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L’omelia di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo in occasione del suo ingresso in qualità di Amministratore apostolico nella Diocesi di Tricarico

Il Venerabile Mons. Raffaello Delle Nocche, così scriveva nella sua Prima Lettera Pastorale:
“Fratelli e Figli carissimi!
Il sacro comando, con cui il nostro Sommo Pontefice mi designava Pastore di codesta insigne Diocesi, gettò la trepidazione nel mio spirito, al pensiero della pochezza del mio intelletto e della deficienza in me d’ogni merito e d’ogni virtù. Sennonché le auguste parole di conforto e d’incoraggiamento dettemi dal S. Padre, la considerazione che la mano di N. S. Gesù Cristo è visibilmente stesa, in ogni tempo e in ogni luogo, sul capo dei Vescovi per benedirli, per guidarli e per sostenerli in tutte le lotte e in tutti i dolori, e il dovere stesso dell’ubbidienza alla suprema Autorità della Chiesa mi piegarono con fiducia al pauroso incarico.
D’allora ho pensato sempre a voi; ho sempre per voi pregato, amandovi in Gesù Cristo d’un amore tenero e paterno, desiderando di venire tra voi per abbracciarvi e benedirvi. Finalmente viene appagato il mio sospiro: eccitato e sollecitato dalla carità divina, infusa nella mia anima per il soave mistero della consacrazione, ecco che tra pochi giorni mi avvierò alle vostre contrade”. Con queste stesse parole, carissimi tutti, mi affido al Signore mentre inizio, insieme a voi, questo cammino da percorrere, nuovo impegno pastorale che segnerà la mia e vostra
vita in questa antica e vivace Chiesa di Tricarico. Sono certo che nei progetti di Dio si aprano nuove esperienze che consolideranno e allargheranno la vicinanza, la collaborazione e la prossimità con la Chiesa sorella di Matera-Irsina alla quale mi sono donato completamente da sette anni.
Vengo in mezzo a voi, carissimi confratelli nel sacerdozio, con lo stesso entusiasmo di quando ero parroco e con il desiderio di stare con voi, camminare con voi, condividere le ansie e speranze per il bene di questa nostra Chiesa di Tricarico e dell’intera Basilicata. Sento ancora una volta di ringraziare Dio per S. E. Mons. Giovanni Intini: per la fraternità, l’affetto, la stima, la comunione cresciuta tra noi. Lui è rimasto in questi anni con voi come colui che è venuto per servire e non per essere servito. Lo accompagniamo e sosteniamo con la preghiera nella nuova missione che il Signore gli ha affidato. Risento le parole, così vicine a noi, di un grande uomo di cultura, di un nobile politico, che tanto amava questa terra: “L’anima mia | è in questo respiro | che mi riempie e mi vuota. | Cosa sarà di me? | Cosa sarà di noi? | Per chi vuol camminare | dalle tombe alle case | dalle case alle tombe | grida nei cantieri | grida ai minatori | cuore, non ti fermare”.
(Rocco Scotellaro, Tutte le poesie – Le tombe le case ).
Per me l’impegno, da stasera in poi, sarà più gravoso. Proverò a percorrere questo territorio, per conoscerlo, incontrare voi fedeli, voi autorità civili e militari, che saluto e ringrazio per la presenza. Voglio vivere con voi come in una famiglia unita capace di ritrovarsi, come una volta, attorno alla stessa mensa, allo stesso braciere, al medesimo focolare. Ci nutriremo insieme all’unica mensa della Parola e dell’Eucaristia, ci faremo riscaldare dallo stesso Spirito di Dio.
Stiamo vivendo momenti difficili a livello mondiale: pandemia, guerra, terremoti, fame e sete, ingiustizie! Quanta miseria e povertà! Quanto bisogno di aiuto perché l’uomo ritrovi se stesso, per tornare a edificare la casa, la vita su solide certezze! Schiavi, incatenati da false libertà, imprigionati in effimeri godimenti. Ci si sente padroni della vita, della storia mentre si crolla negli abissi. Non possiamo salvarci da soli: abbiamo bisogno degli altri, soprattutto di Dio che viene e cammina tra le macerie della storia, le urla di dolore, i morti senza numero.
Invochiamo il Signore che venga a donarci la luce della fraternità, il gusto del camminare insieme, le lacrime e il sorriso della condivisione, la vera libertà, per tornare a respirare il profumo della vita. Soprattutto ai giovani dico con le parole di Mister Rain, tratte dalla canzone Supereroi, il quale parafrasando le parole del Venerabile D. Tonino Bello dice: “Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro”. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro a qualsiasi età.
Da un’attenta lettura dei vangeli ci accorgiamo come Gesù continuamente prenda tra le mani la Torah: la legge, la medita, la spiega a quanti ascoltano, bandendo ogni forma di interpretazione riduttiva o accondiscendente, così come erano bravi a fare gli uomini religiosi, addetti al culto e allo spezzare della Legge di Dio, come gli scribi e i farisei. Nel brano di oggi ritorna spesso l’espressione: «Avete inteso che fu detto? Ma io vi dico…». Da una lettura superficiale potrebbe sembrare che Gesù sia venuto a smantellare quanto patriarchi e profeti hanno insegnato da sempre. Invece Gesù precisa: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento».
