell’ambiente e del lavoro. Non può essere la magistratura da sola attraverso un sequestro ad attivare un processo di riconversione, ci deve essere la volontà politica di pianificare un’alternativa economica per tutti i cittadini. Deve essere inoltre studiato un piano industriale serio per programmare la riconversione e bonifica delle aree limitrofe all’Ilva, per evitare che i soldi stanziati vengano persi e le bonifiche non vengano fatte come a Bagnoli e Genova.
Rete della Conoscenza Puglia (Network delle associazioni LINK E UDS)
UDU Lecce