E’ in questa logica che dobbiamo leggere la mia presenza in mezzo a voi, oggi come Amministratore Apostolico e poi come Vescovo. Due Diocesi, Tricarico e Matera-Irsina, unite in persona episcopi. L’insegnamento degli scribi e dei farisei si potrebbe riassumere in una frase che
spesso ai nostri giorni si tira in ballo: “si è sempre fatto così”, oppure: “è stato sempre così…non si cambia”. Gesù da grande maestro insegna che quanto lui dice è conseguenza di quanto insegnato nel corso degli anni: un passato ricco fa vivere il presente e si proietta verso il futuro. Chi va a scuola, prima di arrivare all’università, frequenta le elementari, poi le medie, poi le superiori: è un crescendo che non annulla il prima che diventa fondamento del dopo. E’ Dio che si rivela lentamente, preparando il cuore di ogni uomo alla contemplazione del suo volto per un’immersione sempre più completa nel suo cuore. Ma non possiamo dimenticare che ogni novità suscita interrogativi, perplessità,
dubbi, mortificazioni, paure per il futuro. Lo è anche per le cose belle della vita. Penso a una coppia che deve affrontare la vita matrimoniale, a un giovane in vista dell’ordinazione sacerdotale o di una giovane che sente la chiamata alla vita religiosa. Gioie e dubbi, paure e speranze albergano insieme nel fare quel passo decisivo. Ed è S. Paolo che, nella seconda lettura che è stata proclamata, ci viene in soccorso dicendo: «Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria». La Parola di Dio non è compendio di precetti moralistici o legalistici, impossibili da mettere in atto, ma attrazione del cuore dell’uomo a quello di Dio, per fare la sua volontà per un bene superiore che è quello sì della singola persona ma ancor di più di un’intera comunità, meglio ancora di un intero popolo.
Per Gesù tre sono le cose fondamentali da mettere in atto, attorno alle quali ruotano i comandamenti: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Sono il cuore della Legge divina. Tutti gli esempi ai quali attinge nel brano che abbiamo ascoltato superano di gran lunga ogni rigida prescrizione senza la potenza dell’amore che dilata il cuore dell’uomo vincendo il pericolo dell’infarto spirituale e dell’amore alla vita.
Gli scribi e farisei con le loro parole che appaiono spesso dure, piene di rabbia e collera, caricano le spalle di credenti di pesanti fardelli. Più che una Parola liberante che illumina il cammino degli uomini diventa parola violenta che spegne il desiderio di liberazione, di giustizia, di riconciliazione fraterna e di sperimentare la bellezza dell’amore che viene dall’alto, dal cielo. Ma loro non potevano ancora sapere che Dio si è fatto come noi per farci come lui. Ogni tipo di fedeltà mostrerà sempre il volto della fecondità, capace di partorire vita nel tempo, perché figlia della fedeltà di Dio verso l’uomo. Di una cosa siamo certi: Dio è fedele! E Dio ci ha creati da uomini pensanti, capaci di scegliere, ma la
sola sapienza umana non basta.
Gesù, nel suo dire, chiede di mettere ordine nella vita personale per non rimanere prigionieri di desideri che fanno guardare l’altro, chiunque esso sia, come oggetto da usare e non come persona da amare. Lo stesso giuramento fatto in nome di Dio serve a poco se ognuno, partendo dall’incontro con il Signore, attraverso la sua Parola, non si lasci condurre attraverso un cammino serio che produca una fede adulta. Carissimi, in questa logica di Dio che fa nuove tutte le cose, insieme entriamo consapevoli che, in questo momento storico, così difficile e duro per tutti, preoccupati seriamente per il futuro dell’umanità intera, attingiamo speranza e fiducia al mistero eucaristico che stiamo celebrando, “culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa”. Infine vorrei mettere in evidenza una straordinaria Dioincidenza che mi meraviglia e mi stupisce sempre di più. Il 12 febbraio del 1992 alle ore 12.00 mia madre, Maria, nasceva alla vita eterna. Il 12 febbraio del 2016 alle ore 12.00 veniva dato l’annuncio della mia nomina ad Arcivescovo di Matera-Irsina. Il 12 febbraio 2023, oggi, entro ufficialmente
come Amministratore Apostolico nella Diocesi di Tricarico. Tre tappe importanti che stanno segnando nello stesso giorno e stesso mese, a distanza di anni, la mia vita. Dio mi meraviglia sempre! Mi affido e vi affido alla nostra Madre dolcissima, la Madonna del Carmine, Patrona della Diocesi, a S. Potito, Patrono della Diocesi e di Tricarico, a S. Pancrazio nostro compatrono e al Venerabile Mons. Raffaello Delle Nocche , mio predecessore alla guida di questa bella e nobile Chiesa. E così sia.
† Don Pino

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